LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14943-2020 proposto da:
M. COSTRUZIONI S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI n. 14, presso lo studio dell’avv. GIUSEPPE BUCCA, rappresentata e difesa dall’avv. SALVATORE R. QUATTRONE;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA ***** S.R.L., in persona del curator pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ANTONIO SANGIORGI, e domiciliate presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 30/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato M. Costruzioni S.a.s. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Palermo la società ***** S.r.l. per sentirla condannare al risarcimento del danno derivante dai vizi riscontrati nei materiali forniti in esecuzione del rapporto contrattuale intercorso tra le parti.
A seguito del fallimento della convenuta, il giudizio veniva interrotto e la domanda veniva coltivata da M. Costruzioni S.a.s. con istanza di ammissione allo stato passivo del fallimento ***** S.r.l..
Il giudice delegato della procedura rigettava l’istanza.
Avverso detto provvedimento reiettivo interponeva opposizione l’odierna ricorrente, che veniva rigettata dal Tribunale di Palermo con l’ordinanza oggi impugnata, emessa nella resistenza del fallimento ***** S.r.l..
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M. Costruzioni S.a.s., affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso il fallimento ***** S.r.l..
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c..
Inammissibilita, o comunque rigetto, del ricorso.
Con ricorso depositato il 29.07.2016, la M. Costruzioni proponeva opposizione ai sensi della L. Fall., art. 98, avverso il decreto del 29.06.2016, comunicato in pari data, con il quale Giudice Delegato al fallimento della ***** S.r.l. aveva rigettato la domanda con la quale la M. Costruzioni S.a.s. chiedeva di essere ammessa al passivo fallimentare per la somma di Euro 1.390.000 per risarcimento danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dall’inadempimento di ***** S.r.l. al contratto di fornitura di strutture prefabbricate in calcestruzzo concluso tra le parti in data *****. L’opponente assumeva, in particolare, che i materiali forniti da ***** S.r.l. fossero viziati e non idonei, e comunque sprovvisti delle certificazioni necessarie all’uso per il quale essi erano stati acquistati (realizzazione di un manufatto industriale). Si costituiva in giudizio il Fallimento ***** S.r.l. resistendo alla domanda ed eccependo la decadenza della società opponente dalla garanzia per i vizi della cosa venduta, a motivo della tardività della relativa contestazione. Con il provvedimento oggi impugnato il Tribunale di Palermo, all’esito dell’istruttoria esperita, riteneva che il contratto del ***** non fosse stato predisposto da una delle parti, ma fosse frutto della loro libera negoziazione; che le clausole in esso contenute, in tema di responsabilità del fornitore e denuncia dei vizi della cosa venduta, non avessero natura vessatoria; che i vizi fossero stati denunciati per la prima volta dal compratore con comunicazione del *****; che detta denuncia si potesse riferire soltanto ai difetti collocabili, da un punto di vista temporale, successivamente al *****; che la C.T.U. esperita in corso di causa non aveva confermato l’esistenza dei vizi e difetti lamentati dall’opponente, poiché medio tempore l’edificio era stato ultimato. Escludeva quindi la responsabilità del fallimento convenuto, in difetto di prova sul punto, e rigettava la domanda risarcitoria proposta da M. Costruzioni S.a.s..
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M. Costruzioni S.a.s. affidandosi a quattro motivi.
Con il primo di essi, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1241 e 1342 c.c., perché il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere che il contratto fosse frutto della libera contrattazione tra le parti. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta invece la violazione o falsa applicazione degli artt. 1490 e 1229 c.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto l’acquirente decaduto dalla garanzia per i vizi, nonostante che questi ultimi fossero stati sottaciuti dal venditore in mala fede. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatto decisivo, perché il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto la denuncia dei vizi applicabile ai soli difetti verificatisi a partire dal *****; ad avviso della società ricorrente, infatti, il Tribunale avrebbe omesso di tener conto che, per i vizi occultati o riconosciuti dal venditore, non è necessaria la denuncia nel termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta. Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1492 e 2697 c.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non raggiunta la prova dell’esistenza dei vizi della cosa venduta, senza considerare che essa emergeva, in realtà, dall’elaborato peritale redatto dal C.T.U. incaricato di verificare la struttura nel corso del giudizio di merito.
Le quattro censure, che si prestano ad un esame congiunto, sono inammissibili perché con esse la parte ricorrente invoca, in realtà, un riesame della valutazione in punto di fatto compiuta dal giudice di merito, estraneo alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Il Tribunale di Palermo ha ritenuto decisivo il fatto che la C.T.U. avesse “… dato atto dell’impossibilità di effettuare alcuna verifica sui manufatti forniti da ***** S.r.l. stante l’avvenuto completamento della costruzione già alla data del maggio 2017” (cfr. pagg. 6 e 7 della pronuncia impugnata) ed ha escluso, quindi, che l’opponente avesse fornito la prova del vizio presupposto alla domanda in concreto proposta. Ha inoltre evidenziato che “… M. Costruzioni, successivamente alla PEC trasmessa alla ***** in data ***** e, precisamente, tra il luglio 2014 e l’ottobre 2014, ha continuato ad utilizzare i materiali, di cui lamentava l’inadeguatezza, ad eseguire i relativi pagamenti ed, infine, a completare gli interventi strutturali previsti, come rilevato anche dai consulenti dell’Ufficio e confermato dalla “Relazione a strutture ultimate” di cui si è dianzi accennato” (cfr. pagg. 7 ed 8). Ed infine, ha dato atto che l’opponente non aveva formulato domanda di riduzione del prezzo (cfr. ancora pag. 8). Il rigetto della domanda risarcitoria, quindi, è stato la conseguenza di una valutazione di merito, in sé non utilmente sindacabile in questa sede, fondata sugli elementi acquisiti nel corso del giudizio di merito ed influenzata necessariamente dalla scelta difensiva di parte opponente, che non aveva proposto azione di riduzione del prezzo, né si era preoccupato di precostituire la prova della sussistenza dei vizi e difetti lamentati, attraverso una perizia di parte o nelle forme di cui agli artt. 696 e cc. c.p.c., prima di ultimare l’opera alla quale si riferiva la fornitura di materiali per cui è causà.
Il Collegio condivide la proposta del relatore.
La memoria depositata dalla parte controricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto al contenuto del controricorso.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022