LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5348/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
KSM s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Salvatore Sammartino ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Piero Siviglia, sito in Roma, via dell’Elettronica n. 20;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, n. 2184/30/2014, depositata il 30 giugno 2014.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio, ai sensi della L. 176 del 2020, art.
23, comma 8-bis;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Vitiello Mauro, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo (n. 43/5/11) che aveva accolto il ricorso presentato dalla KSM s.p.a., quale società consolidata, contro l’avviso di accertamento di I livello emesso nei suoi confronti dalla Agenzia delle entrate, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, per l’anno 2005 per indeducibilità di costi per la somma di Euro 316.508,00. In particolare, il giudice d’appello evidenziava che la società aveva tenuto regolarmente i registri contabili, che i costi relativi al conto “carburanti e lubrificanti” erano inerenti, come pure le spese per la circolazione delle auto ed il lavaggio delle stesse per Euro 316,67, in quanto il carburante indicato nelle fatture era stato acquistato cumulativamente ed indistintamente per i 35 mezzi esistenti nel parco macchine utilizzate dei dipendenti per esercizio dell’attività di impresa di vigilanza. Quanto ai costi indeducibili per perdite su partecipazione per Euro 99.419,95 come pure la perdita di Euro 123.416,48, dedotta sulla partecipazione, era pacifico che la società avesse sostenuto un onere per coprire le perdite di società partecipate, a nulla rilevando che, in luogo del costo, si sarebbe verificato un aumento di valore della partecipazione. Le spese di rappresentanza, pur in assenza di indicazione del destinatario dei beni, dovevano essere ritenute inerenti e congrue in quanto necessarie per l’attività di marketing della società per la cura dei clienti, attraverso la destinazione di omaggi e regalie. In ordine alla contabilizzazione nell’anno 2005 di fatture e/o parcelle di provvigioni passive e spese per istallazioni di impianti di allarme per Euro 4029,04, riferibili al 2004, doveva tenersi conto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 2, lett. b, della data in cui le prestazioni erano state ultimate. Il costo di Euro 30,00 per spese di pasticceria poteva comunque ritenersi inerente “a quello che potrebbe essere un momento di aggregazione di colleghi per un risultato raggiunto o per una ricorrenza “, mentre l’acquisto del telefonino, con ripresa a tassazione al 50%, in quanto considerato d’uso promiscuo, poteva anche ritenersi di uso esclusivo della società, “come ritenuto in buona fede dall’imprenditore “.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.
3. Resiste con controricorso la società.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con un unico complesso motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “I. La violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, all’art. 2697 c.c., ed al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 94, comma 6, nonché con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. II. L’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. La ricorrente evidenzia che la regolare tenuta delle scritture contabili non esclude la legittimità dell’accertamento e non può assumere alcuna valenza probatoria, neppure presuntiva, in senso favorevole al contribuente. L’onere di provare l’esistenza dell’inerenza dei costi incombe proprio sul contribuente, sicché non può sostenersi la deducibilità dei costi solo perché gli stessi sarebbero teoricamente compatibili con l’oggetto sociale dell’attività esercitata dalla società. Con riferimento specifico alla indeducibilità delle spese di rappresentanza per Euro 4076,43 era emerso che la società aveva contabilizzato una serie di fatture a fronte di acquisti di beni, senza l’indicazione del soggetto beneficiario. Spettava, dunque, al contribuente fornire la prova della effettiva finalità delle spese, proprio al fine di qualificarne l’inerenza con lo scopo di accrescere il prestigio e l’immagine della società. L’indicazione del destinatario dei beni costituisce, dunque, elemento essenziale per ritenere inerente il costo sostenuto.
