Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.437 del 10/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18916-2019 proposto da:

R.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO MESITI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO SFERRAZZA, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO, ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 722/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 18/12/2018 R.G.N. 332/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DOMENICO MESITI;

udito l’Avvocato SAMUELA PISCHEDDA per delega verbale Avvocato MAURO SFERRAZZA.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 18.12.2018, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di R.A. volta alla declaratoria del proprio diritto ad aver corrisposta l’indennità di disoccupazione agricola a lui spettante per l’anno 2013 quale operaio a tempo determinato parametrandone il valore al salario minimo contrattuale previsto dal contratto provinciale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti della medesima provincia, da maggiorarsi del c.d. terzo elemento, nonché del proprio diritto ad aver corrispondentemente accreditata la relativa contribuzione figurativa.

La Corte, per quanto rileva in questa sede, ha disatteso la tesi volta a maggiorare di una percentuale corrispondente al c.d. terzo elemento la retribuzione del contratto provinciale da assumere a base di calcolo dell’anzidetta indennità, ritenendo che il terzo elemento vi fosse già incluso; da ultimo, ha consequenzialmente rilevato l’infondatezza della domanda concernente la rideterminazione della contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, siccome fondata su presupposti di cui aveva previamente verificato l’inconsistenza, e ha compensato le spese del grado ex art. 152 disp- att. c.p.c.-.

Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione Antonio Raso, deducendo quattro motivi di censura. L’INPS ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché dell’art. 49 CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti del ***** e dell’art. 14 CCP, per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Reggio Calabria del *****, per avere la Corte territoriale ritenuto che il salario contrattuale indicato dal contratto collettivo provinciale cit. non dovesse essere maggiorato del 30,44% a titolo di c.d. terzo elemento, in quanto il valore della retribuzione prevista dal medesimo contratto per gli operai agricoli a tempo determinato sarebbe già stato calcolato in modo comprensivo del terzo elemento stesso.

Con il secondo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 264 del 1949, art. 32, del D.L. n. 942 del 1977, art. 3, (conv. con L. n. 41 del 1978), e della L. n. 155 del 1981, art. 8, per avere la Corte di merito rigettato la domanda volta alla consequenziale riliquidazione della contribuzione figurativa accreditatale per i periodi di disoccupazione.

Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ingiustamente rigettato l’appello e aver conseguentemente esonerato l’INPS dall’obbligo di rifonderle le spese di lite.

Con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che il deposito in grado di appello della dichiarazione reddituale non valesse a guadagnarle la compensazione delle spese (anche) del primo grado del giudizio.

Il primo motivo è infondato.

Va premesso, al riguardo, che la denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammissibile limitatamente ai contratti collettivi nazionali, con esclusione dunque dei contratti collettivi provinciali (così da ult. Cass. n. 551 del 2021), per i quali ultimi la censura rimane possibile, così come in genere per i contratti di diritto comune, nei limiti della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., ovvero dell’omesso esame circa fatti decisivi (giurisprudenza costante fin da Cass. n. 947 del 1962).

Ciò posto, va rilevato che, nel motivare il rigetto della domanda proposta da parte ricorrente, i giudici di merito non hanno affatto negato che, giusta la previsione dell’art. 49 CCNL, del *****, il terzo elemento debba entrare a far parte della retribuzione spettante agli operai a tempo determinato, siccome emolumento che remunera festività nazionali e infrasettimanali, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità, né che esso debba essere pari al 30,44% del salario contrattuale come definito dal contratto provinciale, ma hanno piuttosto ritenuto, sulla base di un’interpretazione sistematica condotta ex art. 1363 c.c., che la retribuzione indicata per gli operai agricoli a tempo determinato nel contratto collettivo provinciale del *****, art. 14, fosse già comprensiva del terzo elemento, calcolato quale maggiorazione del 30,44% della retribuzione spettante agli operai a tempo indeterminato (cfr. pagg. 6-7 della sentenza impugnata). E considerato che nell’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune ruolo preminente dev’essere assegnato alla regola di cui all’art. 1363 c.c., stante la natura complessa e particolare dell’iter formativo della contrattazione sindacale, la non agevole ricostruzione della comune volontà delle parti contrattuali attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, l’articolazione della contrattazione su diversi livelli, la vastità e complessità della materia trattata in ragione dei molteplici profili della posizione lavorativa e, da ultimo, il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali, che include il ricorso a strumenti sconosciuti alla negoziazione tra parti private quali preamboli, premesse, note a verbale, ecc. (così, tra le più recenti, Cass. n. 11834 del 2009), nessuna violazione degli anzidetti canoni di ermeneutica può rimproverarsi alla sentenza impugnata; né a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi in ragione della plausibilità della diversa interpretazione del contratto provinciale propugnata nel ricorso per cassazione, essendosi da tempo chiarito che la censura per cassazione dell’interpretazione del contratto fatta propria dal giudice di merito non può risolversi nella mera prospettazione di un’interpretazione ritenuta più confacente alle aspettative della parte ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata (così Cass. n. 9950 del 2001, Cass. 319 del 2003 e innumerevoli successive conformi).

Considerato che l’infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento del secondo e del terzo, affatto infondato e’, infine, il quarto motivo di censura: è sufficiente sul punto ricordare che dalla previsione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., che fa carico alla parte, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo”, impegnandosi “a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente”, si può bensì ricavare che l’autocertificazione allegata al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado può esplicare la sua efficacia anche nelle fasi successive, così come pure che l’interessato conserva la facoltà di rendere tale dichiarazione nei gradi successivi al primo, ove le condizioni dell’esonero fossero originariamente insussistenti e si siano concretizzate nel prosieguo del giudizio (così Cass. n. 16284 del 2011 e Cass. n. 21630 del 2013), ma non anche che la dichiarazione resa in grado successivo al primo possa valere a guadagnare alla parte, che non l’abbia allegata al giudizio di primo grado, l’esonero dalle spese di quel procedimento: a tale dichiarazione, infatti, la legge riconnette un’assunzione di responsabilità che, oltre ad essere personalissima e non delegabile al difensore (così Cass. n. 5363 del 2012 e succ. conf.), segna il punto di bilanciamento tra l’esigenza di assicurare l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti e quella di prevenire e reprimere gli abusi, resa palese dal rinvio dell’art. 152 disp. att. c.p.c., ai controlli della Guardia di Finanza di cui al T.U. n. 115 del 2002, art. 88; ed è evidente che tale ultima esigenza resterebbe inevitabilmente frustrata laddove si consentisse l’ingresso nel processo di dichiarazioni autocertificative di un passato non più suscettibile di controllo alcuno.

Il ricorso, pertanto, va rigettato, nulla pronunciandosi sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 152 disp. att. c.p.c.-.

Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472