LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30570-2020 proposto da:
COMUNE CITTA’ SANT’ANGELO, elettivamente domiciliato in Pescara, via Venezia n. 7, presso lo studio dell’avv.to GIANCARLO BIGI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.G., elettivamente domiciliato in Pianella (PE) via dei Felci, n. 26, presso lo studio dell’avv.to SANDRO MARINELLI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 998/2020 del TRIBUNALE di PESCARA, depositata il 24/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/11/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
che:
1. Il Comune di Città di Sant’Angelo ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale di Pescara che, in riforma della sentenza di primo grado (locale Giudice di Pace n. 3441/2019), ha accolto l’opposizione a ordinanza ingiunzione emessa dal Comune ricorrente per la violazione del D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 2.
Il Tribunale, in accoglimento della relativa eccezione, ha ritenuto che lo Stato è competente ad emettere l’ordinanza ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, tra le quali gli artt. 2, 8 e 18, concernenti il confezionamento, l’etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all’igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali.
2. d.G. si è costituito con controricorso sollevando eccezione preliminare di improcedibilità per tardivo deposito nella Cancelleria della Corte.
3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., comma 4, e art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
CONSIDERATO
che:
1. Il ricorso (spedito per il deposito il 4.12.2020 alle ore 12.16 e quindi tempestivamente rispetto alla notifica avvenuta il 20.11.2020) si fonda su un motivo così rubricato: Violazione falsa e non corretta applicazione del D.Lgs. n. 109 del 1992 art. 18, commi 4 e 4 bis.
Secondo l’ente territoriale ricorrente, ai sensi dell’art. 18 citato, dell’art. 4 bis, spetta all’ispettorato centrale solo la contestazione della violazione, mentre la mera applicazione della sanzione spetta alla Regione che ha delegato il Comune.
2. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: Il motivo appare manifestamente infondato in quanto la sentenza impugnata è conforme al seguente principio di diritto: in materia di sanzioni amministrative, appartiene allo Stato, e non alle regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, (nella specie gli artt. 8 e 18, concernenti il confezionamento, l’etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all’igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali (Cass. civ. Sez. II Sent., 28/11/2007, n. 24724 rv. 600845).
Il Collegio condivide la proposta del relatore, precisando quanto segue.
Per effetto del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 181, art. 16, il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 18, venne sostituito nel senso che il comma 4, prescrive: “La competenza in materia di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie spetta alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio”. Il D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, aggiunse poi all’art. 18 un comma 4-bis, che dispone: “Nelle materia di propria competenza, spetta all’Ispettorato centrale repressioni frodi l’irrogazione delle sanzioni amministrative” (cfr. in proposito Sez. 2, Sentenza n. 17028 del 11/08/2016 Rv. 64084).
Va altresì aggiunto che il D.Lgs. n. 109 del 1992, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 231 del 2017, art. 30, ma l’accertamento e la contestazione dell’illecito risalgono al 6 novembre 2013, sicché ratione temporis esso trova ancora applicazione.
Peraltro, il D.Lgs. n. 231 del 2017, art. 26, ha confermato la competenza all’irrogazione delle sanzioni in materia in capo al Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Deve pertanto ribadirsi che: la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. n. 109 del 1992, artt. 2 e 18, spetta all’Ispettorato centrale repressione frodi, in quanto la principale finalità delle norme in materia di etichettatura dei prodotti alimentari è garantire la corretta informazione del consumatore sul bene commercializzato e che appartiene allo Stato, e non alle regioni o ai Comuni, il potere di emettere ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, (nella specie gli artt. 8 e 18, concernenti il confezionamento, l’etichettatura e la pubblicità di prodotti alimentari destinati al consumatore finale, trattandosi di disciplina a tutela del consumatore rientrante nella materia del commercio, di competenza statale, che solo di riflesso coinvolge gli aspetti relativi all’igiene e alla sanità degli alimenti, di competenza delle amministrazioni locali).
La delega di cui alla L.R. Abruzzo n. 15 del 2004, art. 134, citata dal Comune ricorrente ha ad oggetto esclusivamente le sanzioni pecuniarie di cui al D.Lgs. n. 109 del 1992, di competenza regionale D.Lgs. n. 109 del 1992, ex art. 4, ma non quelle previste dalla medesima L.. art. 4 bis, attribuite, invece, all’Ispettorato centrale repressione frodi.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del contro ricorrente che liquida in Euro 2.000 più 200 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022