Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.473 del 10/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28453/2020 R.G. proposto da:

T.J., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Mario Di Frenna, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 317/2020 della Corte d’appello di Bologna depositata il 22/1/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna dichiarava inammissibile l’impugnazione presentata da T.J. avverso l’ordinanza del 4 gennaio 2018, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato il ricorso interposto dall’odierno ricorrente contro il provvedimento della competente Commissione territoriale di reiezione dell’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

2. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione T.J., affidandosi ad un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

che:

3. Il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e art. 5, comma 6, T.U.I., e, nel contempo, si duole dell’esistenza di una motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio.

L’odierno ricorrente, in particolare, assume che la “semplice lettura dell’atto di appello” smentisca l’assunto secondo cui l’impugnazione fosse priva dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., sia in relazione alla protezione sussidiaria, sia rispetto alla protezione umanitaria; sotto quest’ultimo profilo la Corte – a dire del ricorrente non ha tenuto conto del contratto di lavoro per apprendistato che era stato depositato in corso di causa.

4. Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.

4.1 Il mezzo, pur assumendo che l’atto di appello risultasse dotato dell’apporto argomentativo reso necessario dall’attuale testo dell’art. 342 c.p.c., non ne riporta in alcun modo il contenuto.

Il motivo, così formulato, risulta inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato.

Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova, infatti, applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito.

Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dei motivi di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. 24048/2021, Cass. 22880/2017, Cass. 29495 /2020 e Cass. 86/2012).

Ciò in quanto l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.

4.2 Il secondo profilo di critica si parametra al vizio di motivazione che poteva essere dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prima che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, limitasse tale motivo di ricorso al solo omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

In seguito alla riformulazione della norma non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940/2017).

Le carenze motivazionali denunciate dal ricorrente non sono riconducibili nell’alveo del vizio di motivazione così rimodellato, tenuto conto che la Corte di merito ha espressamente considerato il corso di formazione superato dal migrante, il progetto di tirocinio seguito e il rapporto di lavoro ottenuto dal T. per due mesi, ritenendo però che gli stessi non fossero idonei a dimostrare che l’appellante si fosse integrato nel tessuto sociale del paese di accoglienza.

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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