Il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337 quater c.c.), che in via sistematica si colloca all’interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu), là dove si verifichi la crisi della coppia va riconosciuto dal giudice del merito in composizione con l’interesse del genitore, collocatario e non, nella loro reciproca relazione in cui l’interesse primario del figlio deve porsi quale punto di “tenuta” o “caduta” della mediazione operata.
Il giudice del merito chiamato ad autorizzare il trasferimento di residenza del genitore collocatario del minore deve pertanto valutare con l’interesse di quest’ultimo, nell’apprezzata sussistenza della sua residenza abituale quale centro di interessi e relazioni affettive, quello del genitore che abbia richiesto il trasferimento e, ancora, del genitore non collocatario su cui ricadono gli effetti del trasferimento autorizzato, per le diverse peggiorative modalità di frequentazione del figlio che gliene derivino.
(Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente; Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere)
FATTI DI CAUSA
1. C.S. propone ricorso straordinario ex art. 111 Cost., affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria, per la cassazione del decreto in epigrafe indicato, con cui la Corte d’Appello di Genova, in sede di reclamo ed in riforma della decisione adottata dal locale tribunale, ha autorizzato G.R., genitore collocatario del minore C., nato nel ***** dalla relazione con il signor C., sottoufficiale della Marina Militare Italiana, collocato su unità con base alla Spezia, a traferirsi con il figlio a *****, nell’abitazione dei propri genitori.
La signora G. è stata autorizzata ad allontanarsi dalla Spezia, città in cui si era trasferita nel febbraio 2018, dopo essersi licenziata dalla fabbrica di cui era dipendente su richiesta del compagno, e tanto nella intervenuta riconciliazione della coppia che sentimentalmente nata nella località marchigiana – in cui il piccolo C. era vissuto nei primi tre anni di vita con la madre, operaia in un calzaturificio, ed i nonni materni -, aveva già conosciuto un periodo di crisi.
La corte di merito, che ha fissato il calendario di visita del padre a carico del quale ha altresì posto un assegno per il mantenimento del figlio di Euro 350,00, ha ritenuto di accogliere la domanda di autorizzazione al trasferimento della signora G. nel paese di origine nel rilievo che: a) il bambino nei primi tre anni di vita era vissuto con la madre nel paese marchigiano presso i nonni materni; b) la tenera età del minore lo rendeva capace di adattamento; c) la madre era colei che risultava maggiormente pregiudicata, da una permanenza alla Spezia, città in cui non aveva parenti e legami e sarebbe stata in maggiore difficoltà nel trovarvi un lavoro; d) il padre, per il quale l’allontanamento del figlio avrebbe reso più difficile ogni frequentazione, sarebbe comunque tornato nella situazione già vissuta in precedenza, tra il 2015 ed il 2018, periodo in cui aveva interrotto la convivenza con la compagna ed il figlio e che, in ogni caso, aveva egli “dimostrato di saper gestire ed affrontare”, conservando contatti sociali e lavorativi; e) la lontananza tra padre e figlio potesse “incidere profondamente” sui loro rapporti.
La corte ha quindi provveduto a rimodulare modalità di visita e tempi di permanenza del minore presso il genitore non collocatario, in ragione della nuova situazione determinata dal trasferimento.
Resiste con controricorso G.R..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con unico articolato motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 155 c.c., sostituito dall’art. 337-ter c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il trasferimento della madre in una località distante oltre 500 chilometri dalla casa familiare avrebbe determinato l’impossibilità del minore di crescere avendo costantemente accanto, come avveniva in precedenza, entrambi i genitori, con esclusione del non collocatario dalla vita quotidiana del figlio e conseguente violazione del principio della bigenitorialità, invece rispettato dal primo giudice che quel trasferimento non aveva autorizzato.
La corte di merito aveva posto in secondo piano il diritto del minore a crescere secondo una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con entrambi i genitori, privilegiando il diritto della madre di tornare nella famiglia di origine e di non perdere il posto di lavoro offerto da una ditta del proprio paese, per un rapporto peraltro della durata di soli tre mesi, non prorogata.
I giudici del reclamo, poiché si erano diversamente determinati rispetto al primo giudice che aveva respinto la domanda della madre, avrebbero dovuto disporre una consulenza tecnica di ufficio sulle condizioni psico-fisiche del minore, la qualità delle sue relazioni con ciascuno dei genitori ed ogni ulteriore rilevante aspetto e tanto al fine di prendere contezza di un trasferimento della residenza così significativo.
