Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.254 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1882-2017 proposto da:

T.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA SEBASTIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ATTILIO SEBASTIO;

– ricorrente –

contro

IMPERATORE DI PUGLIA SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. MANCINELLI 65, presso lo studio dell’avvocato ENRICO MOSCATI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO GRAZIANO;

e A.D., L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, 18, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO GREZ, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO GIGANTE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 484/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di TARANTO, depositata il 20/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/09/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. Il 12.8.1992, T.V., L.A.R. e A.D. conclusero un contratto preliminare con il quale promisero di acquistare dalla Società Imperatore s.r.l. alcuni immobili al prezzo di Lire 2,9 miliardi, versando un acconto di Lire 100.000.000.

1.2. L’accordo era sottoposto alla condizione sospensiva del finanziamento dell’acquisto da parte di una società di leasing o di un istituto di credito; era fissato un termine per la stipula dell’atto pubblico entro il 21.12.1992 ed una penale di Lire 500 milioni a carico della parte inadempiente.

1.3. Scaduto il termine per la stipula del definitivo, in data 21.12.1992, il T. convocò la società promittente venditrice, il L. e l’ A. innanzi al notaio ma nessuno si presentò.

1.4. Il T. citò quindi in giudizio la Società Imperatore s.r.l., L.A.R. e A.D. per chiedere dichiararsi la risoluzione del contratto, la restituzione dell’acconto e della caparra.

1.5. Si costituirono L.A.R. e A.D. per resistere alla domanda, deducendo di non avere concluso il definitivo perché l’immobile era gravato da ipoteca; oltre a contestare il proprio inadempimento, i convenuti dedussero l’inadempimento della promittente venditrice, la Società Imperatore s.r.l.

1.6. La Imperatore s.r.l. si difese formulando eccezione di inadempimento ed eccepì di non poter trasferire il bene al solo T. poiché non si era verificata la condizione sospensiva del finanziamento ed il contratto era stato risolto per mutuo dissenso.

1.7. Il Tribunale di Taranto, con sentenza del 19.3.2003, respinse la domanda del T. ritenendo che legittimamente la Soc. Imperatore s.r.l. si fosse rifiutata di stipulare la vendita con il solo T. in luogo degli altri promittenti acquirenti, con cui il predetto si era obbligato, e che non si fosse verificata la condizione sospensiva prevista in contratto.

1.8. Il T. propose appello chiedendo accertarsi l’inadempimento della società Imperatore di Puglia e, previa declaratoria dell’avveramento della condizione sospensiva anche dei promittenti acquirenti L. ed A..

1.9. La Società Imperatore s.r.l. propose appello incidentale per chiedere accertarsi l’inadempimento dei promittenti acquirenti e, in via subordinata, la risoluzione di diritto del contratto per non essersi verificata la condizione sospensiva del finanziamento.

1.10. La Corte d’appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, con sentenza N. 73/2007, in accoglimento dell’appello principale del T. dichiarò la risoluzione del contratto per inadempimento della società Imperatore s.r.l. Osservò che la condizione sospensiva era posta nell’interesse esclusivo dei promittenti acquirenti ed era stata dai medesimi rinunciata sicché il contratto definitivo poteva concludersi con il T., in sostituzione degli altri due promittenti acquirenti.

1.11. La sentenza della Corte d’appello venne impugnata per cassazione dalla s.r.l. Imperatore, resistita, con separati controricorsi, dall’Imperatore s.r.l. e da L.A.R. e A.D..

1.12. La Corte di Cassazione, con sentenza N. 21473/2013 accolse il secondo motivo di ricorso, con il quale era stata dedotta la violazione delle norme che impongono la forma scritta ad substantiam per i negozi solutori dei contratti con cui viene trasferita la proprietà, rinviando al giudice di merito l’accertamento in ordine ad un valido scioglimento dal contratto da parte di L.A. ed A.D..

1.13. Con sentenza del 20.10.2016, la Corte d’appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, in sede di rinvio, rigettò l’appello del T. e l’appello incidentale della Imperatore s.r.l., che aveva chiesto la condanna dei promissari acquirenti al pagamento della penale e del solo T. alla restituzione della somma di Euro 311.767,00.

1.14. Quanto alla forma dell’accordo modificativo, la corte di merito accertò che il L. e L’ A. non avevano espresso in forma scritta la volontà di recedere dal contratto preliminare, non potendo essere integrato tale accordo abdicativo dalla restituzione della caparra. Secondo la corte di merito, non era sufficiente, ai fini della rinuncia, la comunicazione del 28.12.1992, con cui la società Imperatore s.r.l aveva manifestato l’intendimento di restituzione dell’acconto né il riconoscimento “giudiziale” del T., relativo a detta restituzione perché successivo all’instaurazione del giudizio.

