Condominio negli edifici, apertura di un varco nel muro perimetrale, legittimità, eccezioni

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.4072 del 09/02/2022

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Condominio negli edifici, apertura di un varco nel muro perimetrale, legittimità, eccezioni

In tema di condominio negli edifici, l'apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino è consentita, quale uso più intenso del bene comune, con eccezione del caso in cui tale varco metta in comunicazione l'appartamento del condomino con altra unità immobiliare attigua, pur di proprietà del medesimo, ricompresa in un diverso edificio condominiale, poiché in questo caso il collegamento tra unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2595/2017 R.G. proposto da:

C.A., c.f. *****, elettivamente domiciliato in Roma, alla via Ugo De Carolis, n. 98, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Mascione, che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Giuseppe Triolo, lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

M.G., c.f. *****, elettivamente domiciliato in Roma, alla via M. Prestinari, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Patrizia Marino, che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Marc De Col, lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.

– controricorrente –

e CONDOMINIO “*****”, p.i.v.a. ***** – *****, in persona dell’amministratore pro tempore.

– intimato –

e M.E., c.f. *****;

– intimato –

e M.J., c.f. *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1901 – 10.5/22.8.2016 della Corte d’Appello di Venezia;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 9 novembre 2021 del Consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso al Tribunale di Belluno depositato il 22.11.2010 C.A., proprietario dell’appartamento al secondo ed ultimo piano del fabbricato sito in *****, proponeva impugnazione avverso la deliberazione dell’assemblea del condominio in data 22.10.2010 e conveniva in giudizio l’amministratore del condominio nonché M.G., proprietario degli appartamenti al piano terra ed al primo piano del fabbricato, ed M.E. e M.J., proprietari di due cantine ricomprese nel medesimo stabile.

Esponeva che l’assemblea era stata invalidamente costituita ed invalidamente aveva deliberato.

Esponeva che l’assemblea, con il suo voto contrario, aveva autorizzato M.G., il quale con voto a favore aveva partecipato alla deliberazione benché avesse dovuto astenersi siccome in conflitto d’interessi, a ripristinare l’apertura di una porta idonea a porre in collegamento il pianerottolo del secondo piano con il fienile attiguo al fabbricato condominiale, di proprietà esclusiva del medesimo M.G..

Esponeva che l’assemblea, con il suo voto contrario, aveva autorizzato M.E. e M.J., i quali con voto a favore avevano partecipato alla deliberazione benché avessero dovuto astenersi siccome in conflitto d’interessi, a rimuovere i contatori dell’acqua – tra cui anche quello di sua spettanza, oggetto di una servitù a favore dell’appartamento di sua esclusiva proprietà – collocati all’interno di una delle due cantine di loro proprietà e ad installare quattro nuovi contatori nel vano comune delle scale.

Chiedeva dichiararsi la nullità o pronunciarsi l’annullamento della deliberazione dell’assemblea condominiale del 22.10.2010 e condannarsi i convenuti al ripristino dello status quo ante, qualora si fosse dato corso ai lavori.

2. Resisteva il condominio, in persona dell’amministratore pro tempore.

Resisteva M.G..

Resistevano M.E. e M.J..

3. Con sentenza n. 202/2014 il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva di M.G., di M.E. e di M.J. e rigettava le domande tutte proposte dal ricorrente.

4. Proponeva appello C.A..

Resistevano l’amministratore del condominio, M.E. e M.J..

Resisteva M.G..

5. Con sentenza n. 1901 dei 10.5/22.8.2016 la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Evidenziava la corte – con riferimento al primo motivo d’appello – che non sussistevano gli estremi dell’addotta nullità del primo dictum per difetto ovvero per “apparenza” della motivazione, siccome la motivazione “resa risulta(va) perspicua ed esaustiva” (così sentenza d’appello, pag. 11).

Evidenziava altresì – la corte – che l’assemblea in data 22.10.2010 aveva deliberato con le prescritte maggioranze, “tanto dei condomini come del valore dell’edificio” (così sentenza d’appello, pag. 13).

Evidenziava poi che non si ravvisavano gli estremi del conflitto d’interessi.

Evidenziava segnatamente che “la riapertura di una porta già esistente, che non altera(va) l’utilizzo del pianerottolo condominiale, e la semplice proposta di spostamento dei contatori, comunque non decisionale, non potevano arrecare pregiudizio al condominio e nemmeno al condomino, il quale non poteva lamentare la violazione né la costituzione di alcun diritto reale” (così sentenza d’appello, pag. 14).

