Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.411 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20195/2020 proposto da:

D.K., rappresentato e difeso dall’avvocato Giorgia De Biasi, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 842/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 842/2020 pubblicata il 5-03-2020 la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello proposto da D.K., cittadino della Guinea, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di aver lasciato definitivamente il suo Paese per un problema familiare con lo zio, che lo aveva picchiato e fatto arrestare. La Corte d’appello ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Guinea, descritta con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Con ordinanza interlocutoria pubblicata il 29-7-2021 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione di particolare importanza in tema di protezione umanitaria rimessa con ordinanza di questa Corte n. 28316/2020.

4. All’esito della pubblicazione della sentenza n. 24413/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte, il ricorso è stato nuovamente fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso sono così rubricati:”I. Art. 360 c.p.c., n. 3): Violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonché in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. i) e art. 3, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 6; II. Art. 360 c.p.c., n. 3): Violazione e falsa applicazione art. 2 Cost. e art. 3 della CEDU; III. Art. 360 c.p.c., n. 3): Violazione artt. 6 e 13 della CEDU e art. 47 Carta dei diritti fondamentali della UE; IV. Art. 360 c.p.c., n. 3): artt. 10/16 Direttiva 2013/32/UE, già direttiva 2005/85/CE; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27".

2. I motivi primo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.1. Il ricorrente si duole del mancato esperimento di attività istruttoria d’ufficio, richiamando una serie di pronunce di questa Corte, deducendo del tutto genericamente che la Corte d’appello ha richiamato solo un report del 2017/2018 (primo motivo) e asserendo che da altri report, non indicati, risulterebbe una situazione di instabilità politica con guerriglie armate in varie parti del Paese.

Con i motivi terzo e quarto il ricorrente si duole nuovamente del mancato esperimento di attività istruttoria d’ufficio, nonché della violazione del principio dell’onere probatorio attenuato, svolgendo una serie di considerazioni di carattere generale e richiami a pronunce di questa Corte e della Corte di Giustizia, senza che sia esplicitata in modo chiaro una critica specifica al decisum.

Le censure, infatti, sono del tutto generiche ed astratte, sono avulse dal collegamento con il percorso argomentativo della sentenza impugnata e, sotto l’apparente denuncia del vizio di violazione di legge e motivazionale, sono in realtà dirette a sollecitare il riesame del merito. La Corte d’appello ha evidenziato in dettaglio, con motivazione adeguata e facendo applicazione dei parametri legali di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 3, profili di inverosimiglianza e contraddittorietà del narrato (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). L’art. 3 citato obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019).

Il ricorrente contrappone, peraltro in modo non lineare e chiaro, la propria ricostruzione dei fatti narrati a quella effettuata dai giudici di merito e si duole dell’omessa attivazione dei doveri istruttori ufficiosi, che, invece, non vi è ragione di effettuare, una volta esclusa la credibilità della vicenda personale allegata (tra le tante Cass. n. 3340/2019 e Cass. n. 27336/2018).

2.2. Sono inammissibili anche le censure relative al diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c). La Corte di merito, indicando le fonti di conoscenza (pag. 4 e 5 della sentenza), ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di origine del ricorrente, e la doglianza si risolve in un’impropria e inconferente critica a detto accertamento fattuale, mediante il richiamo di fonti neppure compiutamente indicate.

3. Il secondo motivo è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.

3.1. Sono inammissibili le doglianze riferite al giudizio di non credibilità, che il ricorrente propone, ancora una volta, in modo del tutto generico e privo di attinenza al decisum sul punto.

