Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4890 del 15/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21139-2020 proposto da:

D.G.D., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO ANDREUCCI;

– ricorrente-

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 21/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE ALFONSINA.

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia del Tribunale di Lucca, ha accolto l’appello dell’Inps, che aveva contestato l’annullamento, da parte del primo giudice, di due avvisi di addebito, notificati a D.G.D. a titolo di recupero dei contributi alla gestione artigiani per l’ammontare, il primo di Euro 13.760,85 con riferimento all’anno 2013 e il secondo di Euro 33.188,77 con riferimento agli anni 2011 e 2012;

la Corte territoriale ha accertato che la D.G., iscritta alla gestione artigiani per l’attività di lavoro autonomo svolta presso la società ” B. Incisioni s.r.l.” di cui era socia e per la quale aveva pagato la contribuzione fissa per il periodo di causa, aveva altresì percepito, negli stessi anni, un reddito derivante dalla propria partecipazione alla società “Incisioni B.A. & C. s.n.c.”, in virtù del quale avrebbe dovuto versare la corrispondente contribuzione cd. a percentuale;

la Corte di merito ha affermato che alla stregua del D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, conv. con modif. in L. n. 438 del 1992, letto in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 3, (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), la cui interpretazione è stata avallata anche dalla Corte Costituzionale (C.Cost. n. 354 del 2001), il legislatore ha inteso ampliare la base imponibile contributiva rispetto a quanto previsto dalla precedente normativa (L. n. 233 del 1990, art. 1), disponendo che ai predetti fini ciò che rileva è la totalità dei redditi d’impresa denunciati, e non più soltanto una percentuale dei redditi derivanti dall’attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione;

ha ritenuto che non costituisca un ostacolo a tale tesi interpretativa la circostanza per la quale, nel caso in esame, l’attribuzione economica provenga dall’unica attività svolta dalla s.n.c., consistente nell’incasso del canone di Euro 120.000 annui derivante dall’affitto di azienda alla ” B. Incisioni s.r.l.” oggetto di patti successivamente intervenuti fra le due società, atteso che, nel caso di affitto d’azienda da parte di società commerciale, la società concedente mantiene pur sempre la qualifica d’imprenditore sicché, anche i canoni derivanti dall’affitto concorrono alla formazione del reddito d’impresa da calcolarsi nella base imponibile contributiva;

la cassazione della sentenza è domandata da D.G.D. sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria;

l’Inps ha depositato tempestivo controricorso;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.L. 19 settembre 1992, art. 3 bis, comma 1, convertito nella L. 14 novembre 1992, n. 438; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6; degli artt. 2195 e 2249 c.c.; del TUIR – D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1”; sostiene che è stato un errore assoggettare a contributi anche i redditi della “Incisioni B.A. & C. s.n.c.”, società inattiva, la quale si limita ad incassare i canoni di affitto dell’azienda corrisposti dalla ” B. Incisioni s.r.l.”, ma non svolge più nessuna attività commerciale né presta servizi;

col secondo motivo, ancora formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione del D.L. 19 settembre 1992, art. 3 bis, comma 1, convertito nella L. 14 novembre 1992, n. 438, e del TUIR D.P.R. n. 917 del 1979, artt. 5, 6 e 51”; denuncia l’errore in cui è incorsa la Corte di merito nell’aver ritenuto cumulabili i due redditi, uno dei quali proveniente dall’affitto di azienda, da considerarsi reddito di capitale ma non certo di impresa; la tesi è approfondita nella memoria difensiva, ove si ribadisce che i redditi derivanti dalla partecipazione alla “Incisioni B.A. & C. s.n.c.”, non possono concorrere a formare la base imponibile per il calcolo della contribuzione previdenziale derivante dalla partecipazione della ricorrente nella società artigiana ” B. Incisioni s.r.l.”, ove la stessa presta la sua attività, poiché il reddito proveniente dalla partecipazione alla società di persona non costituisce reddito d’impresa, provenendo dal mero incasso dei canoni dovuti per aver concesso l’affitto d’azienda alla società di capitali;

i motivi, da esaminarsi congiuntamente per logica connessione, sono infondati;

parte ricorrente assume che il reddito percepito in conseguenza della sua partecipazione alla società in nome collettivo non debba essere valorizzato ai fini della determinazione della misura della contribuzione a percentuale dalla stessa dovuta per il triennio di causa;

la presente controversia concerne, dunque, la determinazione della base imponibile contributiva; ciò è quanto opportunamente ribadisce la sentenza gravata (p.7), ove, nel sostenere le proprie argomentazioni, basate sull’esegesi delle norme positive applicabili, la Corte di merito rileva che “Ciò che viene in rilievo nel giudizio de quo non è l’an della contribuzione, essendo la ricorrente già iscritta alla gestione artigiani, bensì il quantum, id est la base imponibile del contributo annuo dovuto dagli iscritti alle gestioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali”;

così correttamente inquadrato l’oggetto del contenzioso, la Corte territoriale ha applicato il principio secondo cui “Ai fini della determinazione dei contributi dovuti dagli artigiani ed esercenti attività commerciali, vanno computati anche i redditi percepiti in qualità di socio accomandante, ai sensi del D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, conv. con modif. in L. n. 438 del 1992, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 3, la cui interpretazione letterale e sistematica, avallata anche dalla Corte Cost. (sentenza 7 novembre 2001 n. 354), conduce ad includere nella base imponibile la totalità dei redditi d’impresa, fra i quali vanno considerati anche quelli delle società in accomandita semplice.” (Cass. n. 29779 del 2017);

detto principio ha ricevuto corretta attuazione, dal momento che, nel caso in esame, la sovrapposizione degli schemi societari generata nell’ambito di pattuizioni intervenute successivamente fra i soci originari (quale, nel caso di specie, l’affitto di azienda concessa dalla “Incisioni B.A. & C. s.n.c.” alla ” B. Incisioni s.r.l.” l’1.01.2005 per atto del notaio Ba.Ma. in Lucca), non ha rilevanza alcuna nella determinazione della base imponibile contributiva su cui determinare l’entità dei contributi alla gestione commercianti, alla luce del consolidato principio di diritto affermato da questa Corte;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472