Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.489 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso n. 22999/2015 proposto da:

COMUNITA’ MONTANA “*****” in persona del Commissario regionale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via Ugo Ojetti 14 presso lo studio dell’avv. Francesco Caputo rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Antonio Sisti, Paolo Valentino Sisti e Fausto Troilo;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CARUNCHIO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alida Rita Paladino (alidapaladino.arubapec.it) domiciliato in Roma piazza dell’Orologio 7 presso lo studio dell’avv. Corrado Marinelli;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 177/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO depositata il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta alla udienza del s novembre 2021 2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO

che:

La Comunità montana ha opposto l’avviso di accertamento notificato dal Comune per l’ICI dell’anno 2007, rilevando il difetto di motivazione dell’avviso, e, nel merito, invocando l’esenzione dal tributo ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, e contestando di non aver mai ricevuto la notifica della rendita.

Il ricorso è stato accolto in primo grado. Il Comune ha proposto appello, che la Commissione regionale ha accolto, rilevando che la neocostituita Comunità montana ***** è proprietaria dei beni in virtù di rapporto successorio con la precedente Comunità montana *****, che non spetta l’esenzione ex art. 7 cit. poiché perché gli immobili sono concessi in uso ad altri soggetti; quanto alla mancata notifica del provvedimento di modifica della rendita catastale, la CTR ha rilevato che si tratta di una delibera comunale e non è necessaria – ai fini della utilizzabilità di tale rendita – la notificazione.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la comunità montana affidandosi a cinque motivi.

Il Comune di Carunchio si è costituito con controricorso.

Fissato all’udienza pubblica del 5 novembre 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, inserito dalla L. di conversione n. 176 del 2020, nonché del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, conv. dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositata conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso, e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

RITENUTO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, commi 2 e 3. La Comunità Montana censura la sentenza nella parte in cui la CTR ha ritenuto ammissibile l’appello benché notificato a mezzo pec, direttamente nella sede della Comunità e non nel domicilio eletto, notifica da ritenersi inesistente.

Il motivo è infondato.

La Commissione regionale ha correttamente invocato il principio della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., comma 3, rilevando che l’indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata consente di effettuare la notifica a mezzo pec e che quand’anche essa sia da considerarsi notifica irrituale, ha raggiunto lo scopo di portare a conoscenza del destinatario l’atto.

L’inesistenza della notificazione è infatti configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (Cass. sez. un. 1416/2016). Nella fattispecie non può dirsi che manchino gli elementi essenziali, sia con riguardo alla provenienza dell’atto, che con riguardo alla fase di consegna; l’atto è stato spedito dal mittente certificato dalla pec, è stato ricevuto, la parte si è costituita ed ha anche proposto difese nel merito; né in questa sede viene evidenziato uno specifico concreto pregiudizio che le sarebbe derivato dalla irregolarità della notifica, per l’esercizio del diritto di difesa (Cass. n. 3805/ 2018).

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, poiché la c-‘R avrebbe omesso di svolgere qualsivoglia considerazione sulle difese svolte dalla ricorrente sul sostanziale difetto di legittimazione del Comune a richiedere il tributo. La parte deduce che poiché il Comune di Carunchio era parte della Comunità montana ***** poi confluita nell’odierna ricorrente, lo stesso non avrebbe potuto pretendere il pagamento del tributo. Osserva che richiedere l’ICI su immobili di proprietà di un ente (la Comunità montana) di cui il Comune era parte integrante, sarebbe stato un atto di auto-imposizione fiscale.

Il motivo è inammissibile.

La questione è stata esaminata nella sentenza impugnata avendo il giudice d’appello motivato sulla soggettività giuridica della Comunità montana *****, e sul rapporto successorio che la lega alla Comunità montana *****, in virtù della quale è divenuta proprietaria degli immobili tassati, precisando che si tratta di una Comunità montana costituita ex novo a seguito dello scioglimento della precedente Comunità (*****), come da decreti del presidente della Regione n. 95 del 2010 e n. 58 del 2011 (pag. 2 sentenza). Si tratta di una motivazione pertinente alla difesa della parte, la quale con il motivo di ricorso lamenta che il giudice di appello non abbia considerato che la precedente Comunità montana, di cui faceva parte il Comune, sarebbe “confluita” in quella odierna con tutti i beni un tempo di sua proprietà. Così non e’, poiché il giudice di secondo grado si è espresso sul rapporto successorio, sia pure sinteticamente. Si deve quindi osservare che a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif, dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, salvo che essa si riveli non idonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. 22598/2018; Cass. n. 3819/2020), che invece in questo caso sono chiaramente esplicitate perché la Commissione regionale ha chiarito che ciò che è transitato (o confluito) dalla Comunità montana sciolta a quella neocostituita, è il complesso di beni, in virtù di rapporto successorio, e non, come pretende la parte, la precedente Comunità montana.

In ogni caso il giudice d’appello ha chiaramente affermato la appartenenza di detti beni alla Comunità montana e non al Comune, che peraltro, secondo quanto afferma la stessa parte ricorrente, ha richiesto VICI solo dopo la “fuoriuscita dalla Comunità”.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a).

La parte invoca l’esenzione prevista dalla norma posto che gli immobili sono destinati a finalità istituzionali (promozione turistico naturalistica del territorio) e deduce l’errore in cui sarebbe incorso il giudice d’appello per non avere tenuto conto di tale circostanza. Il motivo è infondato.

Ai fini di beneficiare della esenzione in parola è necessaria la utilizzazione diretta dei beni che si pretende di non sottoporre a tassazione.

In tal senso questa Corte ha già affermato che l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta dell’immobile da parte dell’ente possessore e della esclusiva destinazione ad attività non produttive di reddito, e pertanto essa non spetta nel caso di utilizzo indiretto dell’immobile, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto giuridico diverso, anche ove si tratti di utilizzazione senza scopo di lucro e assistita da finalità di pubblico interesse (Cass. 8073/2019).

Altresì gli immobili concessi in locazione, in quanto non impiegati direttamente dall’ente per lo svolgimento di compiti istituzionali, non beneficiano della esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1 (Cass. 5765/2018; Cass. 13542/2016).

Nella fattispecie il giudice d’appello ha ritenuto, con giudizio di fatto non soggetto a riesame in questa sede, che gli immobili di cui si tratta sono locati o concessi in uso ad altri soggetti.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo il giudice d’appello omesso di vagliare il rilievo proposto circa l’illegittimità dell’avviso per difetto di motivazione.

Il motivo è inammissibile, mancando la trascrizione dell’avviso di accertamento di cui si asserisce non sia stato valutato il difetto di motivazione (Cass. 29093/2018); viene qui in applicazione il consolidato principio secondo il quale sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. sez. un. 34469/2019; Cass. n. 18695/2021).

5.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 342 del 2000, art. 74, comma 1, in quanto la CTR ha ritenuto erroneamente non necessaria ai fini della pretesa tributaria la notifica dell’atto attributivo o modificativo dell’imposta catastale.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente lamenta di non avere ricevuto alcuna notifica del provvedimento di attribuzione di rendita, ma non specifica se l’atto di attribuzione di rendita agli immobili in questione è successivo al conferimento di immobili, né se è anteriore o meno al 1 gennaio 2000, circostanza da cui dipende il diverso trattamento previsto dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, da lei invocato (Cass.,n. 12277/2017; Cass. n. 23140/2008; Cass., n. 5883/2005).

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi non documentabili spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte de ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio, il 5 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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