Evidenziava ancora – con riferimento al quarto motivo d’appello – che correttamente il tribunale aveva reputato preclusa, “per la scadenza dei relativi termini processuali”, la produzione di talune fotografie, tanto più che trattavasi di documentazione irrilevante.

Evidenziava infine che risultava inammissibile il giuramento decisorio, siccome vertente su valutazioni giuridiche non già su circostanze di fatto.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso C.A.; ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

M.G. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

L’amministratore del condominio del fabbricato di ***** non ha svolto difese.

Del pari non hanno svolto difese M.E. e M.J..

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c., e art. 132 c.p.c., n. 4; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la corte d’appello per nulla ha indicato quale prova deponga nel senso che il fienile faccia parte del condominio e che, in ogni caso, non vi è prova alcuna, né documentale né orale, che depone nel senso che il fienile è parte del condominio.

Deduce inoltre che ha errato la corte di merito a reputare che la doglianza circa l’appartenenza del fienile al condominio non avesse rilievo, siccome i condomini M. sono portatori della maggioranza.

Deduce infine che la corte distrettuale ha del tutto contraddittoriamente opinato, per un verso, per l’appartenenza del fienile al condominio, per altro verso, per l’estraneità del fienile al condominio, allorché, in sede di calcolo delle maggioranze, ha puntualizzato che M.G. è proprietario unicamente dell’appartamento posto al piano terra e dell’appartamento posto al primo piano.

9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2373 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1362 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che ha errato la corte territoriale a disconoscere il conflitto d’interessi.

Deduce segnatamente, in ordine al ripristino dell’apertura della porta idonea a porre in collegamento il pianerottolo del secondo piano con l’attiguo fienile di esclusiva proprietà di M.G., che costui era all’evidenza portatore di un interesse contrario e confliggente con quello del condominio, viepiù che la riapertura della porta avrebbe impedito l’utilizzo che egli ricorrente da tempo faceva della parete.

Deduce segnatamente, in ordine alla rimozione dei contatori dell’acqua collocati in una delle due cantine di proprietà di M.E. e di J., che non vale ad escludere l’impugnabilità in parte qua della Delibera la circostanza per cui non fosse al riguardo contemplato alcun impegno di spesa.

10. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c.; la nullità dell’ordinanza in data 27.9.2011 e la nullità della sentenza.

Deduce che ha errato la corte d’appello a reputare preclusa, in prime cure, la produzione delle fotografie idonee a dar conto dell’avvenuta riapertura della porta di collegamento tra il pianerottolo del secondo piano ed il fienile esterno al fabbricato condominiale.

Deduce segnatamente che i lavori di ripristino della porta sono stati eseguiti dopo la scadenza dei termini per la formulazione di istanze istruttorie.

Deduce segnatamente che in primo grado ha sollecitato la nomina di un c.t.u., affinché procedesse alla descrizione dei lavori eseguiti.

11. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che ha errato la corte di merito, allorché ha reputato corretto il primo dictum nella parte in cui il tribunale aveva opinato per l’esclusiva legittimazione passiva dell’amministratore del condominio.

Deduce che la riapertura della porta è senza dubbio atta a dar vita ad una situazione di servitù a vantaggio del fienile di proprietà esclusiva di M.G. ed a carico del bene comune, sicché è senz’altro idonea ad incidere sui diritti che egli ricorrente vanta sul bene comune.

Deduce che la rimozione del contatore di sua spettanza è senza dubbio atta a compromettere la servitù di cui la sua proprietà esclusiva fruisce a carico di una delle cantine allo stato di proprietà di M.E. e J..

Deduce quindi che la corte di merito non ha tenuto conto della legittimazione passiva, quanto meno concorrente, dei condomini M.G., E. e J., viepiù che ha domandato il ripristino dello status quo ante.

12. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 905,1108,1117,1120 e 1136 c.c. e dell’art. 67 disp. att. c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che, in mancanza di tabelle millesimali e di regolamento condominiale, la corte distrettuale, alla stregua del mero riferimento al numero delle unità immobiliari, non ha esplicitato le ragioni per cui ha reputato inconferente la doglianza relativa al calcolo delle maggioranze.