Con riferimento al conto provvigioni passive, in realtà, la società ha contabilizzato parcelle e fatture emesse da alcuni procacciatori a fronte dell’avvenuta riscossione di corrispettivi dovuti alla KSM s.p.a. su servizi di vigilanza e recupero crediti in contenzioso, risultate di competenza nel 2005. In realtà, però, i costi in oggetto, per Euro 4029,04, vanno considerati di competenza del 2004. Lo stesso giudice d’appello considera la contabilizzazione nell’anno 2005 di fatture e/o parcelle di provvigioni passive e spese di installazione di impianti di allarme riferibili al 2004. Pertanto, i costi deducibili sono quelli relativi all’esercizio di competenza e non quelli relativi all’esercizio in cui i compensi vengono effettivamente erogati. Deve tenersi conto, quanto alla prestazione di servizi, della data in cui le prestazioni sono ultimate. Tra l’altro l’art. 1748 c.c. prevede che la provvigione spetti all’agente nel momento in cui il proponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. Non rileva la circostanza che il pagamento della provvigione sia avvenuto nel 2005, in quanto il momento in cui spettava il pagamento si era verificato nell’esercizio precedente, ossia nel 2004. Con riguardo al “conto carburante e moto” ed al “conto consumo circolazione auto e lavaggio auto/moto”, la mancata indicazione delle targhe impedisce di identificare i mezzi per la verifica dell’effettiva correlazione fra i costi sostenuti e le auto della società. Le fatture non contengono gli elementi idonei a identificare i mezzi in relazione quali sono state sostenute. In relazione al conto “spese varie” la KSM ha contabilizzato la fattura n. 7 del 19 ottobre 2005 emessa dal bar tabacchi n. 5 per l’importo di Euro 30,00 oltre Iva. In tal caso è necessario che si dimostri la connessione fra la spesa effettuata ed un evento aziendale. In relazione alla fattura n. 2022 del 14 settembre 2005, emessa dalla ditta migliore s.p.a., per un imponibile di Euro 290,83, oltre Iva ed avente ad oggetto l’acquisto di un telefono cellulare, il giudice d’appello, con affermazione apodittica e sfornita di ogni motivazione, ha ritenuto che il telefonino, ripreso a tassazione al 50% in quanto considerato d’uso promiscuo, poteva anche ritenersi di uso esclusivo, come ritenuto in buona fede dall’imprenditore. Tale uso esclusivo non è stato in alcun modo provato dalla società. Quanto ai costi indeducibili per la perdita su partecipazione in Pol Sud s.r.l. di Euro 99.419,95 e perdita su partecipazione in Delta Security di Euro 123.416,48 è errata l’affermazione della Commissione regionale per cui sarebbe irrilevante l’incremento della partecipazione dopo la copertura delle perdite da parte della contribuente. Non si spiega in alcun modo la ragione per cui l’incremento dei costi dei titoli acquistati sarebbe irrilevante; vi e’, tra l’altro, una palese violazione del D.P.R. n. 916 del 1986, art. 94, comma 6, che dispone che l’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società dei propri soci o della rinunce crediti nei confronti della società dagli stessi soci, si aggiunge al costo dei titoli e delle quote di cui al D.P.R. n. 917 1986, art. 85, comma 1, lett. c. Pertanto, sia i versamenti sottozero effettuati a copertura di perdite della Pol Sud, sia la rinuncia al credito nei confronti della Delta Security, hanno prodotto l’effetto di incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, non dando diritto alla deduzione. La società, in luogo di dedurre i costi per perdita su partecipazioni in altre società, avrebbe dovuto aggiungere i relativi importi ai costi dei titoli e delle quote. Si tratta di componenti di natura valutativa, indeducibili dal reddito a seguito dell’entrata in vigore della riforma dell’IRES.
2. Il motivo è infondato, essendo sopravvenuto un giudicato favorevole alla società contribuente.
3. Invero, nel procedimento n. 89/2015, pendente in Cassazione tra le stesse parti, per la medesima annualità (2005) e per gli stessi costi ritenuti indeducibili dall’Ufficio (Euro 316.508,00), avente ad oggetto la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia (n. 2183/30/14), che si era pronunciata sull’avviso di accertamento di II livello emesso nei confronti della stessa KSM, ma quale consolidante, è intervenuta la pronuncia di questa Corte (ordinanza 27 luglio 2021, n. 21492) che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle entrate.
4. La pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle entrate (Cass. 21492/2021), ha comportato in via definitiva e con formazione del giudicato esterno, la illegittimità dell’avviso di accertamento di II livello emesso dalla Agenzia delle entrate nei confronti della KSM s.p.a. quale società consolidante, con riferimento alla imposta “effettiva” per l’anno 2005; tale pronuncia spiega inevitabilmente i suoi effetti anche sul presente processo, che ha ad oggetto l’avviso di accertamento di I livello emesso nei confronti della consolidata KSM s.p.a., relativo alla imposta “teorica”, ma con riferimento alle medesime riprese fiscali.
5. Quanto alla normativa applicabile si rileva che nel bilancio consolidato il gruppo non ha soggettività giuridica, ma le società che lo compongono conservano la loro soggettività, sia ai fini della determinazione del reddito che della responsabilità.
La società consolidata, che esercita l’opzione per la tassazione di gruppo, con elezione di domicilio presso la controllante (art. 119 T.U.I.R.), è tenuta a presentare la propria dichiarazione dei redditi, mentre la consolidante provvede, oltre che a presentare la dichiarazione dei redditi del consolidato, anche alla liquidazione della imposta del “gruppo”.