3.2. E’ meritevole di accoglimento la censura relativa al diniego della protezione umanitaria, nella specie disciplinata dal regime anteriore a quello introdotto dal D.L. n. 113 del 2018. Il ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia preso in adeguata considerazione il fatto che egli ha stabile occupazione ed è regolarmente retribuito. Richiama alcune pronunce di questa Corte in cui si afferma che occorre effettuare il giudizio di comparazione tra la situazione del richiedente in Italia e quella in cui si troverebbe in caso di rimpatrio, considerato il contesto dell’area di provenienza, ove sia al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello stato della dignità personale 3.3. Con la recente sentenza n. 24413/2021, le Sezioni Unite di questa Corte, nel ribadire quanto già affermato con la precedente sentenza n. 29459/2019 circa i caratteri di concretezza ed effettività connotanti il giudizio di comparazione, hanno ulteriormente chiarito che i due termini di raffronto sono legati in senso inversamente proporzionale tra loro. In particolare, il maggior grado di integrazione in Italia ovvero le condizioni di vita ben integrate e documentate da parte dello straniero determineranno un minor peso della condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, e ciò in quanto la persona ben integrata e radicata, ove rimpatriata, potrebbe subire un effettivo scadimento delle condizioni di vita personali, familiari e lavorative, con il conseguente probabile vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU. Il giudizio di comparazione, dunque, dovrà essere effettuato tenendo conto della necessaria correlazione tra gli elementi sopra indicati in rapporto di proporzionalità inversa, mediante attribuzione ai rispettivi fattori di comparazione di un diverso peso nel senso precisato, non potendo porsi su un piano di equivalenza le documentate condizioni di integrazione e la situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine. L’indagine andrà condotta alla stregua del disposto dell’art. 8 CEDU, ossia occorrerà verificare se sussista il profilo di vulnerabilità legato alla comparazione tra il contesto economico, lavorativo e relazionale che il richiedente troverebbe rientrando nel paese di origine e le condizioni di integrazione dal medesimo raggiunta in Italia nel tempo necessario al compimento dell’esame della sua domanda di protezione in sede amministrativa e giudiziaria. A tal fine, eccezion fatta per le ipotesi di radicale incertezza sulla identità o nazionalità stessa del richiedente, non è di ostacolo al riconoscimento del beneficio domandato la ritenuta non credibilità del racconto della vicenda personale reso dal richiedente asilo, dovendosi apprezzare le conseguenze del rimpatrio sulla base delle condizioni generali del Paese di origine correlate alla sua posizione individuale.

Occorre altresì precisare che, in tema di protezione complementare di diritto nazionale, di protezione umanitaria in regime transitorio o di protezione speciale introdotta dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, sul giudice del procedimento incombe il dovere di cooperazione istruttoria, che attiene alla prova dei fatti e non alla loro allegazione, previsto in tema di esame delle domande di protezione internazionale, ai sensi dell’art. 4 della Direttiva CE 13.12.2011 n. 95, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3,D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e stesso D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9 e art. 27, comma 1 bis, limitatamente alle circostanze concernenti la situazione sociale, economica o politica del Paese di provenienza del richiedente e non, quindi, relativamente alle circostanze attinenti alla integrazione sociale, culturale, lavorativa e familiare del richiedente asilo in Italia.

In definitiva e in sintesi, alla stregua dei principi affermati con la citata recente pronuncia delle Sezioni Unite, i giudici di merito dovranno accertare: i) se il richiedente abbia dimostrato di aver raggiunto un apprezzabile livello di integrazione in Italia (influendo “..nel giudizio sulla vulnerabilità, non solo il rischio di danni futuri legati alle condizioni oggettive e soggettive che il migrante (ri)troverà nel paese d’origine – ma anche il rischio di un danno attuale da perdita di relazioni affettive, di professionalità maturate, di osmosi culturale riuscita..” così Cass. S.U. 24413/2021 citata); ii) in caso di positivo accertamento del primo requisito, se il ritorno nel paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU, e da far ritenere perciò sussistente un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. Imm, e ciò mediante comparazione tra la situazione del Paese di origine e il grado di integrazione in Italia da effettuarsi in rapporto di proporzionalità inversa.

3.4. Nel caso di specie, la Corte di merito ha dato atto che il ricorrente ha dimostrato l’integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano (in dettaglio descritta nella sentenza impugnata- pag. 6), nonché ha dato atto che nel Paese di origine il richiedente ha una figlia, pervenendo alla conclusione dell’assenza di vulnerabilità, all’esito del bilanciamento tra le varie situazioni allegate dalla parte. Pertanto, la Corte d’appello non ha effettuato il giudizio comparativo secondo i principi di cui si è detto, atteso che ha valutato su un piano paritario i fattori di raffronto.

4. In conclusione, il secondo motivo va accolto nel senso precisato, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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