Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.472 del 10/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28307/2020 R.G. proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Franco Beretti, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 367/2020 della Corte d’appello di Bologna depositata il 28/1/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna respingeva il gravame proposto da M.A. avverso l’ordinanza del 30 marzo 2018, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato il ricorso interposto dall’odierno ricorrente contro il provvedimento della competente Commissione territoriale di reiezione dell’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

2. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.A., affidandosi ad un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

che:

3. Il motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 5, comma 6, T.U.I. in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in quanto la Corte d’appello, chiamata ad apprezzare la situazione di vulnerabilità determinata dall’effettiva ed incolmabile sproporzione fra il contesto del paese di accoglienza e quello del paese di origine nel godimento dei diritti fondamentali al fine del riconoscimento della protezione umanitaria, non ha tenuto conto, da un lato, del pregiudizio nel godimento dei diritti fondamentali che il migrante subirebbe in caso di rimpatrio, dall’altro del fatto che il migrante lavora dal 2016, parla la lingua italiana e ha conseguito in Italia la patente di guida.

4. Il motivo è inammissibile.

4.1 La proposizione del ricorso in materia di protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio.

Nel caso di specie il migrante non ha affatto addotto davanti alla Corte di merito, come ha fatto in questa sede, che un eventuale rientro in patria avrebbe compromesso il godimento dei suoi diritti fondamentali in termini di garanzie di equo processo, rispetto dei diritti dei detenuti, garanzia di libertà religiosa e di espressione e lo avrebbe costretto a vivere in un contesto caratterizzato da scontri, ma ha incentrato il proprio appello – per dirla con le parole della Corte territoriale – “sulle questioni attinenti la situazione della popolazione Ahmadi in Pakistan” (alla quale non è risultato appartenere, secondo la valutazione del giudice di merito).

La Corte di merito non era tenuta a valutare profili di vulnerabilità ricollegati al rimpatrio differenti da quelli espressamente allegati dall’appellante.

4.2 Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, quale misura atipica e residuale, è il frutto della valutazione di una specifica condizione personale di particolare vulnerabilità del richiedente asilo; sicché a tal fine non era sufficiente la mera allegazione delle condizioni generali del paese di origine a cui non si accompagnasse l’indicazione di come siffatta situazione influisse sulle condizioni personali del richiedente asilo provocando una particolare condizione di vulnerabilità.

4.3 Da un esame del provvedimento impugnato e del motivo di ricorso non risulta, infine, che la condizione di occupazione e integrazione qui allegata sia mai stata sottoposta al vaglio della Corte d’appello.

Il che comporta l’inammissibilità di tale profilo di doglianza, posto che è principio costante e consolidato di questa Corte (cfr., fra molte, Cass. 7048/2016, Cass. 8820/2007, Cass. 25546/2006) che nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472