Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.382 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24592/2017 R.G. proposto da:

Consorzio CO.P.E.C. società cooperativa a.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., elett.te dom.to in Roma alla via Federico Cesi n. 72, presso lo studio dell’avv. Luciana Sabbatucci, da cui è

rapp.to e difeso come da mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1343/14/17 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data 15/3/2017, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 1343/14/17, depositata in data 15 marzo 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dal Consorzio CO.P.E.C. società cooperativa a.r.l. avverso la sentenza n. 21832/6/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con condanna al pagamento delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, il valore di alcuni beni, siti all’interno di un centro commerciale di Roma, oggetto di una compravendita rogata in data 28-6-2011, elevando ad Euro 417.000,00 il valore dichiarato di Euro 321.808,00, sulla base di una valutazione di stima effettuata dall’Agenzia del Territorio allegata e richiamata nell’atto;

3. la CTP aveva rigettato il ricorso, ritenendo attendibile la stima dell’Ufficio; la CTR aveva rigettato l’appello della contribuente sul presupposto che, ai fini della motivazione, fosse sufficiente l’allegazione della perizia di stima ed irrilevante il richiamo a disposizioni di legge abrogate dalla L. n. 88 del 2009, e che, a fronte della pluralità degli elementi indicati nella perizia ed utilizzati per determinare il valore venale del bene, l’appellante avesse formulato delle considerazioni del tutto generiche;

4. avverso la sentenza di appello la contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 13 ottobre 2017, affidato ad un unico motivo; l’Agenzia delle Entrate si costituiva tardivamente ai soli fini di una eventuale partecipazione all’udienza.

CONSIDERATO

che:

1. con un unico motivo la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione di norme di diritto deducendo che erroneamente la CTR aveva ritenuto irrilevante ai fini dell’adeguatezza della motivazione il richiamo a disposizioni di legge ormai abrogate e sufficiente il rinvio alla perizia di stima allegata, facendo inoltre riferimento, come elementi di comparazione, a contratti in realtà non indicati nella perizia di stima allegata.

Osserva che:

1. Il motivo di ricorso risulta inammissibile per difetto di autosufficienza.

1.1. Pur volendo sottacere i profili di inammissibilità di una modalità di deduzione del tutto generica, priva di riferimenti normativi, che si sostanzia nella prospettazione di un elenco di argomentazioni, addossando alla S.C. il compito, ad essa non spettante, di individuare la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, risulta già affermato da questa Corte che “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso. (Vedi Cass. n. 16147 del 2017 e n. 9536 del 2013, nonché Cass. n. 28570 del 2019 in riferimento alla cartella di pagamento), ed ancora che “In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione.” (Vedi Cass. n. 2928 del 2015.

1.2 Ebbene, nella specie la contribuente, pur contestando la valutazione espressa dalla CTR circa l’irrilevanza, ai fini della motivazione, del richiamo a norme ormai abrogate, la sufficienza del rinvio alla perizia di stima allegata, nonché il riferimento operato dalla stessa CTR a contratti utilizzati come comparazione in realtà non indicati nell’atto, omette di riportare nel corpo del ricorso per cassazione la motivazione dell’avviso di rettifica di cui censura la carenza per i profili innanzi indicati, non consentendo così a questa Corte di esprimere il suo giudizio in proposito alla correttezza o meno della valutazione compiuta dalla CTR.

2. Per mera completezza, quanto alla errata indicazione del riferimento normativo, si ricorda che “L’obbligo di motivazione degli atti impositivi, sancito dal cd. Statuto del contribuente, art. 7, deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost.: ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente” (Vedi Cass. n. 11052 del 2018), quale potrebbe essere la mera indicazione di una norma ormai abrogata che non costituisca l’unico presupposto giuridico dell’accertamento.

Quanto al rinvio alla perizia di stima, di cui è pacifica l’allegazione, si evidenzia che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (Cass., Sez. 5, 25 luglio 2012, n. 13110; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2019, n. 4176; Cass., Sez. 5, 19 novembre 2019, n. 29968), l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale -.di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento, o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti. dal contribuente per effetto di precedente notifica.

Del tutto irrilevante poi, ai fini della verifica della motivazione dell’atto impositivo, l’erronea qualificazione eventualmente effettuata dalla CTR, e non dall’ente impositore, rispetto ad alcuni elementi utilizzati in comparazione, potendo al più incidere tale imprecisione sul piano di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, profilo che la contribuente non ha ritenuto di contestare.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

3.1 Nulla sulle spese stante la tardiva costituzione dell’Agenzia delle Entrate.

3.2. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione dichiarata inammissibile.

PQM

La Corte:

dichiara l’inammissibilità del ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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