È autonomamente risarcibile la violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali, invero non coincidente con la perdita di "chances" connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita non potute compiere e autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, liquidabile in base a valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. (nella specie si trattava del colposo ritardo diagnostico di patologia ad esito certamente infausto)
Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n. 28632 del 03/10/2022
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 10/6/2020 la Corte d'Appello di Roma, quale giudice del rinvio disposto da Cass. n. 7260 del 2018, in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg. Ma.Ma.Fr. e T.A. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Roma 8/3/2004, ha rideterminato in diminuzione la somma liquidata dal giudice di prime cure a carico dei medesimi e in favore delle sigg. D.P.F. e M.A. di risarcimento dei danni da queste ultime rispettivamente subiti in conseguenza del decesso del loro congiunto sig. D.F. (rispettivamente, padre e marito) a causa della "tardiva diagnosi" da parte dei primi, nella loro qualità di medici, di "adenocarcinoma polmonare", con conseguente violazione del diritto di quest'ultimo di "determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologie ad esito certamente infausto".
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la D. e la M. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, e memoria.
Resistono con separati controricorsi le chiamate in manleva società Generali Italia s.p.a. e Groupama Assicurazioni s.p.a., nonché la Ma., che ha presentato anche memoria.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo le ricorrenti denunziano "violazione/falsa applicazione" dell'art. 384 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 e il 3 motivo denunziano "violazione/falsa applicazione" dell'art. 132 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3
Si dolgono che per la valutazione equitativa del danno il giudice del rinvio abbia fatto ricorso a criteri inconferenti con la fattispecie.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Per quanto ancora d'interesse in questa sede, va osservato che all'esito del rinvio disposto da Cass. n. 7260 del 2018, nell'affermare il principio in base al quale è autonomamente risarcibile la violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali (nella specie determinata dal colposo ritardo diagnostico di patologia ad esito certamente infausto), invero non coincidente con la perdita di "chances" connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita non potute compiere e autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, liquidabile in base a valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. (cfr. Cass., 15/4/2019, n. 10424), in difetto di relativa contemplazione nelle Tabelle di Milano la corte di merito l'ha nell'impugnata sentenza equitativamente determinato ex art. 1226 c.c., in piena e corretta applicazione del principio affermato da questa Corte secondo cui la valutazione equitativa del danno deve effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto (v. Cass., 25/6/2021, n. 18284; Cass., 21/7/2011, n. 15991. Cfr. altresì Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 21/8/2018, n. 20829 e Cass., 18/4/2019, n. 10812), al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità e di evitare che la valutazione risulti sostanzialmente arbitraria (v. Cass., 25/6/2021, n. 18284).
Risponde infatti a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., è rimessa al prudente criterio valutativo del giudice di merito non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile ma anche quando la stessa, in relazione alle peculiarità del caso concreto, si presenti particolarmente difficoltosa (v. Cass., 4/4/2019, n. 9339; Cass., 9/5/2003, n. 7073; Cass., 17/5/2000, n. 6414. E già Cass., 4/7/1968, n. 2247), essendosi al riguardo da questa Corte precisato che ove ne sussistano le condizioni il giudice - anche d'appello - può farvi ricorso anche senza domanda di parte, in base al suo prudente apprezzamento (v. Cass., 24/1/2020, n. 1636. E già Cass., 17/11/1961, n. 2655).
Atteso che anche di alcuni aspetti o voci del danno patrimoniale la valutazione in realtà non può essere che equitativa (es., del danno patrimoniale futuro: v. Cass., 12/6/2015, n. 12211), il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale non può viceversa mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto sempre la valutazione equitativa (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit.; Cass., 31/5/2003, n. 8828. E già Cass., 5/4/1963, n. 872. Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, n. 5063; Cass., 1 /4/1980, n. 2112; Cass., 11/7/1977, n. 3106).
Attenendo alla quantificazione e non già all'individuazione del danno (non potendo pertanto valere a surrogare il mancato assolvimento dell'onere probatorio imposto all'art. 2697 c.c.: v Cass., 11/5/2010, n. 11368; Cass., 6/5/2010, n. 10957; Cass., 10/12/2009, n. 25820; e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, r. 23425), la valutazione equitativa è volta a determinare "la compensazione economica socialmente adeguata" del pregiudizio, quella che "l'ambiente sociale accetta come compensazione equa" (in ordine al significato che nel caso assume l'equità v. Cass., 7/6/2011, n. 12408), e deve essere dal giudice effettuata considerando in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645).
Si è da questa Corte posto al riguardo in rilievo che, come avvertito anche in dottrina, l'esigenza di una tendenziale uniformità della valutazione di base della lesione non può d'altro canto tradursi in una preventiva tariffazione della persona, essendo al riguardo da considerarsi aspetti personalistici che rendono necessariamente individuale e specifica la relativa quantificazione nel singolo caso concreto (cfr. Cass., 31/5/2003, n. 8828).