Deduce che l’errore in cui è incorsa la corte territoriale viepiù rileva se si tiene conto che i lavori deliberati vanno considerati, ai fini del computo delle maggioranze, “innovazioni”; che la costituzione di una servitù a carico del bene comune richiede il consenso di tutti i condomini; che il potere deliberativo dell’assemblea non può estendersi ai beni di proprietà individuale, quale il suo contatore dell’acqua.

13. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 233 c.p.c. e dell’art. 2739 c.c..

Deduce che, contrariamente all’assunto della Corte di Venezia, il giuramento decisorio è stato deferito a M.G. ed all’amministratore del condominio su fatti puntuali e non già su valutazioni in diritto.

14. I rilievi, che la delibazione dei motivi tutti di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei medesimi mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono fondati e meritevoli di accoglimento nei limiti che seguono.

15. Il vizio di motivazione “apparente” – con specifico riferimento al primo motivo – ricorre quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762; Cass. 24.2.1995, n. 2114).

Ebbene, siffatta “anomalia motivazionale” è senz’altro riflessa dalle scarne ed apodittiche affermazioni alla cui stregua la corte di merito ha respinto il primo motivo d’appello ed ha ritenuto che il tribunale correttamente “aveva dato per provato e riconosciuto che anche il fienile facesse parte del condominio” (così sentenza d’appello, pag. 12).

Invero, per nulla vale a dar ragione dell’iter logico – giuridico seguito la successiva affermazione della corte distrettuale secondo cui “la situazione dominicale esposta in sentenza (di prime cure) risulta(va) documentalmente rispondente alle singole titolarità” (così sentenza d’appello, pag. 12).

16. E’ – del pari con specifico riferimento al primo motivo – senza dubbio “erronea”, giacché si risolve in un patente “error in iudicando”, l’ulteriore affermazione della corte territoriale secondo cui, in ogni caso, la doglianza relativa all’appartenenza o meno del fienile al condominio era “irrilevante”, siccome i condomini M.G., E. e J. esprimevano “ex se la maggioranza del condominio anche a voler prescindere dalla suddetta parte rurale” (così sentenza d’appello, pag. 12).

In parte qua, infatti, va appieno recepita e condivisa la censura del ricorrente (cfr. ricorso, pag. 9) a tenor della quale l’assemblea condominiale non può né deliberare in pregiudizio delle porzioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini né deliberare in pregiudizio della proprietà comune ed a vantaggio di proprietà privata estranea – si assume – al condominio, quale nella specie il fienile di proprietà esclusiva di M.G. (cfr. Cass. 27.8.1991, n. 9157, secondo cui, in tema di condominio di edifici, i poteri dell’assemblea non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda; Cass. 22.7.2004, n. 13780; Cass. 14.12.2007, n. 26468. Cfr. Cass. 6.2.2009, n. 3035, secondo cui, in tema di condominio negli edifici, l’apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino è consentita, quale uso più intenso del bene comune, con eccezione del caso in cui tale varco metta in comunicazione l’appartamento del condomino con altra unità immobiliare attigua, pur di proprietà del medesimo, ricompresa in un diverso edificio condominiale, poiché in questo caso il collegamento tra unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato. Vedasi dell’art. 1108 c.c., comma 3).

17. L'”anomalia motivazionale” e “error in iudicando” teste’ posti in risalto non solo assorbono il profilo di censura concernente la pretesa “contraddittorietà della motivazione”, veicolato infine dal primo motivo, ma assorbono pur la censura, veicolata dal secondo motivo, concernente l’erroneo omesso riscontro del conflitto d’interessi in cui versava – si adduce – M.G., allorché ebbe a prender parte alla deliberazione assembleare in data 22.10.2010 per il punto all’o.d.g. afferente al ripristino dell’apertura della porta idonea a collegare l’attiguo fienile con il pianerottolo del secondo piano (cfr. Cass. 16.5.2011, n. 10754, secondo cui, in tema di validità delle delibere assembleari condominiali, sussiste il conflitto d’interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio).

18. E’ da respingere, viceversa, il profilo di censura, parimenti veicolato dal secondo motivo, concernente l’erroneo omesso riscontro del conflitto d’interessi in cui versavano – si adduce – M.E. e J., allorché ebbero a prender parte alla Delib. Assembleare 22 ottobre 2010, per il punto all’o.d.g. afferente alla rimozione dei contatori dell’acqua collocati all’interno di una delle due cantine di loro proprietà.

