Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.4214 del 09/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7919-2017 proposto da:

L.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Secchi 9, presso lo studio dell’avv. Valerio Zimatore, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 732, presso lo studio dell’avv. Elvira Riccio, rappresentato o e difeso dall’avv. Vincenzo Nesci;

– controric. e ric.inc. –

avverso la sentenza n. 1429/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/10/2021 dalla consigliera Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– la signora L.L. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro che ha riformato la sentenza del tribunale di Catanzaro in relazione alle spese di lite;

– il contenzioso tra le parti inizia con la notifica del decreto ingiuntivo effettata da P.C. a L.L. ed B.A. per il pagamento di Euro 57.097,20 oltre accessori, richiesti in base a dichiarazioni sottoscritte dai coniugi ingiunti per prestiti onerosi;

– questi ultimi proponevano opposizione chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo con la rideterminazione dell’importo dovuto;

– nel giudizio di opposizione si costituiva il creditore opposto P. che eccepiva l’infondatezza dell’opposizione;

– all’esito del giudizio di prime cure l’adito tribunale in accoglimento dell’opposizione revocava il decreto ingiuntivo condannando L.L. (deceduto il B. nel corso del giudizio) al pagamento della minore somma di Euro 12.911,42 oltre interessi e condannando il creditore opposto alla rifusione delle spese di lite;

– a seguito di gravame da quest’ultimo proposto, la corte d’appello di Catanzaro ha riformato la sentenza impugnata in relazione alla statuizione sulle spese osservando che la condanna dell’opponente, seppure ad una somma ridotta rispetto al quantum richiesto, avrebbe dovuto comportare la compensazione delle spese di lite e non la condanna della parte creditrice di somme alla rifusione integrale delle spese di lite;

– la corte contestualmente ha rigettato la domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata formulata dalla L. sia per difetto della soccombenza totale del P. sia per mancanza in capo ad esso del presupposto della malafede e della colpa grave;

– il giudice d’appello ha quindi deciso, in parziale riforma della sentenza gravata, di compensare le spese per entrambi i gradi di giudizio nella misura di un mezzo con condanna dell’opponente L. per il residuo mezzo a favore del P.;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla L. con ricorso affidato ad un unico articolato motivo, cui resiste con controricorso P.C. proponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 96 c.p.c., commi 2 e 3, per avere la corte territoriale riformato la statuizione del primo giudice sull’integrale condanna alle spese a carico del creditore opposto P. nonostante l’accertata non debenza della somma esorbitante il dovuto e proditoriamente richiesta dallo stesso con il decreto ingiuntivo;

– si censura altresì la mancata applicazione nei confronti del P. della sanzione prevista dall’art. 96 c.p.c., commi 2 e 3, nonostante l’accertata malafede dello stesso costituente ad avviso della ricorrente sostanzialmente oggetto di giudicato;

– la censura è infondata sia con riguardo al profilo della disposta compensazione per metà in ragione della parziale soccombenza dell’attore sostanziale, sia in relazione alla richiesta applicazione dell’art. 96 cod. proc civ.;

– con riguardo alla operata compensazione per un mezzo delle spese di lite essa costituisce applicazione del generale principio (cfr. Cass. 21684/2013; id. 3438/2016; id. 10113/2018; id. 1268/2020) secondo cui rientra fra i presupposti per la compensazione l’accoglimento solo parziale della domanda attorea, come effettivamente avvenuto nel caso di specie;

– con riguardo alla violazione dell’art. 96 c.p.c., costituisce presupposto ineludibile per l’applicazione della sanzione disciplinata dall’invocato art. 96 c.p.c. la condizione di “soccombente” della parte nei cui confronti la sanzione per responsabilità aggravata è invocata, come si desume inequivocabilmente dal tenore letterale del disposizione in esame che così recita:

“1. Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave il giudice, su istanza della parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.

2. Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito 1 provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziato compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni dell’attore al creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.

3. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativa determinata”;

– come già affermato da questa Corte, la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicché non può farsi luogo all’applicazione della norma quando non sussista il requisito della totale soccombenza per essersi verificata soccombenza reciproca (cfr. Cass. 21590/2009; id. 7409/2016; id. 24158/2017);

– tale presupposto della soccombenza totale del P. non ricorre nel caso di specie, essendo egli stato riconosciuto creditore seppure di somma inferiore e avuto l’appello fondamento in relazione alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado;

– l’infondatezza del primo profilo della censura sull’applicazione dell’art. 96 c.p.c. rende inammissibile per difetto di interesse la censura in ordine alla contestazione della valutazione operata sulla mala fede e colpa grave del P., essendo la ritenuta ratio decidendi della mancanza della soccombenza totale idonea da sola a giustificare il rigetto della domanda di accertamento della responsabilità aggravata (cfr. Cass. Sez. Un. 7931/2017; Cass. 11493/2018);

– passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo si deduce l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omessa disamina e omessa considerazione dell’assegno di lire 15.000.000, relative ad altro prestito effettuato a favore dei coniugi L.- B. ed oggetto della domanda di restituzione, assegno allegato dall’opposto alla memoria ex art. 183 c.p.c. nel giudizio di primo grado e ribadito nelle richieste svolte nel giudizio d’appello;

– la censura è infondata perché l’assegno de quo è stato preso in considerazione dalla corte territoriale, come riconosce, peraltro, lo stesso ricorrente incidentale a pagina 11 del controricorso e del ricorso incidentale;

– non è perciò ravvisabile alcuna omessa motivazione né omessa disamina da parte della corte d’appello bensì, diversamente, la considerazione che l’assegno in oggetto non poteva essere considerato perché oggetto di tardiva produzione documentale, essendo stato esibito in allegazione alle osservazioni alla ctu e, quindi, dopo la scadenza dei termini per le integrazioni documentali (cfr. pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata);

– con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere il giudice d’appello condannato la signora L.L. all’integrale rifusione delle spese e competenze del giudizio stante la sostanziale soccombenza dell’odierna ricorrente rispetto alla domanda attorea ed alla luce della impugnazione concernente l’assegno di lire 15.000.000;

– la censura è assorbita nel rigetto del primo motivo del ricorso incidentale essendo stata respinta la doglianza fondata sull’omessa considerazione dell’assegno per l’importo di Euro 15.000.000;

– in conclusione, entrambi i ricorsi, quello principale e quello incidentale devono essere respinti, con compensazione delle spese di lite;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, -, da parte della ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 7 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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