Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.3853 del 07/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19078-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.R., in qualità di amministratore di sostegno di P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato MATTEO NUZZO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 7/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del FRIULI-VENEZIA GIULIA, depositata il 16/1/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 19/1/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva accolto l’appello di P.F. avverso la sentenza n. 12/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Trieste in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento con il quale era stato attribuito dall’Ufficio finanziario all’immobile di sua proprietà la categoria A1, classe 3;

il contribuente resiste con controricorso, propone ricorso incidentale, affidato a due motivi, ed ha infine depositato memoria difensiva.

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 6, 7, 61 e 62, D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 commi 1 e 2, D.L. n. 70 del 1988, art. 11, comma 1), per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente applicato le indicazioni contenute nell’art. 62 cit., secondo cui la destinazione ordinaria di un’unità immobiliare si accerta con riferimento alle prevalenti consuetudini locali, senza applicare il principio di comparazione tra l’unità immobiliare oggetto di accertamento e l’unità di riferimento scelta come unità tipo per l’attribuzione di specifici dati di classamento;

1.2. con il secondo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.M. 2 agosto 1969, art. 8, R.D. n. 652 del 1939, art. 8 e ss, D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 6, 7, 9,14, 61, D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, lett. e)), per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso che l’immobile del ricorrente potesse essere inserito tra gli immobili cd. di lusso applicando le disposizioni del D.M. 2 agosto 1969;

1.3. con il terzo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61,D.M. n. 701 del 1994, art. 1 comma 2, D.L. n. 70 del 1998, art. 11, comma 1), per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto necessario il sopralluogo dell’unità immobiliare per l’attribuzione del classamento;

1.4. con il quarto motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 63), per avere la Commissione Tributaria Regionale negato rilevanza alla circostanza che parte dell’immobile fosse stato precedentemente classato in A/1;

1.5. con ricorso incidentale il contribuente lamenta nullità della sentenza e violazione di norme di diritto (L. n. 212 del 2000, art. 7), per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di pronunciarsi sull’eccezione dell’appellante relativa alla nullità dell’atto impositivo per mancanza di motivazione, o implicitamente ed erroneamente respinto tale doglianza;

2.1. i motivi del ricorso principale vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi;

2.2. in primo luogo va ribadito che in tema di estimo catastale, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare” corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal D.M. 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato D.M., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali (cfr. Cass. n. 2250/2021, n. 23235/2014);

2.3. in particolare, il D.M. 2 agosto 1969, definisce le caratteristiche delle abitazioni di lusso solo ai sensi e per gli effetti della L. 2 luglio 1949, n. 408, (contenente disposizioni per l’incremento delle costruzioni edilizie), L. 2 febbraio 1960, n. 35, (contenente agevolazioni tributarie in materia edilizia) e L. 7 febbraio 1968, n. 26, (legge di conversione del D.L. 11 dicembre 1967, n. 1150, concernente la proroga dei termini per l’applicazione delle agevolazioni tributarie in materia edilizia) e solo al fine, quindi, di escludere queste abitazioni dalle particolari agevolazioni fiscali e tributarie previste dalle predette norme;

2.4. questa Corte ha così affermato (cfr. sentenza n. 8600 del 2000; conf. ordinanza n. 22310 del 2014) che il carattere non di lusso del fabbricato, per l’applicazione dell’aliquota agevolata di registro sulla “prima casa”, deve essere riscontrato sulla sola base dei criteri indicati dal citato decreto ministeriale, mentre resta priva di autonoma e decisiva rilevanza la classificazione catastale;

2.5. pertanto, la qualificazione in termini di “signorile”, “civile”, “popolare” – di cui alla nota C-1/1022 del 4.5.1994 del Ministero delle Finanze esplicativa delle varie categorie catastali – di un’abitazione costituisce il portato di un apprezzamento di fatto da riferire a nozioni presenti nell’opinione generale alle quali corrispondono specifiche caratteristiche, che sono, pure, mutevoli nel tempo, sia sul piano della percezione dei consociati sia sul piano oggettivo, per il deperimento dell’immobile, o per il degrado dell’area ove lo stesso si trovi (cfr. Cass. n. 22557 del 2008, in motiv.);

