LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2834/2015 R.G. proposto da:
M.G., rappresentata e difesa, per procura speciale su foglio separato, dall’Avv. Giuseppe Torrisi, ed elettivamente domiciliata Roma, via Dei Gracchi, n. 91, presso lo studio dell’Avv. Pierfrancesco Torrisi;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, n. 1396/18/2014, depositata il 23 aprile 2014.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis della L. 176 del 2020;
lette le conclusioni scritte del Procuratore generale, Dott. Vitiello Mauro, che ha chiesto la dichiarazione di estinzione della causa per intervenuta cessazione della materia del contendere.
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, accoglieva la revocazione proposta ai sensi dell’art. 394 c.p.c., n. 4, dalla Agenzia delle entrate, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (n. 186/2012) che aveva rigettato l’appello proposto dalla stessa Agenzia avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 186, depositata il 17 settembre 2012, che aveva accolto il ricorso di M.G. avverso la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti per il pagamento della somma di Euro 25.946,79, per sanzioni dovute nella qualità di responsabile della violazione relativa dichiarazione Iva 1997 della Vigilnot Trinacria s.r.l. Il giudice d’appello aveva rigettato l’impugnazione dell’Agenzia delle entrate, in quanto l’appellante non aveva dimostrato che la cartella fosse stata preceduta dalla notifica dell’atto inerente alla pretesa, divenuto definitivo per omessa impugnazione. Il giudice della revocazione ha accolto invece il gravame dell’Agenzia delle entrate, in quanto dagli atti risultava l’effettivo deposito dell’avviso di contestazione notificato alla M.. Era stata, quindi, annullata la sentenza n. 186 del 2012 per evidente travisamento del fatto. Nel merito, era fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso del contribuente sollevata tempestivamente dall’Amministrazione, in quanto le pretese di cui alla cartella di pagamento si erano consolidate per omessa impugnazione del precedente avviso di accertamento.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente.
3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
4. In data 29 settembre 2017 la contribuente ha dichiarato di avere formulato adesione alla definizione agevolata dei carichi tributari, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, con istanza del 21 febbraio 2017.
5.11 Procuratore Generale, Dott. Vitiello Mauro, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la dichiarazione di estinzione della causa, per intervenuta cessazione della materia del contendere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con un unico motivo di impugnazione la contribuente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.
2. Deve essere pronunciata sentenza di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
2.1. Invero, la contribuente, con riferimento alla cartella di pagamento n. *****, notificata in data 12 novembre 2003, ha aderito alla definizione agevolata dei carichi tributari D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, dichiarando di rinunciare al ricorso, con richiesta di estinzione del processo, con compensazione totale delle spese.
3. La memoria, con l’allegata documentazione, non risulta, però, notificata da parte del difensore della contribuente all’Agenzia delle entrate.
4.La contribuente, con la memoria del 29 settembre 2017, ha chiesto espressamente di dichiararsi “l’estinzione del processo”.
5. Deve, dunque, applicarsi il principio per cui, a norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poiché è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3876).
Anche nel caso in esame, è la stessa ricorrente a manifestare, con la richiesta di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, il proprio sopravvenuto difetto di interesse al ricorso.
6. Le spese del giudizio vanno compensate interamente tra le parti, tenendo conto dell’adesione della contribuente alla definizione agevolata.
7. Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio contributo unificato” – fattispecie in tema di rinuncia al ricorso da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016 – (Cass., sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022