Il forte legame affettivo instauratosi tra padre e figlio durante la frequentazione quotidiana era stato valorizzato da una relazione prodotta agli atti di causa ed un allontanamento improvviso avrebbe cagionato un trauma all’equilibrio del minore, con conseguenze sul rapporto con il genitore.
Il minore disponeva alla Spezia, nell’appartamento in proprietà del padre, di una cameretta attrezzata di cui era invece privo a *****, era sereno ed aveva relazioni sociali, frequentando con profitto la scuola che raggiungeva a piedi in cinque minuti, mentre nel paese marchigiano si sarebbe trovato quale ospite in una casa, condotta in locazione, in cui abitavano i nonni ed il fratello della madre, privo di una cameretta e nella difficoltà di raggiungere la scuola, distante alcuni chilometri dall’abitazione.
Nel doveroso bilanciamento dei contrapposti interessi doveva quindi prevalere quello del minore a mantenere il rapporto con il padre e tanto nel rispetto del principio della bigenitorialità.
2. Nel controricorso la signora G. deduce in via preliminare l’inammissibilità del ricorso straordinario in quanto proposto avverso provvedimento né decisorio né definitivo e, ancora, in quanto mezzo non specifico, privo di autosufficienza e di mero contrasto di valutazioni di squisito merito in cui la corte territoriale aveva debitamente apprezzato l’interesse del minore, valorizzando la pregressa convivenza con i nonni in quel di ***** fino ai tre anni e, ancora, con la sua tenera età, la capacità di costituire nel futuro relazioni amicali, provvedendo, altresì, la corte ad ampliare le modalità di visita del padre che della nuova situazione tenessero conto, nel rispetto del principio della bigenitorialità, autorizzando due videochiamate al giorno e prevedendone una diversa modulazione nel corso delle settimane e nei periodi festivi.
In sede di reclamo, in forza di documento versato in atti dalla controricorrente era poi risultato, tanto ancora deduce la parte, non essere vero che il ricorrente godesse di dispensa all’imbarco su navi di missione.
3. In via preliminare va affermata l’ammissibilità del proposto ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.
La materia è quella della impugnabilità in cassazione dei provvedimenti giudiziali su tempi e modi delle frequentazioni tra figli e genitori, non essendovi contestazione tra le parti in ordine all’affido del figlio minore.
Per l’indicato tema vengono in valutazione le due diverse soluzioni che si sono affermate all’interno di questa Prima Sezione.
L’una in cui si valorizza, nella ritenuta inammissibilità del ricorso straordinario in cassazione, il carattere non decisorio e non definitivo dei provvedimenti che, adottati nel giudizio camerale di volontaria giurisdizione o non contenzioso, sono meramente attuativi dell’affidamento, riguardando solo il collocamento dei figli e il regime delle frequentazioni con i genitori, e restano comunque rivedibili dal giudice del merito, anche in difetto di sopravvenienze fattuali, in ragione della migliore tutela dell’interesse del minore in una continua ricerca di adeguamento della regolamentazione giuridica alla situazione di fatto, preclusiva, essa stessa, del giudicato rebus sic stantibus (Cass. 11/11/2022, n. 33612; Cass. 11/01/2022, n. 614).
L’altra, esito di una diversa prospettiva di indagine, in cui forte è l’esigenza di evitare il diniego della tutela giurisdizionale del diritto fondamentale alla vita familiare che, sancito dall’art. 8 CEDU (Corte EDU 09/02/2017, Solarino c. Italia), è leso da quelle disposizioni che in concreto adottate in materia di frequentazione e visita del minore da parte del genitore non collocatario, risultino a tal punto limitative ed in contrasto con il tipo di affidamento da violare il diritto alla bigenitorialità, inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione della prole il cui rispetto deve essere sempre assicurato nell’interesse superiore del minore (Cass. 08/04/2019, n. 9764).
Il tutto per un ammesso sindacato di legittimità sulle scelte operate dal giudice del merito in tema di collocamento e sostenute dal rispetto dell’esclusivo interesse morale e materiale dei minori (cfr. Cass. 17/09/2020, n. 19323; Cass. 13/02/2020, n. 3652; Cass. 23/09/2015, n. 18817).
