LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30605-2020 proposto da:
E.E.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI PIRANDELLO 67/A, presso lo studio dell’avvocato SABRINA BELMONTE, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA SQUELLATI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 657/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/6/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/9/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Torino, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. del 27 marzo 2019, rigettava il ricorso proposto da E.E.E., cittadino della Nigeria proveniente da Lagos, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonché del suo diritto alla protezione sussidiaria D.lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
2. La Corte d’appello di Torino, a seguito dell’impugnazione del richiedente asilo, rilevava – fra l’altro e per quanto qui di interesse l’estrema genericità dei riferimenti contenuti nell’atto di appello ai capi dell’ordinanza gravata concernenti il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.
Escludeva, comunque, che nella zona di provenienza dell’ E. vi fosse una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato generalizzato.
Riteneva, infine, che il migrante, al di là dell’enunciazione di un’avvenuta integrazione nella realtà ospitante, nulla avesse dimostrato di una simile condizione in funzione del riconoscimento della protezione umanitaria.
3. Per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 22 giugno 2020, ha proposto ricorso E.E.E. prospettando due motivi di doglianza.
Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia l’erronea interpretazione dei fatti e delle domande poste a fondamento della domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria nonché la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 3 e 14, anche in relazione agli artt. 4, par. 3 d), della Direttiva 2004/83/CE e 13, par. 3, lett. a, della Direttiva 2005/85/CE, stante la presenza di una condizione di violenza generalizzata nell’intera Nigeria.
5. La Corte di merito, innanzitutto, ha rilevato che “la struttura motivazionale del gravame proposto, nonostante le conclusioni assunte siano comprensive della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria in via principale, in realtà contiene solo riferimenti estremamente generici ai singoli capi dell’ordinanza che il Tribunale ha dedicato a tali profili di domanda, rendendo il gravame, in relazione a ciò, del tutto carente”. Si tratta, all’evidenza, di una constatazione dell’inammissibilità dell’appello perché predisposto in maniera non coerente con le regole stabilite dall’art. 342 c.p.c..
Il mezzo in esame non si cura in alcun modo di questa statuizione e si limita a criticare la successiva parte della sentenza impugnata, ove la Corte d’appello ha osservato che, “anche a voler delibare il profilo della domanda relativo alla protezione sussidiaria e alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte esclude che la zona di provenienza del sig. Enesge sia interessata da fenomeni tali da far ritenere che l’appellante, come qualsiasi cittadino ivi dimorante, possa correre i rischi conseguenti alla presenza di un conflitto armato generalizzato, presupposto di violenza indiscriminata”.
Ora, nel caso in cui il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass. 11675/2020).
Il motivo risulta quindi inammissibile, essendo rivolto a contrastare una parte della decisione che l’odierno ricorrente non aveva interesse a impugnare.
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta l’erronea interpretazione dei fatti e delle domande poste a fondamento della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria nonché la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5 T.U.I., comma 6, in quanto la Corte d’appello ha aprioristicamente escluso la sussistenza in capo al migrante di condizioni di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.
7. Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha rilevato che il richiedente asilo aveva rappresentato la propria raggiunta integrazione all’interno della realtà del paese ospitante senza tuttavia portare alcuna dimostrazione dei propri assunti e limitandosi ad addurre “motivi generici e limitati alla esposizione di criteri, principi e canoni generali ed astratti”.
A fronte di questi argomenti il mezzo formula ulteriori deduzioni astratte e di principio, che non scalfiscono in alcun modo la ratio decidendi e si limitano a sollecitare una nuova valutazione, nel merito, di una domanda che anche in questa sede si prospetta del tutto avulsa da concreti profili di vulnerabilità.
8. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022