LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13809/2020 proposto da:
A.M., domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Donatella Laureti, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositato il 6/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/11/2021 dal Cons. Dott. Marco Marulli.
FATTI DI CAUSA
1. A.M., cittadino pakistano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di L’Aquila, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha respinto le istanze intese al riconoscimento in suo favore della protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6 e 7 e dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra per avere il decidente rigettato il proposto ricorso sul presupposto della ritenuta non credibilità del narrato reso dal richiedente quantunque non si potesse sostenere che esso non fosse adeguatamente circostanziato ed in pari tempo parlare di una complessa orchestrazione; 2) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6, 7 e art. 14, lett. b) e c), per avere il decidente, pure tenuto ad esercitare al riguardo i poteri ufficiosi di indagine, rigettato il proposto ricorso quanto alla protezione sussidiaria nell’errata convinzione che non fosse ravvisabile in capo al richiedente, in relazione ai fatti dal medesimo narrati, il rischio di un danno grave connesso alla fattispecie di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c); 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 32, comma 3, per avere il decidente rigettato il proposto ricorso, quanto alla protezione umanitaria, nell’errata convinzione che non fosse ravvisabile in capo al richiedente in relazione ai fatti dal medesimo narrati una condizione di vulnerabilità e che non fosse altresì comprovata una compiuta integrazione socio-culturale.
Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile essendo inteso a censurare l’apprezzamento in fatto in guisa del quale, valorizzando gli indicatori di genuinità soggettiva di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, secondo il modello della procedimentalizzazione legale della decisione, il decidente ha ritenuto il richiedente non credibile valorizzando in questa guisa le discordanze emergenti dal narrato, nonché dell’inverosimiglianza di alcuni delle circostanze riferite (pagg. 14 e 15) ed enunciando in questa direzione la conclusiva prognosi che “il racconto fatto dall’ A. non sia credibile”. E’ perciò appena il caso di ricordare a questo riguardo che il giudizio in parola costituisce accertamento di fatto non censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione, secondo i dettami risultanti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero per anomalia motivazionale integrante violazione di legge avente rilevanza costituzionale (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340), circostanze queste non ricorrenti nella specie risultando il deliberato di che trattasi assistito da congrua ed adeguata motivazione.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile vuoi perché da un lato il pregresso giudizio di non credibilità enunciato circa i fatti narrati dal richiedente esime dal delibarne la vicenda processuale alla stregua del parametro di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), (Cass., Sez. I, 29/05/2020, n. 10826), vuoi perché a fronte delle motivazioni spese dal decidente a confutazione del rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la doglianza ha valenza puramente meritale ed aspira unicamente ad una rimodulazione in senso più favorevole del negativo resposo osteso in proposito.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, poiché, sebbene non sia corretto far discendere il rigetto della misura dal difetto di credibilità che infirma le dichiarazioni del richiedente con riferimento alle istanze di protezione internazionale, nondimeno il pur rilevato difetto in capo al medesimo di condizioni rappresentative di uno stato di vulnerabilità soggettiva, in uno con l’insussistenza di elementi comprovanti un compiuto percorso di integrazione sociale, evidenziano rispetto ai canoni esegetici indicati dal diritto vivente (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808), un’oggettiva carenza nell’allegazione dei fatti costitutivi della domanda, di modo che la formulata doglianza regredisce al rango di una mera ed improcedibile istanza di rinnovazione del giudizio di merito.
5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022