Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.506 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22958/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici siti in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo Branca e dall’Avv. Alessandro Marotta, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, n. 5, domiciliato in Roma, p.zza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2427/17, depositata il 17 marzo 2017.

e sul ricorso iscritto al n. 24346/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici siti in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo Branca e dall’Avv. Alessandro Marotta, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, n. 5, domiciliato in Roma, p.zza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 1330/08/19, depositata il 13 febbraio 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Maria Elena Mele.

RITENUTO

Che:

1. – Con riferimento al ricorso RGN 22968/2017, emerge quanto segue.

1.2. – V.M., con atto notarile registrato il 19.02.2008, vendeva all’Hotel Hermitage e Park srl un complesso immobiliare adibito ad attività turistica.

L’Agenzia delle entrate, con avviso di rettifica, rideterminava il valore dichiarato dalle parti in Euro 823.000,00, portandolo a Euro 1.712.200,00 sulla base dei valori OMI nonché dell’importo del mutuo ottenuto dalla società acquirente.

Il V. impugnava tale atto, contestandone sia il difetto di motivazione, sia l’erronea quantificazione del valore dell’immobile. La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il valore accertato del 40%.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello avanti alla Commissione tributaria regionale della Campania. Il V. proponeva appello incidentale. La CTR, disposta una consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 6986/44/2015, depositata il 14.7.2015, accoglieva parzialmente entrambi gli appelli e rideterminava il valore del complesso immobiliare in Euro 863.000,00; condannava altresì il contribuente al pagamento delle spese della CTU e compensava nel resto le spese del giudizio.

Avverso tale sentenza il contribuente proponeva ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., nn. 4 e 5 deducendo che, anteriormente a tale pronuncia, era divenuta definitiva la sentenza n. 6278/08/2014, depositata il 20.6.2014, con cui la medesima CTR, a seguito di impugnazione dell’avviso di rettifica da parte della società acquirente Hotel Hermitage Park srl, aveva determinato in Euro 823.000,00 il valore dell’immobile.

La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 2427/17, depositata il 17.3.2017, in accoglimento del ricorso, revocava la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettava l’appello principale proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTP, accoglieva l’appello incidentale proposto dal V. e condannava l’Agenzia al pagamento delle spese.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza affidato a due motivi.

Il contribuente ha resistito con controricorso.

2. – Con riferimento al ricorso RGN 24346/2019, emerge quanto segue.

2.1 – Contestualmente al ricorso per revocazione, avverso la medesima sentenza della CTR n. 6986/44/2015 il V. proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione del litisconsorzio necessario, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 2, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15.

Questa Corte, con ord. n. 9008 depositata il 6/04/2017, in accoglimento del ricorso, cassava con rinvio la sentenza della CTR.

Il V. riassumeva la causa dinanzi al giudice d’appello, chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato e deducendo che, ai fini della determinazione del valore dell’immobile, il giudice avrebbe dovuto avvalersi della sentenza definitiva con cui la medesima CTR, accogliendo il ricorso proposto dalla società Hotel Hermitage e Park srl, acquirente dell’immobile, aveva annullato l’avviso di rettifica, determinando il valore dell’immobile in Euro 823.000,00 come dichiarato dalle parti.

La CTR accoglieva l’appello dando atto che nelle more del giudizio si era formato il giudicato sul valore dell’immobile come dichiarato dalle parti e disponeva la compensazione delle spese.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza affidato ad un unico motivo.

Ha resistito con controricorso il V..

CONSIDERATO

che:

1. – Preliminarmente va rilevato che il contribuente ha impugnato la sentenza della CTR n. 6986/44/2015 sia per revocazione, sia con ricorso per cassazione.

Il ricorso per revocazione è stato accolto dalla CTR con sentenza n. 2427 depositata il 17 marzo 2017 qui impugnata dalla Agenzia delle entrate.

Successivamente a tale pronuncia che aveva disposto la revocazione della sentenza e della quale questa Corte non aveva notizia, è stato accolto il ricorso per cassazione con ordinanza n. 9008 del 6 aprile 2017 che ha annullato la decisione impugnata con rinvio alla CTR. All’esito del giudizio di rinvio, la CTR ha accolto l’appello del contribuente con sentenza che è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate.

Poiché la decisione in merito all’impugnazione della sentenza di revocazione è pregiudiziale rispetto all’impugnazione della sentenza sul giudizio di merito, è necessario riunire il ricorso RGN 24346/2019 al ricorso RGN 22958/2017.

2. – Per ragioni di priorità logica deve essere esaminato per primo il ricorso avverso la sentenza di revocazione (RGN 22958/2917).

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto non ricorrevano gli estremi per la revocazione della sentenza della CTR non sussistendo tra le stesse parti un precedente giudicato. Infatti, la sentenza definitiva in forza della quale la CTR aveva accolto la revocazione era stata pronunciata nei confronti di un soggetto diverso dal V., e cioè nei confronti della società Hotel Hermitage Park srl, acquirente dell’immobile.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1306 c.c. e art. 395 c.p.c., n. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.1 – Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.

Ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5 costituisce motivo di revocazione della sentenza la circostanza che essa si ponga in contrasto ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata.

Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha ritenuto che ricorressero i presupposti indicati da tale disposizione con riguardo alla sentenza della CTR n. 6278/08/14, depositata il 20 giugno 2014, pronunciata nel giudizio instaurato dalla società acquirente dell’immobile, Hotel Hermitage e Park srl, e che aveva annullato l’avviso di rettifica, determinando in Euro 823.000,00 il valore dell’immobile, ed era divenuta definitiva anteriormente alla sentenza da revocare. Secondo la CTR, con l’espressione “parti” l’art. 395 c.p.c., n. 5 ha inteso riferirsi non solo alle parti formali del rapporto processuale, ma anche a coloro che, in virtù di norma di legge, hanno la facoltà di avvalersi in via riflessa del giudicato formatosi con un processo al quale non hanno partecipato. