LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31759-2020 proposto da:
K.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITT.
EMANUELE II n. 209, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SILVESTRI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3895/2020 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 19/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/11/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
che:
1. K.L. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva respinto l’appello avverso la sentenza sfavorevole del locale Giudice di Pace su un ricorso contro una Determinazione Dirigenziale inqiuntiva di pagamento somme per occupazione abusiva di suolo pubblico.
2. Roma Capitale è rimasta intimata.
3. Su proposta del relatore, che ha ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
CONSIDERATO
che:
1. Il Relatore, nel formulare la proposta ex art. 380 bis c.p.c., ha così argomentato: Con un unico motivo di ricorso sembra contestarsi la legittimazione passiva della ricorrente, essendo l’illecito addebitabile solo al suo autore materiale.
Il ricorso è inammissibile per difetto di sintesi e assemblamento di atti dei precedenti gradi.
E’ inammissibile, per inosservanza del necessario requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa di cui all’art. 363 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione che si limiti a riprodurre, in via diretta o indiretta, il testo integrale di una serie di atti dello svolgimento processuale, così onerando la Suprema Corte di procedere alla loro lettura, similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, non potendosi ritenere assolta da elementi estranei al ricorso la funzione riassuntiva sottesa alla previsione della sommarietà dell’esposizione del fatto (Sez. 63, Ord. n. 16059 del 2017).
Il collegio condivide la proposta di inammissibilità del ricorso, ma per un motivo diverso da quello esposto dal relatore.
Ed infatti, in tema di ricorso per cassazione, la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, sicché è sanzionabile con l’inammissibilità, a meno che il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall’atto processuale, la cui autosufficienza, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015 Rv. 636551; Sez. 5 -, Ordinanza n. 12641 del 19/05/2017 Rv. 644151).
Nel caso di specie, tale attività è possibile perché si riesce a separare il coacervo dei documenti dall’atto processuale.
Pertanto, in disparte il profilo di assemblaggio del ricorso con interi atti dei giudizi precedenti, il motivo si fonda su un presunto omesso esame di un fatto decisivo (il difetto di legittimazione passiva della ricorrente).
Come chiarito dalle sezioni unite (v. Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Rileva però il Collegio che nel caso di specie il denunziato vizio non ricorre perché il Tribunale a pag. 2 ha esaminato la questione della legittimazione affermando che: “la determina è stata emessa nei confronti dell’opponente appellante non come persona fisica ma quale autore obbligato in solido della trasgressione”. Peraltro, la ricorrente afferma espressamente di essere la legale rappresentante della società Costanza 2311 citata nel medesimo verbale, e poi trascura del tutto di riportare l’avviso di liquidazione. Il fatto che si assume decisivo (la legittimazione passiva) risulta dunque esaminato.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile (quanto alla formula cfr. Sez. U Sentenza n. 7155 del 21/03/2017 Rv. 643549).
Nulla sulle spese non avendo la parte intimata svolto difese. Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022