Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.408 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1228/2015 R.G. proposto da:

B.S., B.M.L., C.G., e C.M.C., con domicilio eletto in Roma, Piazza Capponi, n. 16, presso lo studio dell’avvocato Carlo Cermignani, rappresentati e difesi dall’avvocato Gaetano Barone, e dall’avvocato Angela Barone;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, ope legis domicilia;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 950/13, depositata il 18 novembre 2013, della Commissione tributaria Centrale di Palermo;

udita la relazione della causa svolta, nella Camera di consiglio del 17 novembre 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 950/13, depositata il 18 novembre 2013, la Commissione tributaria Centrale di Palermo ha rigettato il ricorso proposto da B.G., B.S. e B.M.L. avverso la decisione della Commissione tributaria di secondo grado di Ragusa che, – rigettando l’appello principale proposto dall’Ufficio del registro e quello spiegato, in via incidentale, dalle contribuenti, – aveva integralmente confermato la pronuncia di primo grado che, a sua volta, aveva rideterminato il valore di due terreni, oggetto di dichiarazione di successione (ai nn. d’ordine ***** e *****), in morte di Ba.Sa., e di rettifica da parte dell’Ufficio del registro, e confermato l’accertamento di valore operato dall’Ufficio a riguardo del cespite indicato al numero d’ordine ***** di detta dichiarazione;

1.1 – il giudice del gravame, – nel confermare, a sua volta, le conclusioni cui era pervenuta la gravata sentenza, – ha ritenuto che il ricorso delle contribuenti prospettava censure generiche e infondate e, nello specifico, non considerava, con particolare riferimento al terreno di cui al ***** della dichiarazione di successione, quanto già rilevato dai primi giudici in ordine all’ubicazione, conformazione e capacità produttiva di detto terreno;

2. – B.S., B.M.L., C.G. e C.M.C., – questi due ultimi quali eredi testamentari di Ca.Sa., a sua volta unico erede della originaria ricorrente B.G., – ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria;

– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26, deducendo, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva confermato il valore, rideterminato dalle pronunce di primo e di secondo grado, dei terreni oggetto della dichiarazione di successione al n. d’ordine *****, – terreni questi, peraltro, già unitariamente valutati nella perizia di stima sommaria dell’Ufficio, – in quanto venivano, così, in considerazione terreni che, – costituiti in autonome particelle catastali e dichiarati, quanto a quelli agricoli, secondo il valore pari a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto, – per lo più non avevano destinazione edificatoria e che, pertanto, rimanevano soggetti al criterio di valutazione automatica costituito dal reddito dominicale;

– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 634 del 1957, al D.P.R. n. 218 del 1978, alla L.R. Sicilia n. 1 del 1984, ed al D.M. 2 aprile 1968, sull’assunto che, – esponendo, tanto la dichiarazione di successione quanto la stessa stima sommaria dell’Ufficio, distinte, ed autonome, particelle connotate da diversa destinazione urbanistica, agricola e industriale, non si giustificava l’accertamento di valore (unitariamente) operato dal giudice del gravame, – con riferimento alla capacità produttiva agricola oltreché all’appetibilità commerciale di terreni che, in ragione della loro ubicazione (prossimità alla fascia costiera) e conformazione (in lieve declivio), avrebbero potuto essere destinati ad “insediamenti residenziali per villeggiatura” (e tanto che “terreni simili e viciniori spuntano, nei ricorrenti negozi di compravendita, prezzi alquanto elevati”), – in quanto la rilevata appetibilità commerciale rimaneva preclusa dalla specifica destinazione agricola dei terreni e, pertanto, implicava una modificazione dei vigenti strumenti urbanistici;

– col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti denunciano omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, deducendo che l’accertamento di valore (equitativamente) operato, quanto ai terreni oggetto della dichiarazione di successione al n. d’ordine *****, si poneva in contrasto con un atto di cessione che, – concluso tra il dante causa di essi esponenti ed il Consorzio ***** in data *****, – esponeva un valore al mq. pari a Lire 1.518 (a fronte del valore di Lire 2.124 in concreto attribuito ai terreni); valore, quello, che si correlava al pattuito prezzo di cessione laddove i giudici di merito avevano (diversamente) valorizzato anche indennità (di occupazione), e maggiorazioni (in favore di coltivatori diretti), non incidenti sul valore venale dei terreni;

– il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, espone la denuncia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sull’assunto che, – in relazione ai cespiti oggetto di dichiarazione di successione ai numeri d’ordine ***** e *****, – l’accertamento di valore era stato operato dall’Ufficio sulla base di una relazione di stima sommaria, così che, rilevando detta relazione quale mera “perizia di parte, priva del valore di atto pubblico”, – i giudici del merito avrebbero dovuto ponderarne l’attendibilità laddove il riscontro probatorio era stato condotto in termini apodittici e senz’alcuna verifica delle effettiva concludenza dimostrativa di un siffatto accertamento di valore;

