Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.374 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 183-2021 proposto da:

E.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERENA BRACHETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. R.G. 506/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

E.E., nigeriano, ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Perugia che, pronunciando in sede di rinvio, ne ha respinto il gravame in tema di protezione internazionale;

il Ministero dell’interno ha depositato un semplice atto di costituzione.

CONSIDERATO

che:

I. – il giudizio nel quale la decisione è stata assunta proviene dal rinvio operato da questa Corte con ordinanza n. 11102 del 2019, in esito alla cassazione dell’anteriore sentenza della corte d’appello di Perugia in data 29-5-2018;

per la parte che rileva, questa Corte ebbe ad accogliere le doglianze del ricorrente in punto di motivazione e di mancato adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria, in base alla “forte peculiarità della ripartizione dell’onus probandi nei giudizi di protezione internazionale”;

ebbe quindi a ribadire i consolidati principi secondo i quali (a) il dovere di attivazione del giudice ha come presupposto che il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi della sua personale esposizione al rischio; (b) l’assolvimento di tale onere della parte determina il conseguente potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della protezione internazionale;

secondo l’ordinanza cui si deve il rinvio, non poteva ritenersi corretta e adeguata la decisione del giudice del merito che, nel respingere la richiesta di protezione, si fosse limitata a fornire indicazioni generiche e approssimative sulla situazione del Paese interessato dalla domanda del richiedente;

II. – nel caso concreto l’originaria sentenza della corte territoriale è stata dunque cassata per aver infranto i principi, essendosi limitata all’affermazione per cui non poteva ritenersi dimostrato che il grado di violenza del conflitto armato in corso nella regione di provenienza del richiedente (Benin City) avesse assunto le caratteristiche occorrenti per l’applicazione della protezione internazionale, senza indicazione di alcuna fonte a base del riferimento, e con conseguente “deficit istruttorio”;

la causa è stata rinviata alla medesima corte d’appello per nuovo giudizio;

con la sentenza qui ulteriormente impugnata il giudice del rinvio ha confermato il diniego di protezione uniformandosi ai principi esposti e in particolare osservando che nella zona della Nigeria, dalla quale proviene l’istante, le fonti internazionali specificamente indicate non indicano l’esistenza di fenomeni di violenza indiscriminata tali da giustificare l’applicazione della fattispecie sussidiaria; mentre, con riguardo alla protezione umanitaria, la corte d’appello ha disatteso la tesi dell’impugnante perché le sue dichiarazioni, a proposito del narrato, non erano del tutto attendibili e perché non era emersa l’effettività di un percorso di integrazione nel tessuto socio-lavorativo italiano;

III. – nel ricorso per cassazione si deducono cinque motivi;

il primo (nullità della sentenza per omessa sottoscrizione) è inammissibile poiché il difetto di sottoscrizione è desunto da un unico dato ininfluente, quale quello della mancanza della “coccardina” con la dicitura “firmato da (..)”;

il secondo e il terzo, riferiti alla protezione sussidiaria e rispettivamente relativi all’apparenza o insufficienza della motivazione quanto alla cooperazione istruttoria sul sistema giudiziario nigeriano e sulla situazione di grave instabilità esistente nel Paese, sono inammissibili: la doglianza ancorata ai rischi del sistema giudiziario nigeriano non risulta assistita, nel ricorso, dal necessario livello di autosufficienza una volta che a una simile domanda la sentenza non ha alluso; la doglianza afferente alla grave instabilità della Nigeria è finalizzata alla revisione del giudizio di fatto, dalla corte d’appello correttamente argomentato in esatta consonanza con quanto stabilito nell’ordinanza dalla quale è scaturito il giudizio di rinvio;

il quarto e il quinto, riferiti alla protezione umanitaria, sono egualmente inammissibili;

vi si deduce che la motivazione della sentenza sarebbe apparente e comunque generica o insufficiente a proposito della ritenuta insussistenza di seri motivi umanitari e della vulnerabilità correlata alla integrazione sociale; ma nessuna censura è svolta a proposito della previa valutazione di sostanziale inattendibilità del racconto posto a base della domanda di protezione, e le restanti valutazioni della corte d’appello integrano altrettanti motivati giudizi di fatto, dei quali il ricorrente pretende una revisione notoriamente incompatibile con le caratteristiche del sindacato di legittimità;

IV. – l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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