LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14936-2020 proposto da:
M.G., rappresentata e difesa dall’avv. NICOLA DE MAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
MA.FR., rappresentato e difeso in proprio e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 137/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 06/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 631/2015 il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava l’opposizione spiegata da M.G. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti da Ma.Fr. per il pagamento del compenso spettante a quest’ultimo in relazione all’attività di assistenza e consulenza professionale dal medesimo spiegata in favore dell’opponente. Detta sentenza veniva emessa, in particolare, all’esito di provvedimento di anticipazione dell’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, non ritualmente comunicato dalla cancelleria a tutte le parti costituite.
Interponeva appello avverso detta decisione la M. e la Corte di Appello di Ancona, con la sentenza impugnata, n. 137/2020, emessa nella resistenza del Ma., dichiarava la nullità della pronuncia di primo grado e rigettava l’opposizione, confermando il decreto opposto e condannando l’opponente alle spese del doppio grado di giudizio.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.G., affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso Ma.Fr..
Ambo le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV..
Inammissibilità dei primi tre motivi del ricorso e accoglimento del quarto.
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona dichiarava la nullità della sentenza di prime cure, resa dal Tribunale di Ascoli Piceno all’esito di udienza di precisazione delle conclusioni fissata con provvedimento di anticipazione non comunicato alla M. e, decidendo nel merito l’opposizione da quest’ultima proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 100/2009 emesso dal predetto Tribunale in favore di Ma.Fr., la rigettava confermando il decreto opposto e condannando la M. alle spese del doppio grado di giudizio.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la M. affidandosi a quattro motivi. Con il primo di essi, lamenta l’erroneità della decisione impugnata, nella parte in cui essa ha disatteso l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla M. in relazione al cd. foro del consumatore, senza tuttavia confrontarsi con la ratio principale di detto rigetto, da individuarsi nel fatto che l’eccezione era stata proposta tardivamente, solo in secondo grado. Pur essendo la violazione del foro del consumatore rilevabile di ufficio, va data continuità al principio per cui “Il rilievo officioso dell’incompetenza inderogabile deve essere svolto dal giudice non oltre la prima udienza, in modo chiaro ed univoco e sulla base dei documenti ritualmente acquisiti” (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 14170 del 24/05/2019, Rv. 654221), dovendosi in caso contrario ritenere definitivamente radicata la competenza del giudice adito (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 11128 del 20/05/2014, Rv. 630742 e Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 7339 del 23/03/2018, Rv. 648493). Dal che consegue l’inammissibilità del primo motivo.
Con il secondo motivo la ricorrente contesta l’interpretazione del contratto del 22.12.2014, con la quale Tecnosud Coop. le aveva ceduto il credito verso Nuova Arch Legno Spa, riconosciuto con sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 169/2008, con tutti i diritti ed obblighi relativi, incluso quello di pagare l’avvocato che aveva difeso la società cedente nel contenzioso predetto. La censura è inammissibile, poiché essa non attinge i criteri ermeneutici utilizzati dal giudice di merito, né indica quale diverso criterio avrebbe, in ipotesi, dovuto essere applicato, ma invoca una revisione del giudizio di merito e dell’apprezzamento delle prove, estraneo alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Con il terzo motivo la ricorrente invoca l’erronea determinazione del credito del Ma., senza tuttavia specificare che detta censura – che non risulta indicata tra i motivi di appello riassunti a pag. 3 della sentenza impugnata – fosse stata effettivamente proposta in prime cure ed in seguito veicolata attraverso i motivi di impugnazione. In difetto di tale indicazione, la censura è inammissibile per novità e comunque per difetto di specificità.
Il quarto motivo, con il quale la ricorrente invoca la sua erronea condanna anche alle spese del primo grado di giudizio, espressamente dichiarato nullo dalla Corte territoriale, è invece fondato, posto che nel caso in cui il giudice di appello, rilevando una nullità del giudizio di prima istanza e non ravvisando i presupposti per la remissione della causa al primo giudice, decida nel merito, si configura una decisione in unica istanza, con conseguente impossibilità di provvedere alla condanna della parte soccombente per il doppio grado di giudizio. La censura può dunque essere accolta, con decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, ed eliminazione della condanna alle spese relativa al giudizio di prima istanza”.
Il Collegio condivide la proposta del relatore, limitatamente ai primi tre motivi di ricorso. In relazione al quarto motivo, invece, il Collegio osserva che questa Corte ha affermato il principio – cui è opportuno dare continuità – secondo cui “In presenza della dichiarazione di nullità della decisione di prime cure, il giudice di appello è tenuto ad esaminare nel merito la domanda, comportandosi, di fatto, come giudice di unico grado, sicché è impossibile confermare alcuna statuizione della pronuncia ritenuta nulla, ivi inclusa quella sulle spese del primo grado, dovendosi procedere ad una nuova liquidazione delle stesse relativamente al doppio grado di merito” (Cass. Sez. 2, ordinanza n. 23132 del 19/08/2021, Rv. 662070; cfr. anche Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. 648466).
Il quarto motivo, pertanto, va rigettato.
La memoria depositata dalla parte controricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto al contenuto del controricorso. Quella depositata da parte ricorrente, invece, rende necessaria una precisazione in relazione all’eccezione di incompetenza territoriale che la M. aveva proposto nel corso del giudizio di merito. Tale eccezione, invero, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, era stata ritualmente proposta dall’odierna ricorrente in prime cure (cfr. punto 7 dell’atto di citazione) ed era stata coltivata in appello (cfr. pag. 12 dell’atto di impugnazione). Tuttavia la Corte distrettuale, dopo aver erroneamente affermato la tardiva proposizione dell’eccezione soltanto nell’atto di gravame, si è comunque pronunciata su di essa, escludendone la fondatezza in relazione ai diversi profili sollevati dall’odierna ricorrente. Dal che deriva la non decisività dell’affermazione relativa alla mancata proposizione dell’eccezione in prime cure, posto che essa risulta comunque esaminata dal giudice di appello.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocato ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022