Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.393 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20124-2020 proposto da:

ECN 34 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO N. 34, presso lo studio dell’avvocato DARIO MANNA, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE TRANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8129/15/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 31/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

RILEVATO

Che:

la società contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento con cui era stata rideterminata la rendita catastale di un’unità immobiliare (categoria D/1), in variazione della rendita proposta con DOCFA, relativa a nuova costruzione di un impianto fotovoltaico realizzata dalla società ricorrente, titolare del diritto di superficie sull’intero lastrico solare di un capannone industriale, già registrato al catasto, di proprietà di terzi;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente, ritenendo corretto l’operato dell’Ufficio che aveva incluso nella determinazione del valore anche il diritto di proprietà superficiaria, supplementare rispetto a quello dell’impianto fotovoltaico annesso;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello della parte contribuente affermando che la società ricorrente, mediante DOCFA, chiedeva la riduzione della rendita catastale facendo riferimento alla potenza complessiva dell’impianto fotovoltaico ma l’Ufficio rettificava tale stima aggiungendovi il valore unitario del lastrico solare con il metodo della stima diretta attraverso il costo di costruzione o valore di ricostruzione: riferisce la sentenza impugnata che con l’appello proposto non è stata adeguatamente contrastata la determinazione della rendita attribuita con una circostanziata perizia estimativa oppure offerto un’indagine di mercato volta a stabilire l’incongruità e l’errata rettifica operata dall’Agenzia sia nei termini di valore unitario da attribuire al kilowatt sia nei termini di non valorizzazione del lastrico solare;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 68, per avere la sentenza impugnata determinato una rendita catastale incongrua e dovendosi ritenere che al lastrico solare dotato di impianto fotovoltaico andrebbe più correttamente attribuita la categoria catastale F/5.

Il motivo di impugnazione è inammissibile.

Le doglianze della società contribuente, infatti, sono esposte in maniera confuse, affestellando in un unico, complesso, motivo di impugnazione, diverse doglianze tra loro sostanzialmente indipendenti; soprattutto tali doglianze, pur formalmente volte a denunciare una violazione di legge, investono in realtà il merito strettamente tecnico della lite e sono pertanto insuscettibili di poter essere valutate in Cassazione, in quanto con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021): nella specie la parte contribuente propone una ricostruzione del merito della lite che prescindendo dal confutare quella effettuata dal giudice di merito attraverso motivazioni giuridiche, pretende di sostituirsi ad essa.

Secondo questa Corte, inoltre, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., SU, n. 23745 del 2020);

in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 14986 del 2021; Cass. n. 3340 del 2019).

Deve altresì rilevarsi che, per contestare tali circostanze fattuali affermate dalla Commissione Tributaria Regionale, la ricorrente fa riferimento a elementi fattuali e strettamente tecnici che non sono trascritti nel corpo del ricorso, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso stesso: in effetti, il principio di autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione dei fatti funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass. n. 24340 del 2018; Cass. n. 17070 del 2020).

Il motivo di impugnazione pertanto difetta altresì di specificità, in quanto fondato su emergenze non conoscibili in questa sede e ciò solo basta a rendere non scrutinabile la prospettazione di nullità, peraltro priva di lineare comprensibile sviluppo giuridico; né la “qualitas” della questione legittima accertamenti nuovi in sede di legittimità (Cass. n. 8943 del 2021).

Pertanto, ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile; la condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 6.000, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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