Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.460 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1542/2021 R.G. proposto da:

M.A., rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Mario Vavalà, con domicilio eletto in Roma, Via Piazzale Clodio n. 36.

– ricorrente –

contro

C.G..

– intimato –

avverso l’ordinanza del Giudie di pace di Roma, n. 9493/2020, depositata in data 19.6.2020.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 3.12.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. M.A. ha evocato in giudizio C.G. dinanzi al giudice di pace di Roma, chiedendo la condanna del convenuto al pagamento di Euro 585,60, quale corrispettivo per la rimozione e il deposito di un veicolo del convenuto, risultato oggetto di furto e poi sottoposto a sequestro da parte della Polizia Municipale di *****.

Il ricorrente ha dedotto che, in data 21.9.2018, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma aveva emesso un decreto di non convalida del sequestro e di restituzione dell’automezzo all’avente diritto C.G., specificando che “nessuna spesa sarà liquidata per tale causale da questa procura”. Successivamente la Polizia Locale di ***** aveva notificato al convenuto un verbale di restituzione di cose sequestrate”, contenente la precisazione che nessun onere era posto a carico del C. e che il pagamento delle spese di trasporto e custodia erano a carico dell’erario, ad eccezione di quelle maturate decorsi trenta gg. dalla comunicazione del verbale di restituzione del veicolo all’avente diritto.

Il convenuto si è costituito, contestando la richiesta di pagamento.

All’esito il giudice di pace di Roma ha respinto la domanda, ritenendo che il convenuto dovesse rispondere solo delle spese per la custodia effettuata decorsi trenta gg. dalla comunicazione del provvedimento di dissequestro.

La cassazione della sentenza del giudice di pace di Roma è chiesta da M.A. con ricorso affidato ad un unico motivo.

C.G. è rimasto intimato.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente inammissibile, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in Camera di consiglio.

2. L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 150, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che l’obbligo di pagare le spese di custodia dal trentesimo giorno dalla comunicazione del provvedimento di restituzione è invocabile solo riguardo ai veicoli oggetto di sequestro, mentre nel fattispecie, il sequestro non era stato neppure convalidato.

Il ricorso è inammissibile.

L’art. 339 c.p.c., comma 2, nel testo risultante dalle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 1, dispone che le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, sono appellabili solo per violazione delle norme sul procedimento, per violazione delle norme costituzionali o comunitarie e dei principi regolatori della materia.

La decisione deve ritenersi emessa secondo equità se il valore della causa non eccede Euro 1100,00 Euro, fatte salve le controversie relative a rapporti conclusi con le modalità di cui all’art. 1342 c.c.. A tal fine non rileva il contenuto della decisione, ma il valore della domanda, come determinata in applicazione analogica dei criteri di cui all’art. 10 c.p.c. e s.s..

Le pronunce rese in cause di valore superiore, rientranti nella competenza del giudice di pace, sono ugualmente impugnabili con l’appello, senza limitazione dei motivi.

Da quanto precede, consegue che la sentenza del giudice di pace, emessa in causa di pagamento di Euro 585,85, era impugnabile con l’appello, sebbene solo per i soli motivi di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3.

Avverso la pronuncia non era in alcun caso possibile proporre il ricorso diretto in cassazione, che quindi va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto difese.

Si dà atto, ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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