Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.295 del 07/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15557-2020 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.

GIANTURCO, 6, presso lo studio dell’avvocato LUIGI DI MONACO, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO CIARROCCHI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 1407/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 17/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso l’ordinanza n. 1407/2019 della Corte d’appello di Ancona, pubblicata il 17 ottobre 2019.

Resiste con controricorso l’avvocato P.C..

La Corte d’appello di Ancona ha accolto l’opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, proposta dall’avvocato P.C. con ricorso depositato il 18 marzo 2019 avverso decreto di liquidazione del compenso del difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato pubblicato il 12 settembre 2018.

Il primo motivo del ricorso del Ministero della Giustizia allega la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, degli artt. 144,160,183,291 e 702 ter c.p.c., e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, in relazione alla nullità della notifica del ricorso in opposizione, giacché notificato all’Avvocatura Generale dello Stato e non all’Avvocatura Distrettuale.

Il secondo motivo di ricorso allega la violazione dell’art. 327 c.p.c., comma 1, per la tardività dell’opposizione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per la manifesta fondatezza del secondo motivo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria.

Non sussistono le ragioni che possano indurre alla riunione del presente giudizio di cassazione con quelli che si individuano nella memoria del controricorrente, giacché la riunione dei procedimenti connessi per identità della questione di diritto, disposta solo in questa sede, non realizzerebbe affatto le esigenze, sottese all’art. 274 c.p.c., di garantire l’economia e la ragionevole durata dei giudizi. Neppure sussistono le ragioni di cui all’art. 374 c.p.c., per rimettere la decisione del ricorso alle sezioni unite.

Il secondo motivo di ricorso è fondato, e l’accoglimento dello stesso assorbe la prima censura.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 1, dispone che le opposizioni ai decreti in tema di spese di giustizia “sono regolate dal rito sommario”. Ciò presuppone che il decreto di liquidazione del compenso – emesso dal giudice ed opponibile innanzi al capo dell’ufficio cui appartiene quel magistrato – debba, di conseguenza, considerarsi equiparato all’ordinanza del giudice monocratico, appellabile ex art. 702-quater c.p.c.. Pertanto, all’opposizione avverso il decreto sulle spese di giustizia è riferibile il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (Corte Cost. n. 106/2016). In assenza di tale notificazione o comunicazione, rimane applicabile, con decorrenza dalla data della pubblicazione del decreto, il termine lungo d’impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo (Cass. n. 16893 del 2018; Cass. n. 32961 del 2019; Cass. n. 5990 del 2020).

Essendo accertata l’inammissibilità per tardività ex art. 327 c.p.c., dell’opposizione proposta dall’avvocato P.C. con ricorso depositato il 18 marzo 2019 avverso il decreto di liquidazione del compenso del difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato pubblicato il 12 settembre 2018, va disposta a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, la cassazione senza rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto il processo non poteva essere proseguito.

L’avvocato P.C. va condannato a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione, non avendo lo stesso svolto attività nel giudizio di opposizione.

Per la natura della pronuncia resa, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, operando tale misura soltanto nel caso del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo motivo e cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata perché il processo non poteva essere proseguito, stante l’inammissibilità dell’opposizione, e condanna P.C. al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022

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