LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1337-2021 proposto da:
N.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 773/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 29/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Salerno ha respinto il gravame proposto da N.O., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito di essere un ministro evangelico e di avere deciso di lasciare la sua casa ubicata in Benin City per predicare la parola di Dio. Al suo ritorno era stato picchiato e minacciato a causa della sua attività di predicatore. Per questo era costretto a fuggire e a lasciare il paese.
A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte d’appello ha ritenuto il richiedente non credibile. La Corte territoriale non ha, pertanto, riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ma neppure quelli della protezione sussidiaria, non essendo ravvisabile il rischio di subire un “danno grave” ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, neppure declinato secondo l’ipotesi di cui alla lettera c) in quanto dalle fonti informative disponibili, nella zona di provenienza del ricorrente, non risulta esistente una situazione di violenza indiscriminata dovuta a conflitto armato. Neppure erano state allegate e dimostrate, secondo il tribunale, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.
Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti, cioè la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Nigeria; (ii) sotto un secondo profilo, per mancata concessione della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 cui il ricorrente aveva diritto, ex lege, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine e per omessa applicazione dell’art. 10 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per difetto di motivazione e travisamento dei fatti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per mancato rilievo di alcuna situazione di vulnerabilità, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria; (iv) sotto un quarto profilo, per omessa applicazione al ricorrente del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi, nonché per omessa comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza e per omesso esame delle fonti relativamente alle condizioni socio-economiche del paese di provenienza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto si deduce l’omessa consultazione delle fonti informative, ma senza riportare quali fonti alternative sarebbero state indicate davanti ai giudici del merito e trascurate.
Il secondo motivo è inammissibile, perché anch’esso fa riferimento al mancato approfondimento delle fonti, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, contrapponendo altre fonti, ma in termini di mero dissenso (e che sembrano indicate per la prima volta in sede di legittimità). Il motivo, inoltre, è inammissibilmente eterogeneo (cfr. Cass. n. 7009/17).
Il terzo e quarto motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perché connessi, sono inammissibili, perché generici e non censurano con carattere di decisività, la statuizione che il ricorrente non aveva dedotto nessuna specifica e concreta situazione di vulnerabilità.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022