Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.450 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7107-2020 proposto da:

M.A., domiciliato in ROM,A PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MASSIMO CARLO SEREGNI, TIZIANA ARESI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3222/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/07/2019 R.G.N. 2883/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/10/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Milano con la sentenza n. 3222/2019, respingeva il ricorso proposto da M.A., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento con il quale il tribunale aveva rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria o umanitaria, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, proposta dall’interessato, fuggito dal Bangladesh perché distrutto il negozio di alimentari che aveva in affitto da una rissa tra due fazioni politiche (***** e *****) e per il timore di possibili ritorsioni per il suo rifiuto di aderire ad una di esse.

La Corte territoriale aveva ritenuto che:

2. Non sussistevano le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale poiché le ragioni della emigrazione del ricorrente erano economiche, in quanto lo stesso non era stato in grado di sostenere la famiglia dopo la distruzione del negozio.

2.1 Neppure era possibile la protezione umanitaria in quanto non sufficiente il solo requisito dello svolgimento di attività di lavoro in Italia.

La Corte rigettava la domanda.

3. Il ricorrente proponeva ricorso avverso detta decisione.

4. Il Ministero dell’Interno non si costituiva e depositava memoria al solo fine di eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

5. il ricorso è articolato in due motivi;

5.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, per la omessa valutazione da parte della corte di appello del periodo di transito nei paesi quali India e Pakistan e delle ragioni che lo avevano indotto a fuggire da essi. Lamentava che rispetto a tali paesi non erano state esaminate le situazioni in cui versavano.

6. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, e art. 14 lett. C), per la omessa acquisizione dei dati e informazioni relative ai paesi in cui il ricorrente era transitato.

7. I motivi possono essere trattati congiuntamente.

Questa Corte ha avuto occasione di rilevare che “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso, anche considerando le violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza, potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona” (Cass. n. 13565/2020).

Alla stessa conclusione giunge altra decisione di questa Corte allorché statuisce che “…ove il richiedente deduca, a sostegno della sua condizione di vulnerabilità, di essere affetto da disturbo post-traumatico da stress a causa delle sevizie subite nel paese di transito, il giudice, ove la peculiare condizione allegata sia accertata, deve specificamente valutarne l’incidenza, ben potendo, la valutazione comparativa tra la condizione soggettiva ed oggettiva in cui lo straniero si troverebbe nel paese di provenienza ed il livello di integrazione raggiunto in Italia, porsi giuridicamente in termini attenuati, quando non recessivi, di fronte ad un evento in grado di incidere, di per sé solo, per il forte grado di traumaticità, sulla condizione di vulnerabilità della persona (Cass. n. 8990/2021; Cass. n. 12649/2021).

I principi esposti evidenziano il rilievo che deve assumere nell’analisi da svolgere ai fini delle richieste avanzate, la storia del richiedente anche riferita ai paesi nei quali è transitato ed il vaglio di questa attraverso l’acquisizione delle informazioni sullo stato e le condizioni di detti paesi.

L’indagine così compiuta costituirà il termine di necessario confronto tra la condizione soggettiva ed oggettiva in cui il richiedente si troverebbe in caso di rientro nel paese e il livello di integrazione raggiunto il Italia.

Poiché la sentenza impugnata non ha ottemperato a tali principi i motivi devono essere accolti, cassata la sentenza e rinviata la causa alla corte territoriale, in diversa composizione, per la decisione di merito in ragione dei principi esposti, oltre che per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’adunanza, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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