LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5306-2021 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA PINETA SACCHETTI, 201, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FONTANELLA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ROMA CAPITALE *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE, 21, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CIAVARELLA, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
e contro
COMUNE DI ALBANO LAZIALE, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 16963/2020 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 27/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.
RILEVATO
CHE:
1. V.L. ha proposto ricorso avverso pronuncia del Tribunale di Roma di riforma di sentenza del giudice di pace su opposizione a cartella ex art. 615 c.p.c..
2. Roma Capitale h resistito con controricorso.
3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., comma 4, e art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato la manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con un unico motivo di ricorso si censura la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha disposto la compensazione delle spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e del Comune di Albano laziale condannando solo l’agente della riscossione, perché il vizio accolto riguardava la dichiarazione di prescrizione del credito per essere decorsi cinque anni dalla notifica delle cartelle.
2. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: Il motivo è manifestamente infondato in quanto il principio secondo cui: “In tema di riscossione tributaria, ove la cartella di pagamento sia annullata per omessa notifica di un atto presupposto, le spese di lite vanno poste, in solido tra loro, a carico dell’ente impositore e del concessionario alla riscossione, che siano stati convenuti insieme dal contribuente, essendo entrambi soccombenti, in base al principio di causalità, rispetto all’opponente, il quale e’, invece, estraneo alla circostanza, rilevante solo nei rapporti interni, per cui il secondo ponga in essere atti dovuti su richiesta del primo” (Sez. 65, Ordinanza n. 7371 del 22/03/2017) trova deroga quando come, nel caso di specie, l’accoglimento dell’opposizione dipende dalla mancata notifica della cartella di pagamento, attività interamente addebitabile all’agente della riscossione. Ne consegue che, nella specie, non ricorrono le condizioni che impongono la condanna in solido alle spese di lite anche dell’ente impositore. Nel caso citato nella sentenza indicata nella proposta, infatti, si fa riferimento all’ipotesi in cui la cartella di pagamento sia stata annullata per omessa notifica dell’atto presupposto. In tal caso, dunque, l’annullamento è addebitabile all’ente impositore che ne risponde anche nei rapporti interni con l’agente della riscossione.
Si giustifica pienamente, pertanto, la compensazione delle spese nei confronti degli altri enti non soccombenti.
3. Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
4. La memoria del ricorrente non aggiunge argomenti nuovi che possano determinare una decisione di accoglimento.
5. Il Collegio rileva altresì che il ricorrente non ha allegato di non aver potuto riscuotere le spese dalla Agenzia delle Entrate-Riscossione e di avere, pertanto, interesse a riscuoterle dalle altre parti convenute con l’opposizione. Sotto tale profilo, il motivo risulta inammissibile anche per difetto di specificità in ordine alla sussistenza dell’interesse a ricorrere.
Poiché non vi è alcun interesse concreto della parte a far valere la solidarietà interna tra ente impositore e agente della riscossione ai fini del recupero delle spese di lite, l’impugnazione della statuizione di compensazione delle spese si configura come “abuso del processo”, comportando un ingiustificato aggravio anche a carico anche dell’agente della riscossione che deve sopportare la condanna alle spese di lite anche del grado di appello e di cassazione.
5.2. Quanto al merito della censura, ritiene il Collegio che esattamente il Tribunale ha attribuito la soccombenza sostanziale all’Agenzia Entrate-Riscossione, per avere quest’ultima, a causa della sua inerzia nella notifica delle cartelle di pagamento, determinato la prescrizione del credito; e del tutto legittimamente ha pronunciato condanna alle spese solo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, compensando le spese nei confronti degli enti impositori (Prefettura di Roma e Roma Capitale).
Come questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito, il principio della solidarietà nelle spese di lite tra ente impositore e Agente della riscossione (Sez. 6-5, Ord. n. 7371 del 2017) vale a condizione che sia proposta opposizione contro la cartella esattoriale e la connessa ingiunzione di pagamento e si contestino comportamenti asseritamente illegittimi posti in essere sia dall’ente titolare del potere sanzionatorio (nella specie il Comune) che dal concessionario della riscossione (da ultimo, Sez. 6 -2, Ord. n. 39757 del 2021; Sez. 6 – 2, Ord. n. 36273 del 2021; v. anche Sez. 6- 3, Ord. n. 3105 del 2017; Sez. 6-3, Ord. n. 3154 del 2017, non massimata; Sez. 2, Sent. n. 14125 del 2016, non massimata). Ciò avviene, ad es., quando la cartella di pagamento sia stata annullata o il credito si sia prescritto per omessa notifica dell’atto presupposti; in tal caso l’annullamento è addebitabile all’ente impositore che ne risponde anche nei rapporti interni con l’agente della riscossione.
Quando, invece, l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione dipenda dalla mancata notifica della cartella di pagamento o dalla prescrizione del credito dovuta all’inerzia -dopo la notifica della cartella – dell’agente della riscossione, il principio della solidarietà nelle spese della lite non trova applicazione.
In tali casi, infatti, essendo l’illegittimità dell’atto interamente addebitabile all’agente della riscossione, per il principio di causalità non ricorrono le condizioni che impongono la condanna in solido alle spese di lite e rientra nella facoltà del giudice compensare le spese nei confronti dell’ente impositore.
6. La Corte rileva, dunque, che il ricorso va dichiarato inammissibile.
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in Euro 1500 più 200 per esborsi; sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 27 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022