LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27118-2020 proposto da:
V.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS, 101, presso lo studio dell’avvocato MARCO MORGANTI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.C.E., L.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA, 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA RITA MARCHESE, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 609/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. V.C. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in unico motivo, avverso la sentenza 28 gennaio 2020, n. 609/2020, pronunciata dalla Corte d’appello di Roma, che, accogliendo il gravame avanzato da L.B. ed D.C.E. contro la sentenza n. 17447/2015 del Tribunale di Roma, ha respinto la domanda della medesima V.C. volta alla riduzione in pristino della porzione di tetto a falda dell’edificio di via *****, trasformata da L.B. ed D.C.E. in terrazzo ad uso esclusivo.
2. Resistono con controricorso L.B. ed D.C.E..
3. La Corte d’appello ha affermato che, alla stregua dell’espletata CTU, la realizzazione della terrazza a tasca, delle dimensioni di ml 2,7 x 2,8, non ha pregiudicato la originaria funzione di copertura del tetto, né altrimenti pregiudicato l’uso della parte comune ex art. 1102 c.c..
4. Il motivo del ricorso di V.C. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., con riferimento al diritto al pari uso della cosa comune ed all’appropriazione di parte della stessa ad opera di L.B. ed D.C.E..
5. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
La ricorrente ha presentato memoria.
6. Il ricorso è inammissibile in quanto la sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame della censura non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.
La più recente interpretazione di questa Corte afferma invero che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali (Cass. Sez. 2, 29/01/2021, n. 2126; Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14107; si vedano anche Cass. Sez. 6 – 2, 04/02/2013, n. 2500; Cass. Sez. – 6-2, 25/01/2018, n. 1850; Cass. Sez. 6-2, 21/02/2018, n. 4256). La Corte d’appello di Roma, sulla base della CTU disposta, ha accertato in fatto che la realizzazione della terrazza a tasca, delle dimensioni di ml 2,7 x 2,8, non ha alterato la originaria funzione di copertura del tetto, né altrimenti pregiudicato l’uso della parte comune ex art. 1102 c.c.. E’ evidente come l’accertamento circa la significatività del taglio del tetto praticato per innestarvi terrazze di uso esclusivo e circa l’adeguatezza delle opere eseguite per salvaguardare la funzione di copertura e protezione dapprima svolta dal tetto è riservato al giudice di merito e, come tale, è censurabile in sede di legittimità non per violazione dell’art. 1102 c.c., ma soltanto nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
7. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022