Ferma la ricorribilità dei provvedimenti sulla richiesta di modifica dell’affidamento dei figli ed il rapporto con i loro genitori (cfr. Cass. 12/11/2018, n. 28998; Cass. 07/05/2019, n. 12018), il concreto atteggiarsi delle modalità di frequentazione e visita del minore, adottate nei giudizi separativi o comunque nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, integra la misura della censurabilità in cassazione dei provvedimenti in materia, con superamento del filtro dell’inammissibilità per difetto di decisorietà, nel rilievo assunto dall’errore di diritto per violazione del principio della bigenitorialità che nell’art. 337-ter c.c. e, ancora, nell’art. 8 CEDU, insieme al diritto alla vita familiare del genitore e del minore, riceve tutela.
Ritiene questo Collegio di dover far proprie le conclusioni raggiunte dal secondo degli indirizzi al quale riconoscere, per affermazioni di principio in concreto declinate, la capacità di disegnare della materia del collocamento e delle frequentazioni figli-genitori le aree di diretta incidenza del diritto in una prospettiva che, estrema nel dare contenuto alla materia, appartiene al diritto interno e convenzionale.
Il ricorso prospetta nell’attuato collocamento del figlio della coppia C.- G., giusta autorizzazione data alla madre, collocataria, di trasferirsi con il minore nel proprio paese di origine, posto nelle Marche, a cinquecento chilometri di distanza dalla residenza del padre nella città ligure, una violazione del diritto alla bigenitorialità intesa come frequenza ed abitudini instaurate tra padre e figlio, nelle restrizioni al diritto di visita che al genitore non collocatario vengono dal nuovo assetto di vita ingenerato dall’autorizzazione al trasferimento.
Per gli indicati contenuti il ricorso straordinario in cassazione ex art. 111 c.p.c., comma 7 è ammissibile.
4. Ancora in punto di ammissibilità vero è poi che il ricorso non si espone a censura perché conducente rispetto alle statuizioni impugnate di cui identifica oggetto e vizi ed autosufficiente nei contenuti.
5. Si tratta allora di valutare se la corte di merito nell’accogliere il reclamo della signora G. abbia violato, come denunciato in ricorso, con l’interesse preminente del minore, il diritto alla bigenitorialità, declinato nel rapporto tra lo stesso ed il genitore non collocatario.
Tanto è destinato a valere là dove i giudici del reclamo hanno ritenuto che la tenera età del minore ne consentisse l’allontanamento dalla Spezia – città in cui il bambino era andato ad abitare, presso la casa del padre, insieme alla propria madre nel 2018, nell’avviato tentativo della coppia di ricostituire il proprio legame sentimentale e, ancora, l’adattamento in un ambiente, quello marchigiano, segnato dal ritorno alle abitudini maturate presso la casa dei nonni materni, in cui il bambino era vissuto fino ai tre anni di età.
Il ricorso è infondato.
6. La tutela dell’interesse preminente del minore ad una crescita equilibrata nel rapporto con entrambi i genitori, che deve guidare il giudice nella determinazione del relativo regime di affido, collocamento e visita, resta soddisfatta quando la relazione con il genitore non collocatario venga riconosciuta per contenuti ampliativi e forme alternative, quanto ai tempi di frequentazione, a quelle nel passato godute.
6.1. La Corte d’Appello di Genova da una parte ha escluso lo sradicamento del minore dal luogo di attuale residenza, valorizzandone la tenera età, nel rilievo che a cinque-sei anni i bambini hanno certa capacità di adattamento a nuove situazioni, e la pregressa esperienza presso l’abitazione dei nonni materni, in cui egli faceva ritorno ed era vissuto fino ai tre anni di età, prima di trasferirsi con la madre alla Spezia.
6.2. I giudici del reclamo hanno poi ampliato il regime di visita del padre riconoscendo una maggiore consistenza al periodo estivo di frequentazione e stabilendo, nel resto, modalità più agili nel corso dell’anno, con recupero dei fini settimana mancati durante la settimana.