Il danno non patrimoniale non può essere in ogni caso liquidato in termini puramente simbolici o irrisori o comunque non correlati all'effettiva natura o entità del danno (v. Cass., 12/5/2006, n. 11039; Cass., 11/1/2007, n. 392; Cass., 11/1/2007, n. 394), ma deve essere congruo.
E' invero compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul patrimonio e sul valore persona si siano verificate in conseguenza dell'evento dannoso, provvedendo al relativo integrale ristoro (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).
Ai fini della valutazione equitativa del danno sia patrimoniale che non patrimoniale si è a tale stregua esclusa la possibilità di applicarsi in modo "puro" parametri rigidamente fissati in astratto giacché, non essendo in tal caso consentito discostarsene, risulta in tal caso garantita la prevedibilità delle decisioni ma assicurata un'uguaglianza meramente formale, e non già sostanziale (cfr. Cass., 23/1/2014, n. 1361).
Del pari inidonea si è ravvisata una valutazione rimessa alla mera intuizione soggettiva del giudice, in assenza cioè di qualsivoglia criterio generale valido per tutti i danneggiali a parità di lesioni, e pertanto in realtà affidata al suo mero arbitrio (cfr. Cass., 23/1/2014, n. 1361), giacché se essa si appalesa teoricamente idonea ad assicurare un'adeguata personalizzazione del risarcimento non altrettanto può dirsi circa la parità di trattamento e la prevedibilità della decisione (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408).
Fondamentale è che, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, lo stesso si riveli idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione del danno informata ad equità, e che il giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico al riguardo seguito, indicando quanto assunto a base del procedimento valutativo seguito (v., Cass., 25/6/2021, n. 18285; Cass., 5/2/2021, n. 2831; Cass., 6/5/2020, n. 8508; Cass., 20/6/2019, n. 16595; Cass., 22/1/2019, n. 1579; Cass., 4/2/2016, n. 2167; Cass. 20/5/2015, n. 10293; Cass.,30/5/2014, n. 12265; Cass., 19/2/2013, n. 4047; Cass., 6/5/2009, n. 10401. E già Cass., 4/5/1989, n. 2074; Cass., 13/5/1983, n. 3273), al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità.
Atteso che nella liquidazione equitativa (financo nella sua forma c.d. "pura") non può prescindersi dalla considerazione che - come detto - essa consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, si è da questa Corte posto in rilievo come pur nell'esercizio di un potere di carattere discrezionale il giudice sia chiamato a dare in motivazione conto della operata valutazione di ciascuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento, con la conseguenza che laddove non risultino indicate le ragioni dell'operato apprezzamento né richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre nel vizio di nullità per difetto di motivazione (v. Cass., 13/9/2018, n. 22272), non potendo al riguardo valorizzarsi del tutto generiche ed apodittiche indicazioni.
Orbene, in coerenza con quanto da questa Corte indicato (anche) con riferimento al danno non patrimoniale (cfr. Cass., 29/9/2021, n. 26300; Cass., 23/1/2014, n. 1361), la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero puntualmente indicato i criteri di determinazione del danno cui ha fatto ne(la specie riferimento.
Dopo aver dato atto che "contrariamente a quanto avviene per il caso di danno non patrimoniale per lesione all'integrità fisica" per il "danno per omessa tempestiva diagnosi" non soccorrono "le note tabelle di elaborazione giurisprudenziale", ha espressamente affermato di dover al riguardo valutare "tutte le circostanze del caso concreto ed, in particolare, l'età del paziente al momento della morte (anni 58), il periodo di ritardo intercorso fra il primo accertamento diagnostico (30.10.1997), la diagnosi di tumore (6.10.1998) e l'intervenuto decesso (17.12.1998), le condizioni generali di salute del paziente nei mesi intercorsi tra il primo accertamento e l'effettiva corretta diagnosi, come risultanti dalla documentazione medica esaminata dal CTU", da cui "in particolare emerge... che il de cuius, di professione tassista, nel periodo sopra considerato avvertiva dolori al torace, dispnea da sforzo, tosse scarsa, che... mai lo hanno costretto ad un blocco totale della sua attività", come confermato "dalla relazione clinica del 19.11.1998... a riprova del fatto che, nei mesi precedenti ben avrebbe potuto il D., ove avesse avuto piena contezza delle proprie effettive condizioni di salute, gestire in modo autonomo e con piena consapevolezza esistenziale la propria vita, in vista dell'inevitabile esito finale".
Elementi che questa Corte ha invero ritenuto da prendersi correttamente in considerazione nella liquidazione del danno in via equitativa ex art. 1226 c.c., anche in altra ipotesi del pari non contemplata - diversamente che da quelle di Roma- dalle Tabelle di Milano (cfr., con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale, Cass., 29/9/2021, n. 26300; Cass., 21/4/2021, n. 10579).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore delle ricorrenti, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a liquidazione delle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società Generali Italia s.p.a.; in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente Groupama Assicurazioni s.p.a.; in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 2.300,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente Ma.Ma.Fr..
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2022.