LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16227/2016 proposto da:
Gallerie Commerciali Italia Spa, in persona del procuratore V.P., Sma Spa in persona del procuratore G.D., elettivamente domiciliati in Roma Via Gian Giacomo Porro 8 presso Cgp Studio Legale e Tributario rappresentati e difesi dagli avvocati Camosci Giuseppe, Falcitelli Francesco;
– ricorrenti –
contro
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5586/2015 della COMM.TRIB.REG., LOMBARDIA, depositata il 22/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2021 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.
PREMESSO che:
1.questa Corte, con sentenza 11167/2013, ha cassato con rinvio la decisione della commissione tributaria regionale della Lombardia di accoglimento del ricorso della Sma s.p.a. (già Smafin s.r.l., appartenente al Gruppo Rinascente) e della Gallerie Commerciali Italia s.p.a. contro l’avviso di rettifica e di liquidazione dell’imposta di registro relativo al contratto in data 15 dicembre 2003, di cessione, dall’una a l’altra delle suddette società, di un ramo d’azienda avente ad oggetto l’attività di esercizio di gallerie commerciali in varie località della Marche e comprendente, per quanto più specificamente interessa, sul lato della attività, immobili già appartenuti alla Cedis Migliarini spa, sul lato delle passività, una quota di un debito assunto dalla Smafin nei confronti della Erregest spa – società avente “funzione di soddisfare i bisogni finanziari di tutte le società appartenenti al Gruppo (Rinascente) in forza di un contratto di gestione accentrata della tesoreria” – per un finanziamento – per un totale di oltre 329.387 milioni di lire – concessole nel 1997, al momento dell’acquisto – al prezzo complessivo di circa 258.067 milioni di lire – della totalità delle azioni della Cedis Migliarini. Quest’ultima era stata poi, nel 1998, incorporata dalla Smafin con iscrizione in bilancio di immobilizzazioni materiali corrispondenti al valore degli immobili della incorporata, pari a 225.743 milioni di lire.
La rettifica era basata, oltre che sulla attribuzione di maggior valore all’avviamento – attribuzione ritenuta ingiustificata con sentenza di primo grado, sul punto, definitiva -, sul disconoscimento della passività relativa alla suddetta quota di debito in quanto priva di correlazione con le poste dell’attivo inerenti al ramo ceduto.
Con la ricordata sentenza di cassazione era stato posto il seguente principio di diritto: “in caso di cessione di ramo d’azienda, e ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, il valore complessivo del compendio ceduto non va calcolato semplicemente al netto delle passività che le parti abbiano contrattualmente stabilito di trasferire unitamente al ramo aziendale, ma impone il previo accertamento del requisito della inerenza delle dette passività al ramo medesimo, con onere della prova sulla parte deducente”;
2.con la sentenza in epigrafe, il giudice del rinvio ha ritenuto il requisito insussistente ed ha in toto respinto l’originario ricorso delle contribuenti;
3.queste ultime ricorrono per la cassazione di tale sentenza articolando tre motivi di doglianza:
4. l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo e il secondo motivo di ricorso – il secondo definito “alternativo” al primo – le contribuenti, denunciando la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (primo motivo) e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (secondo motivo), lamentano che la CTR avrebbe deciso senza valutare la loro “copiosa produzione documentale”, costituita da “i bilanci della Smafin per gli anni dal 1997 al 2003”, uno studio di un consulente tecnico “sui caratteri che afferiscono la struttura finanziaria delle società che investono in Italia nel settore immobiliare… l’accordo stipulato tra il gruppo Rinascente e Simon Property Group”, e dalla quale emergerebbe, in primo luogo, “che il valore della partecipazione totalitaria di Smafin nella Cedis Migliarini era pari a 258.067.829.685 ed era stato determinato sulla base del valore dei beni patrimoniali dalla stessa posseduti e non su quello del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio, e che per l’acquisto di tale partecipazione la predetta società Smafin aveva stipulato un contratto di finanziamento con la Erregest spa di importo parti a 239.387.282.881”, in secondo luogo, che “le movimentazioni (di bilancio della Smafin negli anni dal 1997 al 2003 erano) esattamente correlate ai valori di iscrizione in bilancio delle unità immobiliari e dei debiti verso Erregest”, in terzo luogo, che “nella determinazione del ramo di azienda oggetto di cessione era stata inclusa parte della preesistente passività della Smafin relativa al debito finanziario contratto nei confronti della Erregest, quantificata in misura proporzionale al valore alla quota degli immobili inclusi nel ramo medesimo ai quali la stessa era correlata”;
