LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19077/2019 proposto da:
K.M.S., elettivamente domiciliato in Roma V.le Delle Milizie 38, presso lo studio dell’avvocato Paravani Stefania, e rappresentato e difeso dall’avvocato Nanula Valentina, per procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 32/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 10/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 32/2019 pubblicata il 10-01-2019 la Corte d’appello di Salerno ha respinto l’appello proposto da K.M.S., cittadino del Bangladesh, avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese per timore di essere ucciso dal padre della sua fidanzata, che era contrario alla loro relazione sentimentale ed era sostenitore del partito *****. La Corte d’appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, considerato che i motivi di espatrio era afferenti alla sfera personale e familiare e che dalle ricerche effettuate non era emersa alcuna criticità circa i rapporti tra le due religioni, coesistenti in modo pacifico.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.
3. Con ordinanza interlocutoria pubblicata il 2-9-2021 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione in tema di protezione umanitaria rimessa con ordinanza di questa Corte n. 28316/2020.
4. All’esito della pubblicazione della sentenza n. 24413/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte, il ricorso è stato nuovamente fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa, a cui ha allegato documentazione (estratto contributivo INPS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi di ricorso sono così rubricati: “I. Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per non avere la Corte d’Appello di Salerno, Sezione Civile, assolto all’onere di cooperazione istruttoria gravante in capo all’autorità giudiziaria adita nella materia che ci occupa; II. Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 5, comma 6 e art. 19 TUI, per non avere la Corte d’Appello di Salerno, Sezione Civile riconosciuto al richiedente la protezione internazionale per motivi umanitari, in ragione del livello di integrazione e di radicamento raggiunto nel nostro Paese, nonché dell’attuale situazione interna del Paese di origine del richiedente”. Con il primo motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, per non avere la Corte di merito assolto all’obbligo di cooperazione istruttoria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Deduce che il racconto della sua vicenda personale era stato lineare, puntuale, preciso e scevro da contraddizioni, che da diversi siti internet risultava che il Bangladesh era caratterizzato da limitazioni dei diritti civili e da compromissione dei diritti umani fondamentali, in particolare alla libertà sessuale, di riunione pacifica e di espressione. Lamenta l’omessa acquisizione di informazioni d’ufficio e l’omesso approfondimento della situazione del suo Paese, caratterizzata da violenza indiscriminata e insicurezza, come risulta dalle sentenze di merito e alle fonti internazionali che richiama, da cui risultano le degradanti condizioni dei fermati nelle strutture penitenziarie, le violente condotte tenute dalla polizia nei confronti degli arrestati, il dilagare di fenomeni di stampo corruttivo delle forze locali di sicurezza, le limitazioni dei diritti civili, gli episodi di criminalità e di terrorismo. La situazione attuale del Bangladesh induce pertanto, ad avviso del ricorrente, a ritenere sussistente un rischio serio e concreto, in caso di rimpatrio, di minaccia grave per l’incolumità. Con il secondo motivo si duole del diniego della protezione umanitaria, per non avere la Corte di merito preso in considerazione il fatto che egli ha stabile occupazione ed è regolarmente retribuito, non ha precedenti penali né procedimenti penali pendenti a suo carico. Richiama la pronuncia di questa Corte n. 4455/2018, nonché numerose pronunce di merito e deduce che la Corte di merito non ha effettuato alcun bilanciamento tra la sua situazione in Italia e quella in cui si troverebbe in caso di rimpatrio.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Le doglianze sono espresse in modo del tutto generico, mediante diffusi richiami alla normativa di riferimento e alla giurisprudenza di questa Corte, senza che ne sia specificata la puntuale attinenza al caso di specie e alla vicenda personale narrata, sollecitando, in realtà, il ricorrente la rivalutazione dei fatti.
Ugualmente inammissibile per difetto di specificità è la censura riferita al diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), atteso che il ricorrente, a fronte dell’affermazione della Corte di merito secondo la quale egli si era limitato a riferirsi alla grave crisi politica, economica e sociale in cui versa il Paese di origine, riporta nel ricorso informazioni riguardanti le strutture penitenziarie, le condotte tenute dalla polizia nei confronti degli arrestati, il dilagare di fenomeni di stampo corruttivo delle forze locali di sicurezza, le limitazioni dei diritti civili, gli episodi di criminalità e di terrorismo, e quindi situazioni che non hanno specifica rilevanza ai fini della protezione di cui trattasi. Neppure il ricorrente riporta compiutamente in ricorso i motivi d’appello, né precisa in base a quali fonti di conoscenza avesse allegato la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno.
3. Anche il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Occorre precisare che, in tema di protezione complementare di diritto nazionale, di protezione umanitaria in regime transitorio o di protezione speciale introdotta dal D.L. 2 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, sul giudice del procedimento incombe il dovere di cooperazione istruttoria, che attiene alla prova dei fatti e non alla loro allegazione, previsto in tema di esame delle domande di protezione internazionale, ai sensi dell’art. 4 della Direttiva CE 13.12.2011, n. 95, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3,D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e dello stesso D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9 e art. 27, comma 1 bis, limitatamente alle circostanze concernenti la situazione sociale, economica o politica del Paese di provenienza del richiedente e non, quindi, relativamente alle circostanze attinenti alla integrazione sociale, culturale, lavorativa e familiare del richiedente asilo in Italia.
3.2. Il ricorrente, dolendosi del diniego della protezione umanitaria, nella specie disciplinata dal regime anteriore a quello introdotto dal D.L. n. 113 del 2018, deduce di aver allegato il positivo percorso di integrazione come da documenti che richiama e allega al ricorso per cassazione (contratto di lavoro, buste paga e CUD 2019) e tuttavia non precisa compiutamente quale sia l’integrazione che assume raggiunta in Italia e con quali specifiche caratteristiche essa si connoti, né descrive il contenuto dei documenti indicati, sicché non è consentito a questa Corte di valutare la decisività di quanto dedotto, posto che neppure nella sentenza impugnata se ne dà conto con sufficienti dettagli.
La censura, pertanto, difetta di autosufficienza, dovendosi, altresì, dichiarare l’inammissibilità della produzione documentale allegata alla memoria illustrativa del ricorrente (estratto contributivo Inps), che non rientra tra quelle consentite ai sensi dell’art. 372 c.p.c..
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio possono essere compensate, stante la controvertibilità delle questioni poste con il secondo motivo, recentemente oggetto di approfondimento con la sentenza n. 24413/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022