1.15. Sulla base delle risultanze della prova testimoniale, la Corte di merito accertò che non si era avverata la condizione sospensiva del finanziamento in quanto l’unico teste aveva reso dichiarazioni generiche e non era stata prodotta in giudizio documentazione attestante accordi con terzi per la concessione del mutuo.

1.16. Rilevò, peraltro, che la domanda dell’Imperatore s.r.l. nei confronti di A. e L. era inammissibile perché non riproposta con ricorso incidentale in cassazione.

1.17. Quanto alla domanda proposta dal T. nei confronti di L. e dell’ A., la Corte osservò che il mancato verificarsi della condizione sospensiva non dava luogo a responsabilità per inadempimento.

1.18. In conclusione, la Corte di merito rigettò l’appello del T. nei confronti della Imperatore s.r.l. e di L. ed A. e l’appello incidentale della Imperatore di Puglia s.r.l., con integrale conferma della sentenza di primo grado; condannò il T. alla restituzione, in favore della Imperatore di Puglia s.r.l., della somma di Euro 311.767,00 ricevuta dalla società, in esecuzione della sentenza della Corte d’appello N. 73/2007, che aveva accolto la domanda del T., cassata da questa Corte e rigettata in sede di rinvio.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso T.V. sulla base di quattro motivi.

2.1. Hanno resistito con distinti controricorsi l’Imperatore di Puglia s.r.l., L.A.R. ed A.D..

2.2. In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il giudice del rinvio violato il giudicato interno, che si sarebbe formato in ordine all’accertamento dell’avveramento della condizione sospensiva. Con sentenza N. 73/2007, la Corte d’appello avrebbe accertato che la condizione sospensiva del finanziamento si era verificata e, poiché detta statuizione non sarebbe stata oggetto di ricorso per cassazione, si sarebbe formato sulla questione il giudicato interno. Trattandosi di contratto valido ed efficace, il rifiuto di concludere il contratto definitivo integrerebbe quindi un grave inadempimento contrattuale.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la corte di merito pronunciato in ordine all’eccezione di giudicato interno, che sarebbe stata espressamente formulata dal ricorrente con comparsa di risposta innanzi al giudice di rinvio.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1319 c.c. e art. 1320 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte d’appello contraddittoriamente affermato che la condizione non si era verificata e che il T. non poteva chiedere la stipula in suo favore del contratto definitivo, in assenza di uno scritto abdicativo. Il ricorrente richiama gli artt. 1319 e 1320 c.c., secondo cui ciascuno dei creditori di una prestazione indivisibile può esigere l’intero, sicché il T. sarebbe stato legittimato a concludere il e in sostituzione degli altri promittenti acquirenti.

3.1. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, in quanto relativi all’esistenza del giudicato interno sull’avveramento della condizione sospensiva, sono infondati.

3.2. Va, in primo luogo affermato che non è più censurabile in cassazione la contraddittorietà della motivazione in quanto il vizio di motivazione rileva solo ove la motivazione sia del tutto inesistente o apparente (Cass. 8053/2014), nel senso che non riesca a spiegare le ragioni della decisione mentre, nel caso in esame, la motivazione consente, attraverso l’analitica ricostruzione del fatto e delle ragioni di diritto, di cogliere in modo compiuto l’iter logico del decisum.

3.3. La corte di merito ha accertato che il L. e l’ A. non avevano espresso in forma scritta la volontà di recedere dal contratto preliminare, non potendo essere integrato tale accordo abdicativo dalla restituzione della caparra ricevuta dai medesimi. I predetti non erano perciò inadempienti in quanto la condizione sospensiva, cui era subordinata l’efficacia del contratto, non si era verificata.

3.4. La Corte distrettuale, in sede di rinvio, si è quindi uniformata al principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità, che ha statuito l’invalidità di un atto abdicativo per facta concludentia nei contratti aventi forma scritta ad substantiam.

3.5. Il T., sia in sede di appello che nel giudizio di rinvio aveva espressamente chiesto che fosse accertato l’avveramento della condizione sospensiva, al fine dell’accertamento dell’inadempimento dei promissari acquirenti L. ed A. e della società Imperatore s.r.l.

3.6. Dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale di Taranto aveva rigettato la domanda del T. ritenendo che non si fosse avverata la condizione sospensiva della concessione del finanziamento (pag. 11 della sentenza impugnata); tale capo era stato impugnato dal T. innanzi alla Corte d’appello, Sezione Distaccata di Taranto, che, con sentenza N. 73/2007 aveva accolto l’appello e dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento della società Imperatore s.r.l., la quale non si era presentata innanzi al notaio per la stipula del definitivo con il solo T., osservando che la condizione sospensiva del finanziamento era stata rinunciata dai promissari acquirenti e che il contratto definitivo poteva concludersi con il T., in sostituzione degli altri due promittenti acquirenti.

