Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.464 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22703/2020 R.G. proposto da:

S.A.N., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Valeria Perini, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 972/2020 della Corte d’appello di Bologna depositata il 9/3/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna non accoglieva il gravame proposto da S.A.N. avverso l’ordinanza del 24 luglio 2018, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato il ricorso interposto dall’odierno ricorrente contro il provvedimento della competente Commissione territoriale di reiezione dell’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

2. Propone ricorso per la cassazione di tale decisione S.A.N., affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

che:

3. Risulta inammissibile – ai sensi dell’art. 372 c.p.c. – il deposito, in allegato al ricorso e nel corso del giudizio di legittimità, di documentazione non prodotta nelle precedenti sedi processuali e concernente il merito della controversia.

4. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, perché la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto non credibile la sua storia personale, evidenziando contraddittorietà concernenti aspetti secondari ed utilizzando un parametro interpretativo eccessivamente zelante che ha condotto a un’interpretazione logicamente insostenibile.

5. Il motivo è inammissibile.

La valutazione di affidabilità del dichiarante è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019).

La norma in parola obbliga, in particolare, il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto a un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche a una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. 21142/2019).

La Corte distrettuale si è ispirata a questi criteri laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante nelle varie sedi, ha rilevato – come previsto dall’art. 3, comma 5, lett. c), appena citato che il racconto offerto dal richiedente asilo (il quale aveva riferito di aver lasciato il paese di origine dopo che era stata scoperta la propria condizione di omosessualità e la relazione che stava intrattenendo con un altro uomo) era incoerente e contraddittorio rispetto ad aspetti fondamentali della sua vita personale, né risultava plausibile sotto il profilo della credibilità razionale della concreta vicenda narrata (sia in ordine alle modalità con cui l’omosessualità rappresentata era stata scoperta, sia in merito alla mancata verifica di indagini di polizia compiute a carico del migrante rispetto a quanto asseritamente accaduto).

Una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Si deve, invece, escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito; censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce, invece, alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019).

6. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 1 e 14 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, perché la Corte territoriale ha – in tesi – erroneamente escluso il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, senza considerare la reale situazione esistente in Ghana e la condizione di omosessualità del richiedente asilo.

In funzione del riconoscimento della protezione umanitaria occorreva considerare, inoltre, il significativo percorso di integrazione sociale e lavorativa conseguito dal ricorrente durante la permanenza in Italia e il conseguente rischio di lesione del nucleo inalienabile dei suoi diritti fondamentali in caso di rimpatrio.

7. Il motivo è inammissibile.

Quanto al riconoscimento dello status di rifugiato, è sufficiente far rimando a quanto detto più sopra in merito all’impossibilità di rivedere in questa sede il giudizio di inattendibilità del racconto del migrante, sulla base del quale la Corte di merito ha constatato l’impossibilità di riconoscere tale forma di protezione.

Quanto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la censura cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti informativi valutati dalla Corte di merito, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

Quanto alla protezione umanitaria, la condizione di occupazione addotta costituisce, per indicazione dello stesso ricorrente (che ha allegato la relativa documentazione al ricorso in violazione del disposto dell’art. 372 c.p.c.), un fatto nuovo non sottoposto alla valutazione del giudice del merito.

Il che comporta l’inammissibilità di questo profilo di censura, posto che è principio costante e consolidato di questa Corte (cfr., fra molte, Cass. 7048/2016, Cass. 8820/2007, Cass. 25546/2006) che nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.

8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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