2.6. le anzidette caratteristiche non vanno, tuttavia, come si è detto, mutuate dal D.M. 2 agosto 1969 che indica, invece, i diversi parametri in base ai quali stabilire la caratteristica “di lusso” delle abitazioni, e ciò in quanto l’attribuzione della categoria catastale A/1 (Abitazioni di tipo signorile: Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale) non implica, necessariamente, che l’immobile costituisca un’abitazione di lusso (cfr. Cass. n. 7329 del 2014; ed anche, in riferimento al beneficio cd. prima casa, Cass. n. 8502 del 26.9.1996; n. 8600 del 2000; n. 17604 del 2004, che, nell’ipotesi speculare in cui viene in rilievo la qualificazione “di lusso” di un immobile, affermano, appunto, l’irrilevanza della classificazione catastale);

2.7. a seguire, come rimarcato in diverse occasioni dalla Corte, va rilevato che il provvedimento di attribuzione della rendita catastale è un atto che inerisce al bene in una prospettiva di tipo reale, riferita alle caratteristiche oggettive che connotano la sua destinazione ordinaria (cfr. Cass., 30 ottobre 2020, n. 24078; Cass., 14 ottobre 2020, n. 22166; Cass., 10 giugno 2015, n. 12025);

2.8. come, poi, reso esplicito dal dato normativo (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8), l’attribuzione della categoria, – che rientra nel più ampio concetto di classamento dell’unità immobiliare (art. 8, comma 1 cit.), – non è affatto disgiunta dalla considerazione “delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del fabbricato”, posto che la categoria “e’ assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali” e, quindi, ai fini del classamento, deve tenersi conto (anche) del fattore posizionale e di quello edilizio (art. 8, comma 5 e ss.);

2.9. nella fattispecie in disamina, come si evince dalla rievocazione dei fatti di causa da parte della sentenza impugnata e dello stesso ricorso per cassazione, l’attribuzione all’unità immobiliare urbana in questione della categoria A/2 è derivata dall’accertamento peritale disposto dal giudice di secondo grado;

2.10. il consulente tecnico d’ufficio, il cui elaborato è stato riportato in sentenza, aveva descritto analiticamente l’immobile in questione, concludendo argomentatamente per l’assegnazione allo stesso nella categoria catastale A/2 in questione;

2.11. il consulente tecnico d’ufficio, in altri termini, aveva accertato che in base alla situazione di fatto rivestita nell’attualità dall’immobile, quest’ultimo rientrava appunto in tale categoria, indipendentemente dalla categoria superiore ad esso attribuita prima che si verificassero i presupposti dell’aggiornamento DOCFA (“le condizioni attuali dell’immobile, per caratteristiche intrinseche ed estrinseche, impongono tutte di negare all’alloggio la qualifica di signorile ed impongono di attribuire ad esso la qualifica di civile abitazione… Con riguardo allora alle caratteristiche estrinseche si deve evidenziare che l’alloggio trovasi in zona semi periferica, priva di collegamenti pubblici al centro città. Lo stesso è servito da una disagevole strada pubblica di modeste dimensioni ed in cattivo stato ed è inoltre collocato in zona priva di negozi e servizi; è anche sistemato accanto ad un edificio di proprietà comunale destinato a residenza pubblica, peraltro in stato di avanzato degrado. Circa le caratteristiche intrinseche non possono essere ignorate la vetustà dell’edificio, risalente ad un cinquantennio di anni fa; il grado di finitura delle parti comuni assolutamente normale; le dimensioni del vano scale anch’esse normali; la presenza di un ascensore di dimensioni contenute e con fermate al solo pianerottolo intermedio; l’assenza di spazi rilevanti destinati a giardini comuni; la dimensione dei singoli vani dell’unità abitativa, assolutamente normali; l’assenza di spazi di ingresso e di corridoi rilevanti; l’altezza dei soffitti compresa tra cm 280 e cm 305; l’assenza di finitura di pregio quanto a pavimenti e pareti (dipinte a tempera bianca), a serramenti (originali in legno o attuali in alluminio). Trattasi di elementi che nella loro somma indicano chiaramente come l’alloggio del quale si verte non possa considerarsi di lusso”);

