LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17071-2020 proposto da:
ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI SALERNO *****, in persona del Capo pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
O.E.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1460/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 22/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CINQUE GUGLIELMO.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte di appello di Salerno con sentenza n. 1460/2019, in riforma della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania, ha dichiarato la nullità delle ordinanze-ingiunzione n. ***** e ***** emesse dalla Direzione territoriale di Salerno nei confronti di O.E., rappresentante legale della Cooperativa Sociale M.G.. Con i provvedimenti sanzionatori era stata contestata la violazione della L. n. 608 del 1996, art. 9 bis in relazione all’omessa comunicazione dei nominativi di alcuni lavoratori entro il termine di cinque giorni dall’assunzione, la violazione del D.Lgs. n. 181 del 2000, art. 4 per omessa consegna, prima dell’inizio dell’attività lavorativa di copia della comunicazione del contratto di lavoro; la violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, per impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture contabili; nonché, infine, il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9 per mancata concessione del riposo settimanale di 24 ore consecutive.
2. A fondamento della decisione, i Giudici di seconde cure hanno posto l’intervento della declaratoria di incostituzionalità del D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, ad opera della sentenza n. 254 del 2014, nella parte in cui è stato previsto un meccanismo di determinazione delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi svincolato dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Ispettorato territoriale del Lavoro di Salerno affidato ad un solo motivo.
4. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. L’unico motivo di ricorso può essere così sintetizzato.
2. Il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 2006, n. 248 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente escluso l’applicabilità della disposizione sanzionatoria al caso di specie sulla base del convincimento che la stessa fosse stata espunta per effetto della sentenza di incostituzionalità. Viene sostenuto dal ricorrente che la declaratoria di incostituzionalità richiamata nell’impugnata sentenza ha riguardato unicamente l’ipotesi prevista delle sanzioni civili, senza andare ad incidere in alcun modo sulla “maxisanzione” amministrativa contemplata dalla citata disposizione normativa.
3. Il motivo è fondato.
4. Infatti, dalla sentenza n. 254 del 2014 della Corte Costituzionale, richiamata nell’impugnata sentenza, risulta che è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36-bis, comma 7, lett. a) (convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, art. 1, comma 1), nella parte in cui, modificando il D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 73 del 2002, art. 1, comma 1), stabilisce che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria non può essere inferiore a Euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
5. Risulta evidente che la dichiarazione di illegittimità pocanzi richiamata è rimasta circoscritta all’ipotesi delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ma non ha riguardato la prima parte della citata disposizione normativa riflettente la diversa ipotesi dell’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa vigente. (Cass. n. 3208/2018; 26489/2018).
6. Nella sentenza n. 254/2014 la Corte Costituzionale ha evidenziato come l’obbligo relativo alle somme aggiuntive, che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi, ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, che è posta allo scopo di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all’istituto assicuratore. La previsione di una soglia minima svincolata dalla durata della prestazione lavorativa accertata, dalla quale dipende l’entità dell’inadempimento contributivo e del relativo danno, è irragionevole, potendo determinare l’irrogazione di una sanzione del tutto sproporzionata rispetto alla gravità dell’inadempimento posto in essere dal datore di lavoro e non compatibile con la sua natura risarcitoria. Invero, il legislatore, nel predeterminare in via presuntiva il danno subito dall’ente previdenziale a causa dell’omissione contributiva, non ha tenuto in alcuna considerazione la rilevanza di uno degli elementi che concorrono a cagionare quel danno, costituito dalla durata dei rapporti di lavoro non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e dal correlativo inadempimento dell’obbligo contributivo 7. Pertanto, risulta manifesto che la Corte territoriale ha omesso di considerare la distinzione operata dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 bis tra le sanzioni civili, aventi funzione risarcitoria correlata all’omesso versamento contributivo, e le sanzioni amministrative, applicate dall’Ispettorato del Lavoro nel caso di specie, già previste dalla normativa in vigore, la cui disciplina non è stata oggetto, a differenza delle prime, dalla citata sentenza dei giudici delle leggi.
8. Alla stregua di quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio del procedimento alla Corte d’appello di Salerno che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi sopra richiamati, e provvederà altresì in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022