LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4223-2020 proposto da:
K.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO BARILE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di ANCONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2147/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/07/2019 R.G.N. 3644/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. cronol. 2147/2019, depositata il 18/7/2019, ha confermato il provvedimento di primo grado che aveva respinto la richiesta di K.D., proveniente dal Senegal, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria;
2. avverso la suddetta pronuncia il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 in merito al giudizio sulla veridicità e fondatezza del racconto del richiedente protezione internazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
3. va rilevato che il ricorrente ha assolto in modo solo formale l’onere di esposizione sommaria dei fatti di causa, richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, a pena di inammissibilità;
4. il ricorso, infatti, non riferisce quali fatti vennero dedotti a fondamento delle domande proposte nel giudizio di primo grado, ed, anzi, pur censurando il giudizio sulla veridicità del racconto, non indica neppure sinteticamente il contenuto delle dichiarazioni ritenute non credibili, sì da non consentire di individuare i fatti costitutivi della pretesa azionata;
5. il rilevato deficit assertivo produce l’inammissibilità del gravame nel processo avente ad oggetto la domanda di protezione internazionale, come in qualsiasi altro processo, essendo la materia della protezione internazionale soggetta a regole processuali speciali per quanto riguarda l’assolvimento dell’onere della prova (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3), ma non per quanto riguarda l’assolvimento dell’onere di allegazione (ex multis, Ordinanza n. 28780 del 16/12/2020: Nei giudizi aventi ad oggetto l’esame di domande di protezione internazionale in tutte le sue forme, nessuna norma di legge esonera il ricorrente in primo grado, l’appellante o il ricorrente per cassazione, dall’onere rispettivamente – di allegare in modo chiaro i fatti costitutivi della pretesa; di censurare in modo chiaro le statuizioni del giudice di primo grado; e di assolvere gli oneri di esposizione, allegazione ed indicazione richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6);
6. il ricorrente per cassazione che intenda dolersi del rigetto della sua domanda di protezione internazionale, pertanto, non è esonerato dall’indicare nel ricorso, a pena di inammissibilità: a) quali domande abbia formulato nei gradi di merito; b) quali fatti materiali abbia dedotto a fondamento di quelle domande; c) quali argomenti abbia speso il giudice di merito per rigettare la domanda; d) quali ragioni di diritto rendano erroneo il provvedimento impugnato, elementi che difettano nel caso in esame;
7. per le esposte ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
8. nessun provvedimento deve essere adottato in punto di liquidazione delle spese, in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera della controparte.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022
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