19. Si è anticipato che in parte qua la Corte di Venezia ha reputato che l’impugnata deliberazione assembleare ha avuto valenza di “semplice proposta di spostamento dei contatori, comunque non decisionale” (così sentenza d’appello, pag. 14).

Evidentemente, al riguardo, il ricorrente sollecita questa Corte – in verità, in spregio agli oneri di specificità e di “autosufficienza”, poiché non risulta riprodotto il testo (quanto meno per il profilo che in proposito rileva) della delibera – ad una diversa “lettura” della medesima deliberazione (del resto il ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 1362 c.c.).

20. In questi termini non possono che formularsi i rilievi che seguono.

Per un verso, sovviene l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto e, più in generale, degli atti di autonomia privata si risolve in una indagine riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.Lgs. n. 83 del 2012, per omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novello art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355), novello articolo applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Per altro verso, l’interpretazione patrocinata – in parte qua – dalla Corte veneziana è immune non solo da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” destinata ad acquisire significato in rapporto alla (novella) previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, ma è immune pur da qualsivoglia “error” suscettibile di assumer rilievo in rapporto alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

21. L'”anomalia motivazionale”, sub specie di motivazione “apparente”, e l'”error in iudicando”, correlantesi all’irrilevanza (postulata dalla corte lagunare) dell’appartenenza o meno del fienile al condominio, di cui si è dapprima dato conto, assorbono altresì la censura, veicolata dal terzo motivo, concernente la mancata ammissione, siccome, a giudizio della corte di seconde cure, tardiva ed irrilevante, della documentazione fotografica specificamente idonea, a giudizio del ricorrente, a fornir dimostrazione dell’esecuzione dei lavori di riapertura della porta in epoca posteriore alla scadenza dei termini per la formulazione delle istanze istruttorie.

22. D’altro canto, occorre tener conto – con specifico riferimento al quarto motivo – che il presente giudizio ha avuto origine sub specie di impugnazione della deliberazione dell’assemblea condominiale in data 22.10.2010.

Sovvengono quindi gli insegnamenti di questa Corte.

In primo luogo, l’insegnamento a tenor del quale la rappresentanza in giudizio del condominio spetta inderogabilmente, a norma dell’art. 1131 c.c., all’amministratore nominato dall’assemblea dei condomini, nei limiti delle attribuzioni indicate dalla legge (art. 1130 c.c. (tra cui la previsione del comma 1, n. 1)) o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento o dall’assemblea, restando in facoltà del singolo condomino di intervenire nella lite solo “ad adiuvandum”, come portatore di un interesse proprio, e non come rappresentante del condominio ancorché delegato dall’assemblea condominiale (cfr. Cass. 8.8.1989, n. 3646; Cass. 27.10.2020, n. 23550, secondo cui l’amministratore di condominio può resistere all’impugnazione della Delib. Assembleare riguardante parti comuni (e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, tenuto conto dei poteri demandatigli dall’art. 1131 c.c.), giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore).

In secondo luogo, l’insegnamento a tenor del quale la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio in tema di azioni negatorie o confessorie servitutis sussiste tutte le volte in cui sorga controversia sulla esistenza e sulla estensione di servitù prediali costituite a favore o a carico dello stabile condominiale nel suo complesso o di una parte di esso, in quanto in tali ipotesi le servitù medesime vengono esercitate o subite indistintamente da tutti i condomini e non singolarmente da ciascuno di essi (cfr. Cass. 29.4.1982, n. 2717; Cass. 26.2.1996, n. 1485, secondo cui, riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio sussiste anche nel caso in cui l’azione sia diretta ad ottenere la rimozione di opere comuni).

In terzo luogo, il limite della legittimazione processuale passiva dell’amministratore di condominio, costituito, a norma dell’art. 1131 c.c., dall’inerenza delle azioni proposte “alle parti comuni” dell’edificio, deve essere inteso in modo da ricomprendere nel concetto di “parti comuni” qualsiasi bene, anche se non condominiale, rispetto al quale venga in considerazione un interesse che i condomini vantino o ritengano di poter vantare in quanto tali (cfr. Cass. 5.4.1982, n. 2091; cfr. altresì Cass. 19.1.1985, n. 145, secondo cui il limite della legittimazione processuale passiva dell’amministratore del condominio, costituito, a norma dell’art. 1131 c.c., dall’inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell’edificio, deve essere inteso in senso estensivo).

