LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30383-2020 proposto da:
D.S., quale titolare dell’omonima ditta individuale ”
D.S.”, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIOLA PROIETTI CORAGGI;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO CATALANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORELLA FRASCONA’;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 191/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
che:
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Modena, ha dichiarato l’illegittimità della variazione di rischio effettuata dall’Inail nei confronti di D.S., quale titolare della ditta individuale “Autotrasporti D. di D.S.” con riguardo al lavoratore De.Fe., confermando, invece, la correttezza dei certificati di variazione e la conseguente sussistenza dell’obbligazione contributiva (in seguito al ricalcolo del premio dovuto all’ente previdenziale) con riguardo al lavoratore S.I., irregolarmente occupato per periodi e orari non dichiarati agli enti preposti.
2. La Corte territoriale, per quel che interessa, ha ritenuto accertato lo svolgimento di attività di autista del lavoratore S. non solo sulla base delle dichiarazioni dei lavoratori ma altresì dei cronotachigrafi a suo tempo (il 6/4/2017 nel corso del giudizio di primo grado) depositati dall’ente previdenziale (contestati dall’impresa, solamente in maniera generica ed ipotetica, con le note conclusive in primo grado, ossia dopo la celebrazione di tre udienze successive al deposito dei documenti), che sono sufficienti a far superare le incertezze derivanti dalla natura del mezzo istruttorio (la testimonianza di un collega di lavoro a propria volto coinvolto nella vertenza previdenziale) e dalla sua stessa verbalizzazione (trattandosi di deposizione, resa in maniera estremamente sintetica); in ordine al parco mezzi utilizzato dall’azienda, la Corte territoriale ha rilevato la mancata contestazione, nell’atto di appello, della ricostruzione (di ampliamento dei mezzi nel corso del tempo) effettuata dalla sentenza di primo grado.
3. Avverso la sentenza la D. ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, illustrato da memoria, e l’Inail ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2697 c.c., art. 416 c.p.c., comma 3, art. 115 e 116 c.p.c., (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per avere, la Corte territoriale, valorizzato – con riguardo alla posizione del lavoratore S. – dei documenti (cronotachigrafi) non compresi tra i mezzi di prova di cui l’Inail aveva dichiarato, in memoria di costituzione, di volersi avvalere, documenti che, in ogni caso, non avevano alcun valore probatorio né indiziario non essendo riferibili alla ditta D. e riportando dati inesistenti e/o inverosimili, ed essendo mancata la prova dell’elemento essenziale della soggezione del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
2. Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), nonché motivazione apparente avendo, la Corte territoriale, confermato la decisione di primo grado fornendo una motivazione apparente in ordine al profilo della attendibilità/non attendibilità dei testimoni escussi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione svolti dall’impresa (dovendosi ritenere attendibili i soli testi della Ditta, in quanto non avevano alcun interesse all’esito della lite).
3. Con il terzo motivo si denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per avere, la Corte territoriale, ritenuto accertato un ampliamento del parco mezzi della ditta a fronte della mera mancata contestazione (da parte della ditta) della suddetta allegazione dedotta dall’Inail, ignorando le contestazioni della ditta, omettendo di valutare la prova testimoniale sul punto e ponendo a base della decisione il lacunoso Verbale Unico di Ispezione prodotto dall’Inail.
4. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione, sono inammissibili.
5. In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr. tra le altre Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 4699 e 26769 del 2018; Cass. n. 1229 del 2019; v., da ultimo, pure Cass. n. 24395 del 2020 nonché cfr. Cass. Sez. U. n. 11892 del 2016, Cass. Sez. U. n. 20867 del 2020).
6. Va, inoltre, rilevato che il controllo di logicità del giudizio di fatto e’, nella presente fattispecie, consentito alla luce dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione successiva alla novella introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, conv. nella L. n. 134 del 2012, trattandosi di sentenza depositata dopo il giorno 11 settembre 2012; come precisato dalle Sezioni Unite (n. 8053 del 2014) e’, in tal caso, denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. E tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. In particolare, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 22232 del 2016).
7. La Corte distrettuale ha rilevato, con riguardo alla posizione del lavoratore S., che le dichiarazioni dei testimoni e l’acquisizione dei cronotachigrafi (depositati dall’Inail nel corso del giudizio di primo grado e contestati dalla ditta tardivamente e in via “generica e per così dire ipotetica”) dimostravano l’adibizione del lavoratore a mansioni di autista, e, con riguardo al parco mezzi utilizzato dalla ditta, che “e’ chiara infatti e non contestata in parte qua la sentenza (di primo grado) laddove ricostruisce le dotazioni della D. nei termini di cui appresso… motrice con rimorchio, per poi ampliare nel corso del tempo il parco mezzi con autotreni, trattori e rimorchi” (essendo irrilevante la produzione, per giunta tardiva, da parte della ditta della documentazione relativa ad un mezzo utilizzato). Non e’, quindi, ravvisabile alcuna lacuna o contraddizione motivazionale secondo il parametro del c.d. minimo costituzionale attualmente imposto dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche volendo tralasciare il pur decisivo profilo di difetto di specificità in ordine alla dedotta tardiva produzione dei cronotachigrafi, mancando del tutto la trascrizione del verbale di udienza dove è stata eccepita la suddetta irregolarità nonché l’indicazione della esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio.
8. Inoltre, la violazione dell’art. 2697 c.c., è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, avendo – la Corte territoriale – utilizzato le fonti di prova testimoniale e documentale acquisite in giudizio le quali, una volta introdotte sono definitivamente acquisite alla causa, dovendo il giudice utilizzarle indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell’onere probatorio (Cass. Sez. U. n. 28498 del 2005; da ultimo Cass. n. 5409 del 2019, Cass. n. 28368 del 2021; non pertinente risulta il richiamo, da parte del ricorrente, della sentenza n. 10343 del 2020, che ha risolto il diverso profilo della dissociazione tra allegazioni in fatto contenute nell’atto di costituzione e documentazione prodotta).
9. Infine, questa Corte ha affermato che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova, con la conseguente inammissibilità di una tardiva produzione documentale volta a confutarla, salva soltanto l’eventuale “remissione in termini” (cfr. tra le tante Cass. n. 16467 del 2017; Cass. n. 21239 del 2019).
10. L’eccezione di giudicato esterno rappresentata dalla sentenza, passata in giudicato, del Tribunale di Modena 21.1.2021 n. 30 tra D.S. e Inps (eccezione sollevata dal ricorrente nella memoria ex art. 380 bis c.p.c.), non è fondata: invero, è consolidato il principio in virtù del quale l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti di terzi rimasti estranei al processo presuppone che tali soggetti non siano titolari di un rapporto autonomo rispetto a quello su cui è intervenuto il giudicato, mentre tra potestà accertativa dell’ispettorato del lavoro e diritti ed obblighi inerenti un rapporto di lavoro subordinato sussiste un reciproco rapporto di autonomia, che fa qualificare come res inter alios acta, rispetto a ciascuna delle due posizioni, il giudicato intervenuto nel giudizio inerente all’altro rapporto (Cass. n. 849 del 2004; Cass. SS. UU. n. 6523 del 2008; Cass. n. 23045 del 2018, Cass. n. 11539 del 2020).
11. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile; le spese di lite sono regolate come in dispositivo, secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..
12. Poiché il ricorso per cassazione è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022
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