Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.469 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22819/2020 R.G. proposto da:

L.J., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Massimiliano Orrù, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1564/2020 della Corte d’appello di Bologna depositata l’8/6/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna respingeva il gravame proposto da L.J., cittadino della Nigeria proveniente dall’Edo State, avverso l’ordinanza del 2 novembre 2018, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato il ricorso interposto dall’odierno ricorrente contro il provvedimento della competente Commissione territoriale di reiezione dell’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

2. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione L.J., affidandosi ad un unico, articolato, motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

che:

3. Con l’unico motivo presentato il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, censurando, con un primo profilo di doglianza, la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui la stessa ha ritenuto superflua la considerazione del contesto esistente nel paese di origine, per effetto della ravvisata non credibilità della storia personale riferita dal richiedente la protezione.

Con un secondo profilo, invece, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento, da parte della Corte di merito, della tutela umanitaria, avvenuto senza che fossero adeguatamente considerati il livello di integrazione sociale e lavorativa conseguito durante la permanenza in Italia e il rischio di lesione del nucleo inalienabile dei diritti fondamentali in esito al rimpatrio.

4. Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.

4.1 Risulta inammissibile – ai sensi dell’art. 372 c.p.c. – il deposito, in allegato al ricorso e nel corso del giudizio di legittimità, di documentazione non prodotta nelle precedenti sedi processuali e concernente il merito della controversia.

4.2 Il giudizio d’inattendibilità delle dichiarazioni del migrante esimeva la Corte di merito dall’assumere informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine, le quali risultavano prive di rilevanza in mancanza di una storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, la plausibilità ed il livello di rischio.

In vero, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito -, poiché un simile controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (v. Cass. 24575/2020, Cass. 6738/2021).

4.3 Non risulta che i motivi di appello sostenessero il ricorrere dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

In mancanza di alcun profilo di impugnazione a questo proposito, risultava superflua ogni indagine da parte della Corte d’appello sull’esistenza, nel paese di origine, di una situazione generale che potesse giustificare l’attribuzione di una simile tutela.

4.4 Quanto alla protezione umanitaria, la condizione di “recente” occupazione addotta dall’odierno ricorrente costituisce un fatto non sottoposto alla valutazione del giudice del merito, dato che la documentazione prodotta a suffragio della censura – in violazione del disposto dell’art. 372 c.p.c. – risale ad epoca successiva alla pubblicazione della decisione impugnata.

Il che comporta l’inammissibilità di questo profilo di doglianza, posto che è principio costante e consolidato di questa Corte (cfr., fra molte, Cass. 7048/2016, Cass. 8820/2007, Cass. 25546/2006) che nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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