Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.284 del 07/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25527-2020 proposto da:

T.M., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO FRATERNALE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 05/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’avvocato T.M. ha proposto ricorso articolato in due motivi (1: violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 134c.p.c., comma 1, e dell’art. 135 c.p.c. comma 4, quanto alla statuizione di compensazione delle spese per carenza di motivazione; 2: violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.) avverso l’ordinanza del 5 settembre 2020 resa dal Tribunale di Ancona.

L’intimato Ministero della Giustizia ha depositato “atto di costituzione”.

L’ordinanza 5 settembre 2020, pronunciata in sede di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, ha rideterminato i compensi spettanti all’avvocato T.M., quale difensore di parte ammessa al patrocino a spese dello Stato, riconoscendo altresì le attività relative alle fasi di istruzione e trattazione della causa. Il giudice dell’opposizione, peraltro, in ragione della mancata opposizione del Ministero convenuto e della peculiarità della questione, ha interamente compensato le spese processuali tra le parti.

I due motivi di ricorso allegano che non possano costituire gravi ed eccezionali ragioni al fine di disporre la compensazione delle spese né la mancata opposizione alla domanda da parte del convenuto, né le peculiarità della questione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione.

L’ordinanza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.

Occorre dare applicazione, ratione temporis, all’art. 92 c.p.c., comma 2, come sostituito dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, modificato in sede di conversione dalla L. 10 novembre 2014, n. 162. In forza di tale norma, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, soltanto se vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o ancora, “qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (ciò a seguito della sentenza 19 aprile 2018, n. 77, della Corte Costituzionale) (Cass. Sez. 6 – 5, 18/02/2020, n. 3977; Cass. Sez. 6 – 2, 18/02/2019, n. 4696).

La valutazione di “novità della questione”, come quella di sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni”, che possono sorreggere il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese, devono essere esplicitamente motivate e riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa.

In tal senso, il Tribunale di Ancona ha, sia pure succintamente, provveduto alla motivazione della compensazione delle spese processuali del giudizio di opposizione, operata in ragione della mancata opposizione del Ministero convenuto e della peculiarità della questione.

In realtà, il riferimento al comportamento processuale di non opposizione del Ministero della Giustizia non appare sintomo di “gravi ed eccezionali ragioni”, tali da giustificare altrimenti la compensazione delle spese. Deve infatti ribadirsi che la condanna della parte soccombente alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., non ha natura sanzionatoria. Essa non avviene, cioè, a titolo di risarcimento dei danni (atteso che il comportamento del soccombente non è assolutamente illecito, in quanto è esercizio di un diritto), ma è conseguenza obiettiva della soccombenza. Ai relativi fini non rilevano, perciò, i comportamenti neutri della parte contro cui il giudizio venga promosso, e cioè quelli che non implicano l’esclusione del dissenso né importano l’adesione all’avversa richiesta, quali il restare inerte e non dedurre nulla in contrario all’accoglimento della domanda dell’attore. Sta di fatto, in sostanza, che è ritenuto soccombente, ai fini della condanna al rimborso delle spese processuali, il convenuto che, pur avendo riconosciuto la fondatezza della pretesa altrui, non abbia fatto nulla per soddisfarla, sì da rendere superfluo il ricorso all’autorità giudiziaria (così Cass. Sez. 3, 28/03/2001, n. 4485; Cass. Sez. 1, 10/12/1988, n. 6722).

Va tuttavia riaffermato il principio secondo cui l’art. 92 c.p.c., comma 2, là dove (secondo il testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, ed a seguito di Corte Cost. 19 aprile 2018, n. 77), permette la compensazione delle spese di lite “nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza”, oppure allorché concorrano altre analoghe “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la carenza di un uniforme orientamento interpretativo sul punto, l’opinabilità o le peculiarità delle questioni affrontate (come nella specie ritenuto dal Tribunale di Ancona) o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza integra le suddette nozioni, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (Cass. Sez. U, 22/02/2012, n. 2572; Cass. Sez. 6 – 2, 10/02/2014, n. 2883; Cass. Sez. L, 07/08/2019, n. 21157).

Il ricorso va perciò rigettato, non dovendosi regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Ministero non ha svolto utili attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022

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