2. la lamentela espressa con i due motivi è inammissibile in quanto non ha riferimento a risultanze documentali specifiche e ben individuate come richiesto agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ma a dati asseritamente ricavabili da una pluralità di documenti richiamati in modo generale e generico. E’ altresì inammissibile perché non tocca la motivata valorizzazione, da parte della CTR, di alcune circostanze e della impossibilità di avere certezza di altre circostanze così da doversi concludere che non vi era (prova di) un “collegamento univoco tra debiti contratti (dalla Smafin) nei confronti di Erregest ed investimenti” in immobili compresi nell’attivo. La Ctr, dato conto del finanziamento concesso dalla Erregest alla Smafin, ha sottolineato che esso lo stesso “non era stato concesso per l’acquisto degli immobili strumentali siti nelle Marche… ma per l’acquisizione della totalità delle azioni della Cedis Migliarini spa”, ha evidenziato che non era possibile – “non è dato sapere” – quali fossero gli immobili posseduti dalla Cedis né il loro valore (e le ricorrenti non hanno allegato che questa possibilità invece vi fosse); ha qualificato come “indimostrato” il criterio mediante il quale la Smafin aveva ripartito contabilmente l’importo dei debiti verso la Erregest al 31 dicembre 2002 imputandone una determinata quota “alle Gallerie Commerciali Italia” ed altre quote a diverse poste attive (a “*****” e “*****”); ha rilevato che non era, “pertanto”, dato “verificare” la imputazione da parte della Smafin della specifica quota del debito contratto verso la finanziatrice con il patrimonio immobiliare della Cedis;
4.con il terzo motivo di ricorso le contribuenti lamentano violazione degli artt. 329 e 346 c.p.c. per avere la CTR disposto il rigetto dell’originario ricorso e così, per converso, integralmente confermato l’avviso di rettifica e liquidazione malgrado che quest’ultimo, per la parte relativa all’avviamento, fosse stato annullato con specifico capo della sentenza di primo grado, non impugnato e passato in giudicato;
5. il motivo è fondato.
Come evidenziato dalle contribuenti e riconosciuto espressamente dall’Agenzia (v. p.13 del controricorso), il ricorso originario ha avuto ad oggetto entrambi i profili della rettifica operata dall’Agenzia, ossia il valore dell’avviamento e l’ammontare delle passività iscritte in bilancio come “debiti verso altri finanziatori”, ed ha trovato accoglimento da parte dei giudici di primo grado la cui sentenza, riguardo al primo dei suddetti profili, è divenuta definitiva perché non impugnata. La CTR, con il respingere l’originario ricorso invece che respingere l’originario ricorso unicamente per quanto lo stesso era riferito alla rettifica delle passività iscritte in bilancio come “debiti verso altri finanziatori”, non ha tenuto conto dei limiti entro cui la controversia le era stata devoluta e ha violato l’art. 329 c.p.c., comma 2, (“L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate”) e l’art. 324 c.p.c. (“S’intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né al regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’art. 395”).
Il motivo in esame va quindi accolto e la sentenza della CTR va, in parte qua, cassata precisandosi che il ricorso originario deve essere rigettato ad eccezione che per quanto concerne la rettifica dell’avviamento;
6. le spese del giudizio sono compensate in ragione, da un lato, del fatto che sui motivi inerenti la questione ancora controversa vi è soccombenza della parte contribuente, dall’altro lato, del fatto che, sull’unico motivo per cui il ricorso è stato accolto, non vi è stata opposizione dell’Agenzia.
PQM
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rigetta l’originario ricorso con eccezione che per quanto relativo alla rettifica del valore dell’avviamento aziendale;
compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 21 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022
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