Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4846 del 15/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenz – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26343-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CABIRIA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 350/7/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 20/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

la parte contribuente impugnava un avviso di accertamento per IRPEF, IVA, IRES ed IRAP relativo all’anno d’imposta 2008, avviso che rideterminava un maggior reddito in ragione dell’assenza di un ordinario inventario delle merci in giacenza e di un conseguente accertamento induttivo del costo del venduto;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Ufficio e accoglieva l’appello della parte contribuente annullando l’avviso di accertamento, affermando che nel caso di specie trattasi di una società che non ha raggiunto le soglie superate le quali soltanto è configurabile un obbligo giuridico in capo alla società riguardo la tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino cosicché non sussiste alcun fatto giuridicamente apprezzabile idoneo sulla base del quale inferire il complesso indiziario idoneo a supportare la presunzione legale.

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un motivo mentre la parte contribuente non si costituiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 14,18 e 39, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la società contribuente, in quanto “impresa “minore”, non fosse obbligata alla tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino ex art. 14 cit., a fronte della pacifica mancata tenuta di prospetti analitici o inventari delle rimanenze di magazzino, cosicché l’Ufficio non fosse legittimato a disconoscere l’attendibilità del valore delle rimanenze indicate solo nella dichiarazione dei redditi e accertare induttivamente D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, maggiori redditi imponibili corrispondenti al ricavato della vendita in nero dei beni indicati solo nella dichiarazione dei redditi come rimanenze di magazzino: infatti anche i soggetti in contabilità semplificata devono tenere un dettaglio analitico della composizione del magazzino.

Il motivo è fondato in quanto, secondo questa Corte:

in materia di imposte sui redditi, anche le imprese minori, che fruiscono del regime di contabilità semplificata, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 18, devono indicare ogni anno nel registro degli acquisti, tenuto ai fini IVA, il valore delle rimanenze, senza limitarsi ad annotare quello globale, ma distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, con analiticità adeguata rispetto all’attività esercitata, analiticità che può essere sindacata dall’Ufficio solo ove il difetto della stessa impedisca in concreto l’esercizio della funzione di controllo; in assenza di tali indicazioni – che ove fatte oggetto di richiesta da parte dei verificatori possono essere fornite dal contribuente anche in sede procedimentale durante l’accesso, l’ispezione e la verifica l’amministrazione finanziaria può ritenere inattendibile la contabilità e procedere all’accertamento induttivo (Cass. n. 29105 del 2018; Cass. n. 8907 del 2018);

la necessità di un dettaglio delle rimanenze anche per le imprese minori non può divenire vincolo di assoluta analiticità, variando l’analiticità della distinzione in categorie in forza di svariati elementi, che possono mutare caso per caso a seconda dell’impresa e dei beni, e il cui sindacato non può esser operato in modo apodittico dall’Ufficio ma solo in forza di specifiche ragioni da comprovarsi in fatto e da motivarsi analiticamente e logicamente nell’avviso di accertamento: infatti ai sensi dell’art. 1, lett. d), (inattendibilità della contabilità degli esercenti attività d’impresa) del D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570 (Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività d’impresa, arti e professioni), le irregolarità delle scritture obbligatorie degli esercenti attività d’impresa si considerano gravi e rendono inattendibile la contabilità ordinaria di tali soggetti, quando, fra l’altro, “i criteri adottati per la valutazione delle rimanenze non sono indicati nella nota integrativa o nel libro degli inventari” (Cass. n. 29105 del 2018);

in tema di accertamento del reddito di impresa, la verifica dei maggiori ricavi non dichiarati dall’impresa commerciale, pur dovendo in linea di massima essere condotta attraverso la determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di vendita rispetto a quelli di acquisto fondata su un campione di merci rappresentativo e adeguato per qualità e quantità rispetto al fatturato complessivo, può essere svolta in via induttiva D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, sulla base di dati o notizie conosciute dall’Amministrazione finanziaria, allorché vi sia omessa o irregolare tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, non potendosi in tal caso procedere alla corretta analisi del contenuto dell’inventario e dunque alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio (Cass. n. 8698 del 2021);

la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello “standard”, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata (Cass. n. 33340 del 2019);

in tema di accertamento dei redditi di impresa, l’Ufficio può procedere a quello analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in presenza di scritture formalmente regolari, ove la contabilità risulti complessivamente inattendibile sulla base di elementi indiziari gravi e precisi, come il sensibile scostamento delle percentuali di ricarico anche in relazione allo stesso periodo di imposta oggetto dell’accertamento (Cass. n. 32129 del 2018);

in tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, in base al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 4, comma 2, le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, comma 1, lett. d), o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate, costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo, presunzione che è relativa e superabile non con qualunque mezzo di prova, ma solo con le prove tassativamente indicate dal citato D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 2 (Cass. n. 31273 del 2018);

in tema di accertamento delle imposte sul reddito, in caso di “differenze inventariali”, ovvero differenze registrabili tra le quantità di merci giacenti in magazzino e quelle desumibili dalle scritture di carico e scarico, operano le presunzioni di cessione e di acquisto dei beni in evasione di imposta, di cui al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 44, annoverabili tra le presunzioni legali cosiddette “miste”, che consentono, entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova stabiliti a fini antielusivi, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, il quale sarà tenuto a provare, con le modalità tassativamente indicate dal D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 2, che la contrazione registratasi nella consistenza del magazzino è frutto dell’impiego produttivo dei beni e non di cessioni o acquisizioni non contabilizzate (Cass. n. 27549 del 2018).

La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che nel caso di specie trattasi di una società che non ha raggiunto le soglie superate le quali soltanto è configurabile un obbligo giuridico in capo alla società riguardo la tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino cosicché non sussiste alcun fatto giuridicamente apprezzabile idoneo sulla base del quale inferire il complesso indiziario idoneo a supportare la presunzione legale – non ha considerato che anche le imprese minori, che fruiscono del regime di contabilità semplificata, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 18, devono indicare ogni anno in contabilità, il valore delle rimanenze, senza limitarsi ad annotare quello globale, ma distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, con analiticità adeguata rispetto all’attività esercitata, analiticità che può essere sindacata dall’Ufficio ove il difetto della stessa impedisca in concreto l’esercizio della funzione di controllo. In effetti la semplificazione delle scritture contabili, prevista in genere per il piccolo imprenditore di cui all’art. 2083 c.c., al fine di facilitarne l’attività e permetterne l’esercizio dell’iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., senza sopportare costi di gestione sproporzionati rispetto alle sue dimensioni e quindi eccessivi, costi che ostacolerebbero di fatto grandemente la sua entrata e la sua permanenza sul mercato con un danno non solo all’imprenditore stesso ma alla concorrenza in genere, deve essere però adeguatamente bilanciata e temperata, alla luce dei principi di rilevanza costituzionale di ragionevolezza e proporzionalità, con il compito assegnato all’Ufficio di svolgere la sua funzione di controllo e di mantenimento del rispetto delle regole, nell’osservanza del principio di cui all’art. 53 Cost., relativo al dovere di tutti di concorrere alle spese pubbliche in proporzione alla capacità contributiva di ciascuno.

Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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