2. – i primi due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto connessi per la medesima quaestio iuris di fondo che li connota, – sono fondati e vanno accolti;

3. – il D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26, comma 5 (come novellato dalla L. 17 dicembre 1986, n. 880, art. 8, comma 1) disponeva (ratione temporis) che “Non sono sottoposti a rettifica il valore degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto”; disposizione, questa, inapplicabile, però, ai “terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.”;

3.1 – a riguardo dell’applicazione del criterio di valutazione automatica posto da detta disposizione, la Corte ha già rilevato che:

– la stessa lettera e la ratio della disposizione, qualora oggetto del trasferimento siano beni aventi caratteristiche diverse, impone “di distinguere un bene dall’altro per apprezzarne la natura e, in ipotesi, la destinazione edificatoria”;

– “Ai fini dell’indagine che l’ufficio tributario, prima, e il giudice, poi, debbono compiere, ha valore decisivo la circostanza che oggetto del trasferimento siano beni accatastati in particelle diverse, perché l’applicazione del criterio di valutazione automatica, per quanto riguarda i terreni, si basa sul reddito dominicale il quale viene attribuito a ciascuna particella”;

– così che: a) – la valutazione automatica prevista dalla disposizione in esame dovrà trovare senz’altro applicazione nei confronti di aree “comprese in autonome particelle catastali aventi un proprio reddito dominicale”; b) – qualora oggetto di trasferimento sia una pluralità di terreni, la valutazione automatica, – possibile, come detto, “per le aree comprese in autonome particelle, che non abbiano destinazione edificatoria”, – è senz’altro inammissibile quando anche solo una parte della particella abbia tale destinazione edificatoria, “perché in tal caso, non essendo possibile frazionare il reddito dominicale, senza previamente procedere al frazionamento della particella, manca il presupposto per potere applicare il criterio di cui si tratta” (così Cass., 28 marzo 2000, n. 3700);

3.2 – nella fattispecie, così come deducono i ricorrenti, – e per vero emerge dalla stessa gravata sentenza, – la (unitaria) valutazione, ai fini dell’accertamento di valore, è stata condotta, – con riferimento ai terreni esposti in dichiarazione di successione (al n. d’ordine *****), rilevandosi l’esistenza di “culture irrigue a pieno campo”, oltreché che detti terreni ricadono (anche) “in zona agricola”; con ciò senza distinguere, ai fini di detto accertamento di valore, le autonome particelle con proprio reddito dominicale e, per quel che più rileva, senza accertare in quali effettivi termini (ed estensione) i terreni oggetto di dichiarazione (al ridetto *****) erano interessati da una destinazione urbanistica edificatoria (per la cui identificazione v., con riferimento a Cass. Sez. U., 30 novembre 2006, nn. 25505 e 25506, ex plurimis, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27604; Cass., 10 agosto 2016, n. 16936; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4116; Cass., 7 novembre 2012, n. 19225; Cass., 10 dicembre 2010, n. 24982; Cass., 10 giugno 2008, n. 15282);

4. – mentre l’esame del terzo motivo di ricorso rimane assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi, – atteso che la questione relativa all’accertamento di valore potrà essere riproposta, davanti al giudice di merito, in esito al rinvio che consegue dall’accoglimento di detti motivi, ed all’accertamento che, così, ne risulta demandato al giudice del rinvio, – il quarto motivo deve ritenersi inammissibile;

4.1 – il motivo di ricorso in esame si risolve, in buona sostanza, nella richiesta di una (non consentita) rivalutazione, nel merito, degli accertamenti operati dal giudice del gravame; rivisitazione, questa, che oltretutto tende ad eludere gli stessi limiti di ammissibilità di censure sul vizio di motivazione della gravata sentenza (art. 348 ter c.p.c., comma 4; v. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) così, finendo per devolvere all’esame della Corte i contenuti dell’accertamento che, secondo il regime della cd. doppia conforme, ha formato oggetto delle decisioni di merito;

– per di più, come rimarcato dalle Sezioni Unite della Corte, la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che la censura involgente gli elementi istruttori valutati non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n.,27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);

5. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia (v. Cass., 8 aprile 2009, n. 8491; Cass., 14 aprile 2002, n. 6937; Cass., 22 ottobre 2001, n. 12886; Cass., 18 luglio 1996, n. 6476) che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia, con riferimento ai profili della lite tutt’ora in contestazione tra le parti (accertamento di valore relativo al cespite indicato al numero d’ordine ***** della dichiarazione di successione), attenendosi ai principi di diritto sopra esposti (ai punti 3.1 e 3.2).

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo motivo, inammissibile il quarto, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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