3.7. La Corte d’appello non ha affermato che la condizione sospensiva si era verificata ma che essa era stata posta nell’esclusivo interessi dei promissari acquirenti e da questi era stata rinunciata.

3.8. Ne consegue che nessun giudicato si era formato sul verificarsi della condizione, avendo la Corte di Cassazione cassato il capo della sentenza relativa all’esercizio dello ius poenitendi per facta concludentia senza nulla disporre in ordine all’avveramento della condizione.

3.9. Il giudice di rinvio, in applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte, ha affermato che il diritto di recesso non era stato esercitato per liscritto, non rilevando il recesso per mutuo consenso per facta concludentia.

3.10. All’esito di tale accertamento, la Corte distrettuale ha verificato se si fosse avverata la condizione sospensiva cui era subordinata l’efficacia del contratto preliminare, oggetto dell’appello proposto dal T. nei confronti della Società Imperatore s.r.l., questione reiterata nel giudizio di rinvio, il cui esame, come affermato nella sentenza impugnata non è precluso dal dictum della sentenza della Corte di Cassazione, avente ad oggetto il capo della sentenza relativa alla forma del mutuo dissenso dal contratto preliminare.

3.11. Con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, la corte distrettuale ha escluso che si fosse verificata la condizione sospensiva in quanto l’unico teste aveva reso dichiarazioni generiche e non era stata prodotta in giudizio documentazione attestante l’accordo con terzi per la concessione del mutuo.

3.12. Osserva il collegio come la questione relativa all’accertamento della forma utilizzata per gli accordi modificativi dei contratti aventi forma scritta ad substantiam sia distinta dall’accertamento sull’avverarsi della condizione sospensiva, trattandosi di capi autonomi della sentenza.

3.13. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che il giudicato interno può ravvisarsi quando il capo della sentenza risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un “decisum” indipendente mentre non è integrato rispetto alle affermazioni che costituiscono mera premessa logica della statuizione in concreto adottata (ex multis Cassazione civile sez. III, 31/01/2018, n. 2379).

3.14. Va, quindi, ribadita la correttezza della decisione impugnata che ha deciso in ordine al mancato avveramento della condizione sospensiva del finanziamento, escludendo la responsabilità sia degli altri promittenti acquirenti che della promittente venditrice Imperatore s.r.l.

3.15. Come correttamente affermato dalla Corte d’appello, “il mancato avveramento della condizione sospensiva (ovvero la mancanza di sufficiente prova del suo avveramento) rende irragionevolmente evidente l’impossibilità di ravvisare responsabilità dei promissari acquirenti per la mancata conclusione del contratto definitivo”.

4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1319,1320,1321 c.c. e art. 1372 c.c., oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché, avendo il L. e l’ A. giudizialmente affermato la volontà di non concludere il contratto e di aver ricevuto la restituzione dell’acconto, il contratto definitivo avrebbe potuto essere concluso con il solo T..

4.1. Il motivo non è fondato.

4.2. La Corte di merito ha accertato che non vi era stata rinuncia alla condizione con recesso dal contratto da parte dei promissari acquirenti L. ed A. poiché non manifestato con la forma scritta ad substantiam sicché la società venditrice si era legittimamente rifiutata di concludere il preliminare con il T., in sostituzione degli altri promittenti acquirenti.

4.3. La Corte distrettuale ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui, quando una parte negoziale, nel senso di centro di imputazione delle posizioni attive o passive nascenti dal contratto, ha carattere soggettivamente complesso, essa resta insensibile alle mutazioni attinenti ai soggetti che la costituiscono, e tale insensibilità si riflette anche su quelle posizioni.

4.4. Nell’ipotesi di preliminare di compravendita, infatti, ove più soggetti si siano obbligati, con un’unica promessa, ad acquistare pro indiviso un immobile, l’adesione di uno dei promittenti compratori all’unilaterale recesso del promittente venditore non impedisce agli altri di chiedere l’emissione della sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto non concluso ex art. 2932 c.c., rendendosi acquirenti dell’intero immobile (Sez. 2, Sentenza n. 6480 del 16/07/1997).

4.4. Nel caso di specie, però, il recesso non era stato esercitato dagli altri promittenti acquirenti sicché non poteva darsi luogo al subentro di uno dei promissari acquirenti, ovvero del T..

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

5.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

5.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 7 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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