LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12781-2020 proposto da:
S.E. e Q.U., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCREZIO CARO n. 62, presso lo studio dell’avvocato VALENTINO FEDELI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ROMA CAPITALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 23773/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 11/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 26.4.2016 S.E. e Q.U. proponevano opposizione avverso dieci verbali di contravvenzione al codice della strada elevati nei loro confronti per accesso alla zona a traffico limitato in assenza del prescritto permesso. Con sentenza n. 31993/2016 il Giudice di Pace di Roma rigettava l’opposizione.
Interponevano appello avverso detta decisione gli odierni ricorrenti e il Tribunale di Roma, con la sentenza impugnata, n. 23773/2018, accoglieva parzialmente il gravame. In particolare, il giudice di secondo grado ravvisava l’unitarietà della condotta in relazione a due dei dieci verbali impugnati, poiché emessi a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, confermava dunque nove dei dieci verbali impugnati, nel minimo edittale della sanzione aumentato sino al triplo, e compensava le spese del doppio grado.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione S.E. e Q.U., affidandosi a cinque motivi.
Roma Capitale, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C. INAMMISSIBILITA’ del primo, secondo, terzo e quinto motivo; ACCOGLIMENTO del quarto.
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto l’appello proposto da S.E. e Q.U. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dai predetti appellanti avverso dieci verbali di contravvenzione per accesso alla zona a traffico limitato di Roma Capitale. Il Tribunale, in particolare, ha rigettato il primo motivo di gravame, con il quale gli appellanti, odierni ricorrenti, avevano sostenuto la loro assenza di colpa e la scusabilità dell’errore, per non aver tempestivamente provveduto a rinnovare il permesso di accesso alla zona a traffico limitato, ed ha parzialmente accolto il secondo motivo, con il quale gli appellanti invocavano l’applicazione del principio di unicità della condotta, limitatamente a due soli verbali, elevati a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro.
Propongono ricorso per la cassazione di tale decisione S.E. e Q.U. affidandosi a cinque motivi.
Con il primo di essi, i ricorrenti sostengono che la loro buona fede doveva essere ritenuta in re ipsa, poiché il mancato rinnovo del permesso di accesso alla zona a traffico limitato era dipeso soltanto dal fatto che Roma Capitale, a differenza di quanto fatto in passato, non aveva inviato un preavviso di scadenza del permesso medesimo.
Con il quinto motivo, logicamente connesso al primo, i ricorrenti lamentano il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento, in loro favore, della buona fede e dell’errore scusabile.
Le due censure, suscettibili di trattazione unitaria, sono inammissibili.
Il Tribunale ha ritenuto, all’esito di apprezzamento in fatto non utilmente censurabile in sede di legittimità, se non nei soli limiti del sindacato sulla motivazione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23019 del 30/10/2009, Rv. 610357) che l’errore in cui sono incorsi i ricorrenti potesse essere evitato con l’uso dell’ordinaria diligenza. Sul punto, questa Corte ha affermato che “In tema di sanzioni amministrative, la buona fede rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa quando sussistono elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e quando l’autore medesimo abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimrovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11977 del 19/06/2020, Rv. 658272; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13610 del 11/06/2007, Rv. 597317). Il mancato rinnovo del permesso di accesso alla zona a traffico limitato non è stato ritenuto, dal giudice di merito, conforme alla regola di diligenza; né gli appellanti, odierni ricorrenti, avevano dimostrato l’esistenza di un loro affidamento su un consolidato comportamento dell’ente locale, posto che essi avevano prodotto solo un preavviso di scadenza del permesso in oggetto, risalente però al 2012.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la mancata applicazione del principio di unicità della condotta per tutti i verbali impugnati.
La censura è inammissibile.
Il Tribunale ha ritenuto, all’esito di un giudizio di fatto non censurabile in questa sede, di poter configurare l’unicità della condotta soltanto con riguardo a due verbali, riferiti ad accessi alla zona a traffico limitato verificatisi a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro. Nel contestare tale statuizione, i ricorrenti invocano in sostanza un riesame del giudizio di merito, estraneo alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia del Tribunale sugli ulteriori 31 verbali di contravvenzione, sempre per accesso alla zona a traffico limitato in assenza di permesso, dei quali essi avevano ricevuto notificazione dopo aver proposto il ricorso in prime cure.
Il motivo è inammissibile.
Nella narrativa del ricorso i ricorrenti danno atto di aver chiesto al Giudice di Pace di poter depositare in atti del giudizio di prima istanza detti ulteriori verbali, ma che la relativa istanza era stata rigettata. La sentenza impugnata non indica che, in relazione a detta statuizione, gli odierni ricorrenti avessero proposto una specifica censura in appello, né questo viene chiarito nel motivo in esame. La questione, pertanto, deve ritenersi nuova.
Con il quarto motivo, invece, i ricorrenti lamentano l’erronea applicazione, da parte del Tribunale, della maggiorazione dell’aumento fino al triplo della sanzione minima edittale.
La censura è fondata.
Il Tribunale ha configurato l’unicità della condotta soltanto con riguardo a due verbali, ma ha applicato la maggiorazione del triplo del minimo edittale con riferimento a tutti e nove i verbali. Poiché la condotta unitaria era stata accertata con esclusivo riferimento a due verbali, e nella specie a quelli elevati in data *****, rispettivamente alle ***** ed alle *****, solo in relazione a tali violazioni poteva applicarsi la maggiorazione di cui si discute.
La sentenza va pertanto cassata, limitatamente al capo con cui viene disposto l’aumento del triplo del minimo edittale con riferimento a tutti e nove i verbali residui, e non invece soltanto a quello elevato in data ***** alle ore *****, fermo il già disposto annullamento di quello, immediatamente successivo, elevato in pari data, alle ore *****”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore e ritiene che la statuizione relativa all’aumento fino al triplo del minimo edittale, contenuta nella sentenza impugnata, vada eliminata.
La memoria depositata dal ricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli stessi.
In definitiva, vanno dichiarati inammissibili il primo, secondo, terzo e quinto motivo, mentre va accolto il quarto, con cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in punto di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con eliminazione, dalla decisione del Tribunale di Roma oggetto di impugnazione, della statuizione relativa all’aumento del minimo edittale fino al triplo, di cui anzidetto.
Le spese del presente giudizio di legittimità vanno dichiarate irripetibili, alla luce dell’accoglimento soltanto parziale del ricorso. Per quelle del giudizio di merito, invece, va confermato il governo contenuto nella sentenza impugnata.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibili primo, secondo, terzo e quinto motivo; accoglie il quarto motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, decide la causa nel merito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 384 c.p.c., comma 2, disponendo l’eliminazione, dal dispositivo della sentenza impugnata, dell’aumento fino al triplo del minimo edittale. Conferma il governo delle spese operato dal giudice di merito, in relazione al relativo giudizio. Dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022