In questo quadro va condivisa e reiterata l’affermazione della corte di merito, che, in sede di disamina dell’ottavo motivo d’appello, ha reputato corretto il dictum del tribunale, che, a sua volta, aveva opinato nel senso che legittimato passivo in via esclusiva fosse l’amministratore del condominio, siccome le questioni trattate concernevano le “parti comuni” dell’edificio (cfr. sentenza d’appello, pag. 16).

23. L'”anomalia motivazionale”, sub specie di motivazione “apparente”, e l'”error in iudicando” – di cui si è data contezza in sede di disamina del primo motivo – assorbono inoltre il profilo di censura, veicolato dal quinto motivo, concernente l'”inconferenza”, postulata dalla corte distrettuale (cfr. sentenza d’appello, pag. 14), della doglianza relativa al computo delle maggioranze limitatamente alla deliberazione dell’assemblea condominiale in punto di autorizzazione all’apertura della porta di collegamento (ben vero, il ricorrente ha rimarcato che in ordine alla censurata costituzione di servitù a carico della proprietà comune vi è violazione dell’art. 1108 c.c., comma 3: cfr. ricorso, pag. 19).

24. E’ – invece – fondato e meritevole di accoglimento il profilo di censura, veicolato dal quinto motivo, concernente l'”inconferenza” – del pari postulata dalla corte distrettuale – della doglianza relativa al computo delle maggioranze limitatamente alla deliberazione dell’assemblea condominiale in punto di rimozione dei contatori dell’acqua.

Permane, si, impregiudicata, alla stregua dei rilievi dapprima enunciati, l’affermazione della Corte di Venezia, secondo cui l’assemblea condominiale si è al riguardo limitata a formulare una mera proposta, priva di valore “decisionale”.

E nondimeno, pur in siffatti termini “minimali”, meramente “propositivi”, è fuor di dubbio che la possibilità di incidere sul diritto di servitù di cui C.A. si prospetta titolare, servitù consistente nella facoltà di mantenere, a vantaggio della sua unità immobiliare, i contatori dell’acqua che alla sua unità immobiliare ineriscono, in una delle due cantine allo stato di proprietà di M.E. e J., non può che richiedere il concorso della volontà dello stesso C.A..

Rilevano a tal proposito le indicazioni giurisprudenziali di cui in precedenza si è fatta menzione (il riferimento è a Cass. 27.8.1991, n. 9157, a Cass. 22.7.2004, n. 13780, ed a Cass. 14.12.2007, n. 26468).

25. L'”anomalia motivazionale”, sub specie di motivazione “apparente”, e l'”error in iudicando” – di cui innanzi si è dato riscontro – assorbono il profilo di censura, veicolato dal sesto motivo, concernente la mancata ammissione del giuramento decisorio con riferimento alla riapertura o meno della porta di collegamento.

26. L’impregiudicata affermazione della Corte di Venezia, secondo cui l’assemblea condominiale si e’, in data 22.10.2010, limitata a formulare una mera proposta, priva di valore “decisionale”, relativamente alla rimozione dei contatori dell’acqua collocati all’interno di una delle due cantine, allo stato, di proprietà di M.E. e J., assorbe il profilo di censura, al contempo veicolato dal sesto motivo, concernente la mancata ammissione del giuramento decisorio con riferimento all’esecuzione o meno dei lavori di rimozione dei contatori.

27. In accoglimento, quindi, del primo motivo di ricorso e del quinto motivo, nei limiti surriferiti, di ricorso la sentenza n. 1901/2016 della Corte d’Appello di Venezia va – nei limiti anzidetti, appunto – cassata con rinvio alla medesima corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

28. In dipendenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso ed (in parte) del quinto motivo di ricorso anche a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), all’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, del principio di diritto – cui ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, negli stessi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte dapprima citati (cfr. paragrafi n. 16 e n. 24).

29. In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit..

PQM

La Corte così provvede:

accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso ed, in parte, il quinto motivo di ricorso;

cassa in relazione e nei limiti dei motivi accolti la sentenza n. 1901/2016 della Corte d’Appello di Venezia e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

rigetta il secondo motivo, in parte, di ricorso ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo motivo, in parte, di ricorso, il terzo motivo di ricorso, il quinto motivo, in parte, di ricorso ed il sesto motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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