LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14102-2020 proposto da:
L.M.M., rappresentata e difesa dall’avv. DIEGO ALLETTO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
COMUNE AGRIGENTO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1351/2019 del TRIBUNALE di AGRIGENTO, depositata il 30/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato l’8.2.2016 L.M.M. proponeva opposizione avverso un verbale di contravvenzione per infrazione al codice della strada, per aver lasciato il proprio veicolo in sosta, in zona a traffico limitato, senza esporre il “pass” necessario per l’accesso alla predetta area. Nella resistenza del Comune di Agrigento, il Giudice di Pace di Agrigento rigettava l’opposizione, con sentenza n. 537/2016.
Interponeva appello avverso detta decisione L.M. e il Tribunale di Agrigento, con la sentenza impugnata, n. 1351/2019, emessa nella resistenza del Comune, rigettava il gravame.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione L.M.M., affidandosi a tre motivi.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV..
Inammissibilità del ricorso.
Con la sentenza impugnata, n. 1351/19, il Tribunale di Agrigento ha confermato la sentenza n. 537/2016 del Giudice di Pace di Agrigento, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta da M.M. avverso un verbale di contestazione al Codice della Strada per la sosta di un veicolo all’interno di zona a traffico limitato in assenza del “pass” previsto per l’accesso a detta area, che dal verbale risulta non fosse esposto sul parabrezza, come previsto.
Ricorre per la cassazione L.M.M. affidandosi a tre motivi, con i quali denuncia la violazione o falsa applicazione di plurime norme di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché: il verbale di contestazione richiamerebbe una norma del Codice della Strada non coerente alla condotta sanzionata (primo motivo); il veicolo sarebbe stato lasciato in sosta con il “pass” d’accesso alla Z.T.L. regolarmente esposto sul parabrezza (secondo motivo); la regolare esposizione del titolo di accesso alla Z.T.L. sarebbe confermata dall’istanza presentata dalla ricorrente al locale comando di Polizia, per ottenere l’annullamento in via di autotutela della sanzione (terzo motivo).
Le censure sono inammissibili, perché propongono una revisione del giudizio di fatto svolto dal Tribunale, il quale, con decisivo passaggio della motivazione, ha affermato che “… la relazione di servizio prodotta dal Comune di Agrigento, a firma dell’agente accertatore, precisa che l’autovettura multata fosse priva di pass autorizzativo esposto. La ricorrente si limita ad affermare che in realtà il pass fosse esposto in modo visibile sul parabrezza dell’autovettura” (cfr. pag.6 della sentenza impugnata). Sulla base di tale considerazione, il giudice di merito ha ritenuto che, “… in disparte la questione relativa all’efficacia probatoria dell’atto redatto da pubblico ufficiale, se efficacia di piena prova fino a querela di falso delle dichiarazioni delle parti e dei fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua presenza, ovvero se prova liberamente valutabile dal giudice unitamente alle risultanze istruttorie proposte in relazione alle altre circostanze di fatto…” dagli atti e documenti acquisiti al fascicolo non fosse emersa la prova diretta idonea a contrastare le risultanze del verbale di accertamento, secondo il quale la vettura era in sosta in modo irregolare. Ne’, del resto, detta prova contraria avrebbe mai potuto essere ricavata dall’unico elemento concreto allegato dalla L.M. con il terzo motivo di ricorso: il fatto che la stessa avesse presentato istanza di annullamento in autotutela della sanzione contestata, sostenendo che il “pass” fosse regolarmente esposto sul parabrezza della sua vettura, non è evidentemente idonea a dimostrare la circostanza di fatto, trattandosi di atto direttamente proveniente dalla parte interessata. Le doglianze proposte dalla ricorrente si sostanziano, dunque, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790)”.
Il Collegio condivide la proposta del relatore.
La memoria depositata da parte ricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente riproduttiva degli stessi. Ne’ può essere condiviso l’assunto (cfr. pag. 4 della memoria) secondo cui la mancata esposizione del “pass” sul parabrezza della vettura della ricorrente costituirebbe una fattispecie di illecito autonoma e diversa da quella contestata nel caso di specie. La stessa ricorrente, infatti, afferma che la sanzione era stata elevata poiché “sostava ove vige il divieto di circolazione” (cfr. pag. 2 del ricorso), e la sentenza impugnata conferma, da un lato, che il verbale era stato elevato “per aver lasciato il veicolo in sosta ove vige il divieto di circolazione accedendovi abusivamente” (cfr. pag. 4 della sentenza) e, dall’altro lato, che “… la relazione di servizio prodotta dal Comune di Agrigento, a firma dell’agente accertatore, precisa che l’autovettura multata fosse priva di pass autorizzativo esposto” (cfr. pag. 6). La condotta sanzionata, dunque, è da individuare nella sosta in zona a traffico limitato in assenza di esposizione del relativo permesso di accesso. Ne’ ha pregio l’ulteriore assunto, sempre contenuto a pag. 4 della memoria, secondo cui la mancata esposizione del “pass” costituirebbe un utilizzo abusivo dello stesso, con conseguente applicazione della sanzione specifica del ritiro del permesso indebitamente usato. La mancata esposizione, infatti, si risolve non già in una utilizzazione del permesso, ma – al contrario – in una ipotesi di sua omessa utilizzazione; con il che non può tecnicamente configurarsi, in assenza di un suo uso, alcun profilo di abusività di quest’ultimo.
Infine, per quanto attiene l’ulteriore censura relativa alla tardività del deposito della relazione di servizio da parte del Comune, e dunque alla sua inutilizzabilità ai fini della decisione (cfr. pag. 5 della memoria) va ribadito che il termine previsto “… per il deposito di copia del rapporto, con gli atti relativi all’accertamento nonché alla contestazione o alla notificazione della violazione non e’, in difetto di espressa previsione, perentorio, a differenza di quello contemplato dall’art. 416 c.p.c., che si applica, in virtù del richiamo operato dal medesimo D.Lgs. n. 150, art. 2, comma 1 per gli altri documenti depositati dall’Amministrazione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9545 del 18/04/2018, Rv. 648048; conf. Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 16853 del 09/08/2016, Rv. 640996, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15887 del 13/06/2019, Rv. 654292 e Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14266 del 25/05/2021, Rv. 661443).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte del soggetto intimato nel presente giudizio di legittimità.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022