LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14268/2020 R.G. proposto da:
P.B., nato in *****, il *****, rappresentato e difeso dall’avv. Luciana Spina, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma circonvallazione Clodia 36;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato presso i suoi uffici, in Roma via dei Portoghesi 12;
– resistente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1611 del 2020, depositata il giorno 3 marzo 2020, nel procedimento iscritto al n. r.g. 6598/2018;
Sentita la relazione svolta all’udienza del 4 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fichera;
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ceroni Francesca, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Udito l’avv. Maurizio Astone, in sostituzione dell’avv. Luciana Spina, per il ricorrente.
FATTI DI CAUSA
P.B., cittadino ***** – che nel racconto reso in fase amministrativa aveva dichiarato di essere fuggito dal suo paese perché temeva di essere ucciso per la sua condizione di omosessualità -, impugnò innanzi al Tribunale di Roma la decisione della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, che aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, nonché delle altre forme complementari di protezione internazionale.
Avverso la decisione di rigetto resa in primo grado, il richiedente protezione propose quindi appello; con sentenza della Corte d’appello di Roma depositata il giorno 3 marzo 2020, il giudice di secondo grado respinse l’impugnazione, osservando che, in considerazione della estrema genericità, e quindi scarsa credibilità, delle dichiarazioni dell’istante e tenuto conto della situazione politica attuale dell’area di sua provenienza, non sussistevano i presupposti per la concessione della protezione internazionale e neppure di quella sussidiaria e del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Avverso la detta sentenza della Corte d’appello di Roma, P.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre il Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo deduce il ricorrente la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, nonché vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la corte d’appello ritenuto non credibile il racconto del richiedente asilo, motivando in maniera apparente la scarsa credibilità del narrato.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. 27/12/2019, n. 34476).
E’ vero poi che in tema di protezione internazionale, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5. Tra tali criteri, tuttavia, rientra il carattere circostanziato delle dichiarazioni del richiedente (art. 3, comma 5, lett. a) e, a differenza di quanto affermato in ricorso, la sentenza impugnata ne illustra chiaramente la carenza assoluta nella specie, per la vaghezza e genericità delle informazioni rese dal predetto al giudice di primo grado, tali da non consentire neppure di procedere ad alcun ulteriore approfondimento d’ufficio.
2. Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 2 e 10 Cost., del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5 e art. 14, lett. e), e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, avendo la corte d’appello omesso di utilizzare poteri d’ufficio per accertare la condizione di omosessualità del richiedente ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, e la situazione di violenza diffusa ed incontrollata nel paese di origine ai fini della protezione sussidiaria, e la condizione di vulnerabilità del richiedente ai fini del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2.1. Il motivo è inammissibile, sotto tutti i profili delineati, risolvendosi in generiche critiche nei riguardi delle valutazioni in fatto rettamente espresse dal giudice di merito.
2.2. E invero, una volta che il richiedente abbia assolto l’onere di allegare i fatti costitutivi del proprio diritto, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria – id est di acquisizione officiosa degli elementi istruttori necessari – è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non si estende alle condizioni individuali del soggetto richiedente, essendo evidente che il giudice, mentre è tenuto a verificare, anche d’ufficio, se nel paese di provenienza sia obiettivamente sussistente una situazione talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente medesimo, non può, al contrario, essere chiamato a supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale di costui, dovendo a tal riguardo soltanto effettuare la verifica di credibilità prevista nel suo complesso dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 (Cass. 15/09/2020, n. 19177).
Insomma, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate lacune o contraddizioni o incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito – poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (Cass. 10/03/2021, n. 6738; Cass. 4/11/2020, n. 24575).
2.3. Quanto all’accertamento in fatto circa la insussistenza di una condizione di violenza indiscriminata in *****, che il giudice di merito ha rettamente espresso indicando puntualmente le molteplici informazioni esaminate e la fonte accreditata da cui provengono, il motivo di ricorso si limita ad una generica critica, come tale inapprezzabile, priva di indicazioni relative a qualsivoglia altra informazione di segno opposto.
2.4. Sul permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, infine, è sufficiente ricordare che se la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, non sussiste la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito, se – come esattamente nella vicenda che ci occupa – essendo stata esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass. 24/12/2020, n. 29624).
3. Nulla sulle spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione resistente; sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti del ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022