LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13628-2020 proposto da:
M.A., rappresentato e difeso in proprio e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
STUDIO S. AVVOCATI E COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, e S.P., rappresentati e difesi dal secondo e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrenti –
e contro
SC.PI.;
– intimato –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 26.11.2018 M.A. evocava in giudizio lo Studio S. Avvocati e Commercialisti ed i suoi soci S.P. e SC.PI. innanzi il Tribunale di Vibo Valentia, per sentirli condannare al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 756,54 oltre accessori a titolo di saldo del compenso dovuto a fronte dell’attività professionale svolta dal ricorrente in favore dei resistenti in relazione ad un giudizio civile pendente dinanzi il Tribunale di Vibo Valentia.
Nella resistenza dei convenuti, il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo provato un accordo transattivo tra le parti, adempiuto dai convenuti, sia pure in ritardo rispetto alla scadenza prevista.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.A., affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso lo Studio S. Avvocati e Commercialisti e S.P..
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato istanza di riunione del presente ricorso a quello, pendente tra le stesse parti, iscritto al ruolo generale al numero 8934/2020, nonché memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV..
Inammissibilità del ricorso.
M.A. proponeva ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 innanzi al Tribunale di Vibo Valentia per ottenere la condanna dello Studio S. Avvocati e Commercialisti e dei suoi soci (Paolo e Pietro S.) al pagamento del compenso allo stesso spettante in ragione delle attività svolte per conto dei resistenti in qualità di domiciliatario. Il Tribunale, ritenendo che fosse intervenuto tra le parti un accordo transattivo, rigettava il ricorso.
Ricorre per la cassazione di detta decisione M.A., affidandosi a due motivi, con i quali il ricorrente censura l’ordinanza del Tribunale nella parte in cui ha considerato concluso un accordo transattivo per facta condudentia, omettendo di considerare l’essenzialità del termine per l’adempimento e valorizzando, invece, la mancata risposta alla mail inviata dallo Studio S. nella quale venivano indicate le tempistiche di pagamento.
Le due censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono inammissibili, innanzitutto perché si sostanziano in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del Tribunale, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Il Tribunale, sulla base dei documenti e dei comportamenti delle parti, ha ravvisato un accordo transattivo, a fronte della mancata risposta del ricorrente alla mail inviatagli dallo Studio S., nella quale venivano indicate le modalità di pagamento, e della successiva accettazione dei vari bonifici, dei quali solo in un momento successivo alla loro ricezione, “… ne ha contestato l’ammontare… cosa che avrebbe ben potuto essere contestata nell’immediatezza dell’invio della pec del 10 novembre 2017…” (cfr. pag. 6 dell’ordinanza impugnata). Il Tribunale, dunque, ha interpretato gli elementi di fatto acquisiti agli atti del giudizio di merito, qualificando il rapporto in termini di transazione; il ricorso per cassazione con il quale venga censurato l’errore del giudice di merito nel compimento della detta operazione ermeneutica soggiace alla sanzione dell’inammissibilità (Cass. sez. 2, Sentenza n. 10337 del 19/10/1998, Rv. 519848).
In secondo luogo – e come ulteriore profilo di inammissibilità delle censure proposte dal ricorrente – va osservato che esse non attingono il secondo elemento fattuale valorizzato dal giudice di merito, rappresentato dalla circostanza che il M. abbia ricevuto i bonifici eseguiti dalla parte contro ricorrente senza sollevare immediata contestazione: comportamento, questo, al quale il giudice di merito, sempre nell’ambito dell’apprezzamento del fatto, ha attribuito valenza concludente”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore, osservando che il giudice di merito ha, in sostanza, escluso la natura essenziale del termine inizialmente previsto dalle parti per il saldo di quanto spettante all’odierno ricorrente, anche alla luce del comportamento dalle predette tenuto e della corrispondenza tra di esse intercorsa.
La memoria depositata dal ricorrente non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente riproduttiva degli stessi. Lo stesso ricorrente, inoltre, riconosce (cfr. pag. 6 della memoria) di aver disconosciuto formalmente una delle comunicazioni valorizzate dal giudice di merito – in particolare, quella proveniente dal debitore, che non sarebbe stata inviata a mezzo posta elettronica certificata – soltanto con il ricorso in sede di legittimità. In assenza di disconoscimento formale nel corso del giudizio di merito, dunque, il Tribunale ha apprezzato anche detta missiva, unitamente a quella inviata dal M. a mezzo pec, individuando in tale scambio di corrispondenza, e nella condotta complessivamente tenuta dalle parti, la prova della persistente validità dell’accordo transattivo tra di esse raggiunto.
Con riferimento invece all’istanza di riunione, essa va disattesa, posto che il ricorso distinto dal numero 8934/2020, pur essendo pendente tra le stesse parti del presente giudizio di legittimità, ha tuttavia ad oggetto un diverso provvedimento, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria in data 21.1.2020, concernente il compenso rivendicato dal M. in relazione ad una prestazione professionale distinta ed autonoma rispetto a quella dedotta in questo giudizio. Non si configura, di conseguenza, alcun profilo di connessione tra i due ricorsi.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022