LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10942/2017 R.G. proposto da:
Comune di Marcianise, in persona del suo Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Enzo Napolano, con domicilio eletto in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 11, presso l’avvocato Angela Fiorentino;
– ricorrente –
contro
De.com S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Bizzarro, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9369/15/16, depositata il 24 ottobre 2016, della Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18 novembre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.
RILEVATO
che:
1. – con sentenza n. 9369/15/16, depositata il 24 ottobre 2016, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello principale del Comune di Marcianise, e quello spiegato in via incidentale da De.com S.r.l., così integralmente confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva parzialmente accolto l’impugnazione di un avviso di accertamento relativo alla Tarsu dovuta dalla contribuente per gli anni dal 2008 al 2011;
– per quel che qui ancora interessa, il giudice del gravame ha condiviso le conclusioni cui erano pervenuti i primi giudici quanto all’esclusione della tassazione per le aree adibite a deposito, rimarcando che la (sopravvenuta) disciplina della Tari, quale applicata nella gravata sentenza, si rendeva legittima in ragione della medesimezza dei presupposti impositivi;
2. – il Comune di Marcianise ricorre per la cassazione della sentenza articolando due motivi di ricorso; la De.com S.r.l. resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, ed alla L. n. 212 del 2000, art. 1, commi 1 e 2, e art. 3, deducendo, in sintesi, che, ai fini della definizione della lite contestata, il giudice del gravame aveva dato applicazione ad una disposizione (art. 1, comma 649, cit.), – concernente un diverso tributo (la TARI) e, per di più, un trattamento di favore avente ad oggetto il divieto di assimilazione per “magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio” di attività produttive di rifiuti speciali non assimilabili, – che, diversamente, avrebbe dovuto ritenersi inapplicabile alla fattispecie, in ragione della irretroattività delle disposizioni tributarie e del principio di stretta interpretazione di quelle recanti agevolazioni;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone anch’esso la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle medesime disposizioni evocate nel primo motivo di ricorso, questa volta sotto il profilo della loro erronea applicazione in astratto, ed indipendentemente dunque da ogni effettivo accertamento dei requisiti rilevanti ai fini dell’estensione del divieto di assimilazione, requisiti integrati dal collegamento funzionale ed esclusivo dei magazzini in questione all’esercizio di attività produttiva di rifiuti speciali non assimilabili;
2. – i due motivi, – che vanno congiuntamente esaminati in quanto connessi, – sono fondati, e vanno accolti;
3. – come in diverse occasioni rimarcato dalla Corte, la causale di esenzione dalla TARSU, posta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, con riferimento alle superfici ove si producono (di regola) rifiuti speciali tossici o nocivi (“allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti”), costituisce deroga alla regola generale (di cui allo stesso D.Lgs. n. 507, cit., art. 62, comma 1) secondo la quale il pagamento del tributo è dovuto da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (v., ex plurimis, Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775), ed integra, pertanto, il contenuto di un’eccezione “i cui presupposti spetterà al contribuente allegare e provare” (così Cass., 19 aprile 2019, 11035);
3.1 – in relazione alla presunzione (iuris tantum) di produzione di rifiuti urbani posta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, cit. (v. Cass., 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459) la Corte ha, poi, rilevato, da un lato, che il mero autosmaltimento dei rifiuti non può integrare la causale di esonero dal pagamento del tributo (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3), – indipendentemente, quindi, dalla considerazione della tipologia oggettiva dei rifiuti prodotti (urbani o speciali) e, per di più, del potere di assimilazione spettante all’Ente locale, – e, per il restante, che, ai fini della tassazione, “non rileva il collegamento funzionale con l’area produttiva, destinata alla lavorazione industriale, delle aree destinate all’immagazzinamento dei prodotti finiti, come di tutte le altre aree di uno stabilimento industriale, tra cui quelle adibite a parcheggio, a mensa e ad uffici, non essendo stato previsto tale collegamento funzionale fra aree come causa di esclusione dalla tassazione” (così Cass., 5 maggio 2010, n. 10813; Cass., 4 dicembre 2009, n. 25573; Cass., 30 luglio 2009, n. 17724; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19461);
– la Corte ha, peraltro, precisato (anche) che lo stabilire se determinati locali di uno stesso edificio, benché destinati ad uffici, depositi, mostre ecc. e non propriamente all’attività produttiva, siano parimenti idonei a produrre rifiuti speciali, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 11 agosto 2004, n. 15517; Cass., 17 febbraio 1996, n. 1242); ed ha rimarcato che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, con riferimento alla nozione di superficie “ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi”, va interpretato nel senso che l’esclusione dalla tassa riguarda la sola “parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali” (Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377; v., altresì, Cass., 24 luglio 2014, n. 16858);
4. – nella fattispecie, il giudice del gravame, così come denuncia il ricorrente, ha dato applicazione ad una disposizione normativa che, diversamente disciplinando la cennata causale di esenzione dal tributo (TARI) con riferimento alle aree produttive “in via continuativa e prevalente” di rifiuti speciali, causale a sua volta estesa a superfici (magazzini di materie prime e di merci) “funzionalmente ed esclusivamente collegati” alle attività produttive di rifiuti speciali non assimilabili, – doveva ritenersi inapplicabile alla res controversa (che riguardava un diverso tributo, la TARSU); e per di più, a detta disposizione ha dato applicazione indipendentemente da ogni effettivo accertamento tanto in ordine al potere di assimilazione, – nel cui contesto si giustifica detta esclusione per le attività produttive di rifiuti non assimilabili, – quanto relativamente agli stessi connotati del collegamento (funzionale ed esclusivo) dei depositi con le attività produttive di rifiuti;
5. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti (ai punti 3. e 3.1).
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022