LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15211/2017 proposto da:
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Dalmazia n. 10, presso lo studio del Dott. Menna Alfonso, rappresentata e difesa dagli avvocati Pasca Alessandro, Pasca Filiberto, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** S.r.l.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 316/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 14/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/11/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.
FATTI DI CAUSA
1. – Con citazione notificata il 17 novembre 1999 ***** s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Salerno, Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. per sentire dichiarata la nullità di alcune clausole (specificamente relative alla determinazione dell’interesse convenzionale e alla capitalizzazione) del contratto di conto corrente di cui erano parti essa attrice e la convenuta, oltre che per sentire rideterminato il credito della stessa istante verso la banca.
All’udienza del 30 marzo 2000 ***** ha depositato copia del contratto di cessione del credito da essa vantato nei confronti della banca in favore della società Distilleria F. e ha precisato che, a seguito della detta cessione, il proprio credito si era ridotto a Lire 36.887.944.
Con sentenza del 3 ottobre 2006 il Tribunale di Salerno ha accolto la domanda dell’attrice e condannato la banca convenuta al pagamento della somma di Euro 52.413,06, oltre interessi legali dalla domanda.
2. – I due appelli proposti da ***** e da Banca Monte dei Paschi di Siena avverso detta sentenza sono stati respinti.
Per quanto qui rileva la Corte di Salerno ha rilevato che, a seguito della cessione, il giudizio era proseguito tra le parti originarie, con conservazione della legittimazione della società cedente, che aveva assunto la qualità di sostituto processuale della cessionaria. La nominata Corte ha inoltre escluso potesse trovare accoglimento l’eccezione di compensazione proposta dalla banca nei confronti della cessionaria Distilleria F.: ha evidenziato, al riguardo, che, per un verso, il mezzo di difesa era stato fatto valere nei confronti di un soggetto che non aveva partecipato al giudizio di primo grado; ha rilevato, per altro verso, che l’eccezione di compensazione doveva ritenersi comunque inammissibile ex art. 345 c.p.c., essendo stata svolta per la prima volta in appello.
3. – Contro la nominata sentenza ricorre per cassazione, con un unico motivo, la Banca Monte dei Paschi di Siena. *****, intimata, non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Viene denunciato l'”(o)messo esame della modifica della domanda attorea”. Osserva la banca che a seguito della produzione in giudizio del contratto di cessione del credito intercorso tra ***** e Distilleria F., la prima aveva modificato la domanda chiedendo l’accertamento parziale del proprio credito restitutorio con conseguente determinazione dello stesso nella residua somma di Lire 36.887.944, o nell’altra misura da determinarsi con riferimento alla L. n. 108 del 1996. L’istante aggiunge che ***** aveva inoltre domandato che, a fronte del presunto credito vantato dalla banca (nei confronti della cessionaria), venisse operata la compensazione tra le rispettive ragioni di credito e debito. Deduce, in sintesi, che la controparte aveva espressamente invocato in suo favore gli effetti dell’atto di cessione, limitato la pretesa all’importo ceduto e richiesto che l’importo riconosciuto in proprio favore venisse compensato col maggior credito della banca nei confronti di Distilleria F..
2. – Il motivo è inammissibile.
Esso si fonda sulle conclusioni che ***** avrebbe rassegnato in primo grado: conclusioni che non risultano riprodotte se non riassuntivamente, in modo tale da non consentire un puntuale accertamento della loro portata ai fini che qui interessano. Si rammenta che la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181): la prospettazione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude, infatti, che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (così Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).
Mette conto comunque di rilevare che, come giustamente rammentato dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, la cessione di credito determina la successione a titolo particolare del cessionario nel diritto controverso, cui consegue, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., la valida prosecuzione del giudizio tra le parti originarie e la conservazione della legittimazione da parte del cedente, in qualità di sostituto processuale del cessionario, anche in caso d’intervento di quest’ultimo fino alla formale estromissione del primo dal giudizio, attuabile solo con provvedimento giudiziale e previo consenso di tutte le parti (Cass. 22 ottobre 2009, n. 22424). Non risultava, pertanto, alcuna preclusione a che il Tribunale pronunciasse condanna in favore dell’attrice.
D’altro canto, è vero che, secondo una giurisprudenza, peraltro risalente, di questa Corte, nel caso di trasferimento, per atto tra vivi ed a titolo particolare, del diritto controverso nel corso del processo, l’alienante, che rimane in causa quale sostituto processuale, può validamente rinunciare all’azione e determinare la cessazione della materia del contendere, con effetti anche nei confronti del sostituito, sempre che quest’ultimo non sia intervenuto nel processo, e salva l’eventuale azione separata dello stesso sostituito per i danni conseguenti (Cass. 9 agosto 1973, n. 2280). E’ altrettanto vero però che – volendosi prescindere da ogni ulteriore approfondimento della questione, rispetto alla quale la dottrina si è espressa in senso critico – nella fattispecie in esame non viene in essere una rinuncia (parziale) all’azione. La banca ha dedotto, infatti, che *****, a seguito della cessione, avrebbe invocato una pronuncia in cui si desse conto della compensazione tra il credito di Distilleria F. nei confronti di essa banca e il credito di quest’ultima verso la nominata cessionaria: tale compensazione presuppone l’accertamento del credito azionato dall’attrice e detto accertamento, sebbene finalizzato alla neutralizzazione di altro diritto di credito (piuttosto che al conseguimento di un titolo esecutivo) esclude una volontà dismissiva della società correntista. Per il resto, è del tutto evidente che i giudici di merito non potessero tener conto della deduzione circa la compensazione, visto che essa è stata formulata da un soggetto diverso dal titolare dalla posizione debitoria che si contrapponeva al credito azionato in giudizio e che non era quindi legittimato a farla valere.
3. – Nulla è da statuire in punto di spese processuali.
PQM
La Corte;
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022