5.1. L’art. 118 T.U.I.R. dispone, infatti, che “L’esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo di cui all’art. 117 comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti da considerare, quanto alle società controllate, per l’intero importo indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante”.
Si precisa nell’art. 118 T.U.I.R. che “al soggetto controllante compete il riporto a nuovo della eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell’unica imposta dovuta o dell’unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo”.
5.2. Quanto agli obblighi della società controllata l’art. 121 T.U.I.R. prevede che questa “deve compilare il modello della dichiarazione dei redditi al fine di comunicare alla società o ente controllante la determinazione del proprio reddito complessivo, delle ritenute subite, delle detrazioni e dei crediti di imposta spettanti”.
La dichiarazione dei redditi della consolidata va comunicata sia alla Agenzia delle entrate che alla consolidante.
Infatti, il D.M. finanze 9 giugno 2004, art. 7, prevede che “per effetto dell’opzione: a) ciascun soggetto deve presentare all’Agenzia delle entrate la propria dichiarazione dei redditi…senza liquidazione dell’imposta”, mentre l’art. 8 stesso decreto dispone che “per effetto dell’opzione, ciascuna consolidata, oltre a quanto indicato nell’art. 121 del testo unico, deve trasmettere a consolidante:a) la copia della dichiarazione dei redditi di cui all’art. 7 presente decreto”.
5.3. Le società aderenti al consolidato, dunque, mantengono l’obbligo di determinare autonomamente il proprio imponibile secondo le regole ordinarie. Pertanto, ciascuna consolidata, come pure la consolidante, deve quantificare il proprio reddito (o la propria perdita) e presentare la propria dichiarazione nei termini e secondo le modalità ordinarie. Tuttavia, per consentire il consolidamento degli imponibili, e, di conseguenza, la liquidazione dell’unica imposta dovuta dal gruppo, la dichiarazione della consolidata non prevede la determinazione dell’imposta, che invece avverrà esclusivamente nella dichiarazione della consolidante, cui competono gli obblighi di determinazione dell’imponibile consolidato e di liquidazione dell’imposta di gruppo.
Nelle singole dichiarazioni delle consolidate, ma anche della consolidante, devono indicarsi oltre al proprio reddito complessivo, anche le ritenute subite, le detrazioni di imposta operate, i crediti di imposta spettanti, gli acconti eventualmente versati in via autonoma, le eccedenze Ires e le eccedenze di imposta diverse dall’Ires, trasferite al consolidato per il loro utilizzo in compensazione “orizzontale”.
La dichiarazione delle consolidate non prevede la liquidazione del tributo, ma solo la quantificazione dell’imponibile.
Peraltro, le uniche perdite utilizzabili nel consolidato sono quelle maturate dalle società partecipanti in costanza di regime, mentre quelle anteriori all’esercizio dell’opzione sono sottratte al regime di circolazione delle perdite proprie del consolidamento; pertanto, le consolidate devono, dapprima, compensare le perdite anteriori all’ingresso nel consolidato con il proprio reddito, per poi trasferire il “saldo”, se positivo, alla consolidante. Se le perdite sono superiori agli imponibili positivi, sarà trasferito alla consolidante un “reddito nullo”, mentre l’eccedenza di perdite verrà riportata nell’esercizio successivo per il recupero. 5.4.Con riferimento agli obblighi della controllante si prevede all’art. 122 T.U.I.R. che “la società o ente controllante presenta la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il reddito complessivo globale risultante dalla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da ciascuna delle società partecipanti al regime del consolidato e procedendo alla liquidazione dell’imposta di gruppo”.
Nella determinazione dell’imponibile complessivo, dunque, la capogruppo deve sommare i redditi e ridurre le perdite riferibili alle società controllate diverse da quelle prodotte in periodi precedenti al consolidamento (art. 118, comma 2), e provvedere, poi, a rettificare il risultato così determinato tenuto conto degli interessi passivi indeducibili in capo alle società controllate.
La dichiarazione del reddito consolidato e’, allora, non l’espressione reddituale di un presupposto unitario autonomo, realizzato dal gruppo, ma rappresenta la sintesi dei redditi prodotti dai singoli soggetti appartenenti al gruppo. Non e’, quindi, espressione della capacità contributiva del gruppo, ma è la sintesi di capacità contributive individuali.
5.5. Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 bis (rettifica delle dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale), dopo le modifiche di cui al D.L. 31 maggio 2010, art. 35, in vigore dal 1 gennaio 2011, poi, “le rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa al consolidato sono effettuate con unico atto, notificato sia alla consolidata che alla consolidante, con il quale è determinata la conseguente maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale e sono irrogate le sanzioni correlate. La società consolidata e la consolidante sono litisconsorti necessari”.
