Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.381 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto. al n. 9364/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

Contro

Costruzioni AV.NI. s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9248/31/15 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata in data 21/10/2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Orfano.

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 9248/31/15, depositata in data 21 ottobre 2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenza delle Entrate avverso la sentenza n. 4221/12/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, con condanna al pagamento delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, il valore di un terreno edificabile della superficie di mq 2.160,00 sito nel Comune di Cesa, oggetto di una compravendita rogata in data 14-11-2011, elevando ad Euro 432.000,00 il valore dichiarato di Euro 100.000,00;

3. la CTP aveva accolto il ricorso della società contribuente per carenza di motivazione dell’atto opposto, sul duplice presupposto che non fossero state allegate le copie degli atti di vendita utilizzati come comparazione, e che per tre dei quattro atti indicati l’Ufficio aveva fatto riferimento a valori accertati e non dichiarati;

4. la CTR aveva rigettato l’appello dell’Agenzia evidenziando, che come rilevato dal giudice di prime cure, l’Ufficio aveva utilizzato per la comparazione, per tre dei quattro atti indicati, valori accertati e non dichiarati, senza tuttavia allegare o riportare il contenuto dei corrispondenti accertamenti in rettifica;

5. avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 11 aprile 2016, affidato a due motivi; la società contribuente rimaneva intimata.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduceva la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto carente di motivazione un avviso di rettifica completo dei riferimenti agli atti utilizzati in comparazione, ben potendo rientrare tra gli altri elementi di valutazione indicati dalla norma anche i valori accertati, e non necessariamente dichiarati, per tali beni, e senza tener conto che per uno dei terreni il valore era quello dichiarato e che per un secondo il valore accertato era comunque divenuto definitivo per mancata opposizione;

2. con il secondo motivo denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR non aveva tenuto conto del fatto che per uno dei terreni il valore utilizzato per la comparazione era quello dichiarato e che per un secondo il valore accertato era comunque divenuto definitivo per mancata opposizione.

Osserva che:

1. Il primo motivo di ricorso merita accoglimento.

1.1 Secondo il costante insegnamento di questa Corte (Cass., Sez. 5, 25 luglio 2012, n. 13110; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2019, n. 4176; Cass., Sez. 5, 19 novembre 2019, n. 29968), l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento, o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notifica.

Con particolare riferimento all’imposta di registro si è precisato che la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle’ ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni utilizzate, ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento. (Vedi Cass. n. 22148 del 2017; Cass. n. 25153 del 2013; Cass. n. 14027 del 2012).

1.2 Per contenuto essenziale si intende, poi, l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono gli elementi della motivazione del provvedimento (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017); questa Corte ha infatti già affermato che “In tema di imposta di registro, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato come parametro di riferimento, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro impiegato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto tenuto in considerazione ai fini della comparazione.”(Vedi Cass. n. 3388 del 2019; Cass. n. 21066 del 2017).

1.3. Nella fattispecie, risulta pacifica la mancata allegazione all’avviso di rettifica degli atti di vendita offerti in comparazione ma, nello stesso tempo, la completezza della descrizione sintetica ivi contenuta in riferimento agli atti utilizzati in termini parametrici, in quanto per ciascuna compravendita sono stati riportati il numero di repertorio e di raccolta, oltre che la data del rogito e del nominativo del notaio rogante, unitamente all’ubicazione, ai dati catastali, alla destinazione, all’estensione ed al valore dichiarato o accertato dei beni, oggetto degli atti utilizzati per la comparazione.

2. Questione controversa resta invece se possa ritenersi sufficientemente motivato un avviso di rettifica che, in parte, faccia riferimento ad atti portati in comparazione i cui valori siano stati accertati dall’Ufficio stesso con distinti ed ulteriori atti, e quindi non corrispondenti a quelli dichiarati ad iniziativa delle parti, senza che a loro volta tali atti siano stati allegati o riprodotti nell’avviso di rettifica che li ha richiamati.

Va premesso che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, pone come criterio di riferimento per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari quello del valore venale degli immobili e, prevedendo la possibilità di avere riguardo ai fini dell’eventuale rettifica del valore dichiarato ” ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni”, non introduce l’utilizzo di un criterio automatico o predeterminato, né impone o specifica che il valore utilizzabile in comparazione debba essere necessariamente quello ab origine dichiarato.

2.1 La ratio della previsione va individuata, infatti, nella mera possibilità, e non nell’obbligo, per l’Amministrazione di supportare l’accertamento con il richiamo ad analoghe valutazioni operate per atti similari, ai fini di un riscontro di omogeneità nella determinazione del valore venale dell’immobile, e quindi nell’indicare al contribuente un idoneo termine di paragone fattuale, e concretamente verificabile, che possa fungere da esemplificazione della valutazione operata, a prescindere dal fatto che quel valore sia stato oggetto di spontanea dichiarazione del contribuente o di un successivo accertamento dell’Amministrazione, sia esso già divenuto definitivo o meno.

2.2. Ne consegue che un avviso di rettifica in tema di imposta di registro deve ritenersi adeguatamente motivato laddove riproduca il contenuto essenziale degli atti utilizzati come termini di comparazione, con la specificazione che trattasi di valori dichiarati o accertati, senza che ne derivi a cascata l’obbligo di allegare o riportare eventuali avvisi di accertamento ad essi relativi.

2.3 Ritenuto assolto in tali termini l’obbligo di motivazione, sarà oggetto di una successiva valutazione di merito la verifica della sufficienza sul piano probatorio degli elementi offerti dall’Amministrazione a sostegno della rettifica, potendosi solo in quella sede tenere conto, sul piano della maggiore o minore attendibilità, del fatto che i valori utilizzati in comparazione siano stati ab origine dichiarati, accertati in sede definitiva o siano ancora sub iudice.

3. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: “In tema di imposta di registro, ai fini del rispetto dell’obbligo di motivazione dell’avviso di rettifica, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 2 e 2 bis, è sufficiente la riproduzione del contenuto essenziale degli atti utilizzati come parametro di riferimento, con la specificazione che trattasi per ciascun atto di valori dichiarati o accertati, senza che da questo derivi un ulteriore obbligo di allegare o riportare eventuali avvisi di accertamento relativi agli atti oggetto di comparazione.”

4. Per le suesposte considerazioni, rilevato che la CTR non ha fatto corretta applicazione di tale principio, accolto il primo motivo di ricorso, ed assorbito il secondo, si impone la cassazione della sentenza e il rinvio ad altra sezione della CTR della Campania per l’esame degli ulteriori motivi sul merito dell’accertamento, e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per l’ulteriore esame, anche per le spese, alla CTR della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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