2.12. la sentenza impugnata riporta, inoltre, che dalla consulenza tecnica d’ufficio era anche emerso che agli alloggi situati nei condomini vicini era stata attribuita la classe A/2, “financo a quelli compresi nella vicina villa neoclassica Brunner, oggetto di vincolo storico artistico, ristrutturati lussuosamente nell’ultimo decennio” e che non esistevano nella zona cui è riferito l’avviso di accertamento impugnato altri condomini dove fossero compresi alloggi accatastati A/1, rilevando altresì che “il fatto.. che parte dell’alloggio fosse stato precedentemente classato A/1 non… (poteva)… avere… rilievo posto che trattasi di attribuzione risalente a più di 50 anni orsono senza che nel frattempo fosse stato eseguito alcun lavoro di manutenzione straordinaria… (e)… gli alloggi indicati dall’ufficio…(erano)… peraltro molto distanti da quello su cui si verte in zone della città totalmente diverse”;

2.13. a tali circostanze fattuali, emerse all’esito di valutazione analitica, faceva peraltro riscontro la mancata indicazione nell’avviso di accertamento impugnato (trascritto in parte qua nel controricorso), da parte dell’Agenzia delle entrate che vi era onerata, dei dati caratteristici di unità tipo di riferimento, avendo altresì evidenziato la Commissione Tributaria Regionale che l’Ufficio si era basato su di una “visura catastale riportante una superficie totale di mq 332” per il classamento di lusso;

2.14. il requisito della superficie superiore ai 240 mq, tuttavia, attiene in ogni caso ad una fonte normativa (il citato D.M. 2 agosto 1969), preposta non già alla classificazione catastale, ma alla diversa materia delle agevolazioni fiscali (appunto precluse alle abitazioni di lusso) e, segnatamente, dell’agevolazione “prima casa”, laddove l’oggetto del contendere non verte sul carattere “di lusso” dell’abitazione ai fini del riconoscimento di un trattamento fiscale agevolato, bensì sull’attribuibilità ad essa del diverso parametro dell’immobile “signorile”, con conseguente non rilevanza, ai fini decisori, dell’aspetto in esame, perché appunto ritenuto non dirimente, quand’anche in ipotesi risultante in fatto, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata;

2.15. va poi ribadito, con riguardo al deposito da parte dell’Ufficio, in secondo grado, della documentazione relativa all’individuazione dell’unità tipo, che il processo tributario, in quanto diretto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, sicché il giudice tributario non può estendere la propria indagine all’esame di circostanze nuove ed estranee a quelle originariamente invocate dall’ufficio (cfr. Cass. n. 7927/2016, n. 27065/2008);

2.16. nella fattispecie, il giudice del gravame, come dianzi illustrato, ha quindi dato espressamente conto dei connotati tipologici dell’unità immobiliare, identificati secondo l’estensione della relativa superficie, e per sua articolazione interna, ed esterna, – per di più rimarcandone l’ubicazione a poca distanza da altri immobili classati in A/2, – ed a fronte degli accertamenti in questione l’Agenzia ricorrente risolve le sue censure nella mera reiterazione delle difese svolte nei precedenti gradi di merito, senza, così, spiegare in quali effettivi termini abbia difettato la valutazione comparativa, secondo l’unità tipo di riferimento che, diversamente, emerge (proprio) dagli specifici accertamenti operati dal giudice del gravame;

2.16. l’adeguatezza degli elementi di valutazione e delle argomentazioni addotte dalla Commissione Tributaria Regionale a sostegno della ritenuta incongruità del nuovo classamento consente di affermare la correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dall’organo giudicante;

3. stante il rigetto del primo, secondo e quarto motivo di ricorso consegue l’inammissibilità del terzo motivo, relativo a ratio decidendi alternativa, in quanto, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa o invalida impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (cfr. ad es. Cass. n. 9752/2017);

4. il rigetto del ricorso determina, infine, anche l’assorbimento del ricorso incidentale proposto in via condizionata e la conferma della sentenza impugnata con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, per la cui liquidazione si rimanda al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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