In precedenza, invece, come dunque per l’anno di imposta 2005, oggetto di esame, era necessaria una verifica di doppio livello, con l’adozione di atti da parte di due uffici diversi per competenza: il primo livello di accertamento aveva ad oggetto la rettifica della dichiarazione della società consolidata, emesso dall’Ufficio della Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione aveva il domicilio fiscale la consolidata; il secondo livello aveva ad oggetto la rettifica della dichiarazione del consolidato (modello CNM) emesso dall’Ufficio dell’Agenzia delle entrate competente per la consolidante; il tutto con un preciso nesso di consequenzialità, in quanto l’accertamento di primo livello era necessario, ma non sufficiente per l’emissione dell’atto impositivo nei confronti delle società coinvolte, se non accompagnato dall’accertamento di secondo livello. Il primo livello aveva ad oggetto la dichiarazione dei redditi della consolidata, ma non comportava né la liquidazione della maggiore imposta, né l’irrogazione delle sanzioni, ma solo la determinazione della maggiore imposta “teorica”, calcolata sul reddito imponibile accertato in capo alla controllata, rappresentante la misura massima di responsabilità della “singola” consolidata a seguito della rettifica operata sul proprio reddito, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 127, comma 2, lett. a). Solo con l’accertamento di secondo livello si determinava la pretesa impositiva nei confronti del gruppo consolidato, con versamento da parte della consolidante e la previsione di un regime di responsabilità solidale tra la consolidante e la singola consolidata, oggetto di rettifica. Ogni “singola” consolidata rispondeva solo della quota di parte di imposta “teorica” ad essa attribuibile per il maggior reddito accertato con il primo livello di controlli nei suoi confronti. In dottrina si è discettato di responsabilità “a coppia” o “pro quota”, tra la consolidante e la singola consolidata, con una maggiore imposta ripartibile “in tanti segmenti quante erano le società consolidate”.
Con il vecchio regime, quindi, anteriore al 1 gennaio 2011, si valorizzava l’autonomia difensiva delle società coinvolte rispetto alla partecipazione unitaria al processo (in tal senso anche Circolare Agenzia delle entrate n. 60/E del 2007), in quanto la soggettività fiscale restava incardinata in capo alle singole società facenti parte della fiscal unit; ciò non escludeva che, comunque, il Fisco potesse notificare l’accertamento di primo livello, non solo alla consolidata, ma anche alla consolidante e vi fosse successiva impugnazione di tale atto da parte di entrambe. Il ricorso proposto anche da una soltanto delle società interessate non comportava un giudizio necessariamente collettivo, come, invece, previsto in caso di coobbligazione solidale paritetica (Cass., sez.un., 18 gennaio 2007, n. 1052 in una ipotesi di imposta di registro applicata agli acquirenti all’asta fallimentare di un unico immobile in sede di divisone dello stesso) o di società di persone, in base al principio di trasparenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 (Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815).
Con l’introduzione dell’avviso di accertamento “unico” le fasi restano due, ma sfociano in un unico atto e non in due distinti avvisi di accertamento, con una netta semplificazione del “sistema” di accertamento, con un avviso unico emesso dall’Ufficio della Agenzia delle entrate competente nei confronti della consolidata. Solo nel caso di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40-bis, comma 4, ove la rettifica riguardi esclusivamente errori commessi nella dichiarazione di consolidamento, non conseguenti a controlli eseguiti sulle dichiarazioni delle consolidate, l’Ufficio competente alla emissione dell’avviso di accertamento “unico” è quello del domicilio fiscale della consolidante.
Pertanto, una volta accertata, con il passaggio in giudicato, a seguito della ordinanza di questa Corte (Cass. n. 21492/2021), l’illegittimità dell’avviso di accertamento di II livello emesso nei confronti della consolidante KSM s.p.a., avente ad oggetto l’imposta “effettiva”, non può che conseguirne il rigetto del ricorso relativo all’avviso di accertamento di I livello emesso nei confronti della consolidata KSM s.p.a., avente ad oggetto la mera imposta “teorica”.
7. Le spese del giudizio vanno compensate interamente tra le parti, in ragione della formazione del giudicato dopo la presentazione del ricorso per cassazione. 8.Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., 890/2017; Cass., 5955/2014), trattandosi, peraltro, di giudicato sopravvenuto rispetto al ricorso per cassazione presentato dalla Agenzia.
PQM
Rigetta il ricorso.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022