6.3. Nella individuazione del migliore regime di frequentazione per il figlio, la corte territoriale muove dalle condizioni date, valorizzando il sacrificio incontrato dalla madre – non radicata nel territorio ligure, in termini affettivi, sociali e lavorativi ove ne fosse stata respinta la richiesta di autorizzazione al trasferimento della residenza nella città di origine, ***** – e tanto nella pure apprezzata, nel suo obiettivo riproporsi, governabilità della derivata situazione di fatto da parte del padre che già l’aveva vissuta nel pregresso, prima che compagna e figlio lo raggiungessero nella città di Spezia.
7. In una situazione fattuale in cui venga in considerazione, insieme all’interesse del minore ad una crescita equilibrata nel mantenimento del rapporto con le figure genitoriali ed il reciproco diritto di entrambi i genitori a quel rapporto e frequentazione, la distinta posizione del genitore collocatario al mantenimento delle relazioni sociali, affettive e lavorative godute nell’originaria sua residenza – rispetto alle quali la convivenza more uxorio, sorta altrove, si sia posta in soluzione di continuità ed il cui rilievo torni al venir meno della relazione di fatto – può essere presa in considerazione dal giudice del merito che del primo autorizzi lo spostamento della residenza, purché ciò avvenga in un calibrato equilibrio con la disciplina del diritto di visita del figlio da parte del non collocatario a tutela del diritto alla bigenitorialità.
Può quindi affermarsi il seguente principio:
“Il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337 quater c.c.), che in via sistematica si colloca all’interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu), là dove si verifichi la crisi della coppia va riconosciuto dal giudice del merito in composizione con l’interesse del genitore, collocatario e non, nella loro reciproca relazione in cui l’interesse primario del figlio deve porsi quale punto di “tenuta” o “caduta” della mediazione operata.
Il giudice del merito chiamato ad autorizzare il trasferimento di residenza del genitore collocatario del minore deve pertanto valutare con l’interesse di quest’ultimo, nell’apprezzata sussistenza della sua residenza abituale quale centro di interessi e relazioni affettive, quello del genitore che abbia richiesto il trasferimento e, ancora, del genitore non collocatario su cui ricadono gli effetti del trasferimento autorizzato, per le diverse peggiorative modalità di frequentazione del figlio che gliene derivino”.
8. La richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, che si deduce in ricorso mancata nella valutazione del preminente interesse del minore nel provvedimento impugnato e, comunque, necessaria per stabilire la migliore soluzione per il figlio, fermo il conflitto in essere tra i genitori, definisce poi un profilo inammissibile di critica.
Nella premessa che il giudizio su necessità ed utilità del ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità, si è precisato, da questa Corte, che per la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo, con la conseguenza che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Cass. 23/03/2017, n. 7472).
Si tratta di contenuti non puntualmente allegati dal ricorrente.
Tanto ritenuto è poi pur vero che i fatti storici rappresentati dal ricorrente (trauma all’equilibrio psicofisico del minore nella impossibilità di mantenere una continuativa frequentazione con il padre, in ragione della rilevanza chilometrica tra la città ligure e quella marchigiana; negata importanza dell’attività lavorativa rinvenuta dalla madre in quel di *****; ingenti spese di viaggio che il genitore non collocatario avrebbe dovuto sostenere per spostarsi) sono evidenze che nel loro complesso risultano essere state prese in considerazione dal giudice di appello e moderate per un giudizio in cui, poste a confronto abitudini del minore, esigenze lavorative e sociali dei genitori e frequentazione con il minore, quel giudice individua, alle condizioni date, il punto di equilibrio tra le posizioni dei soggetti in lite, statuendo a composizione del relativo conflitto.
In siffatto ambito, non essendo il giudice tenuto a dare conto di tutte le deduzioni difensive delle parti (cfr. ex plurimis: Cass. n. 17097 del 2010; Cass. n. 12362 del 2006; Cass. n. 11933 del 2003), quanto il ricorrente contesta in sede di legittimità, e che avrebbe dovuto costituire oggetto di stima da parte del nominato consulente tecnico di ufficio, sortisce l’effetto di sollecitare a questa Corte un inammissibile sindacato sul fatto, svolto dal giudice del merito per valutazioni discrezionali anche sulla scelta dell’adottato percorso di prova.
9. Conclusivamente il ricorso va rigettato, perché infondato.
10. Le spese, nella peculiarità del caso in esame, restano compensate tra le parti.
Procedimento esente dal contributo unificato.
Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
PQM
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.
Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 26 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022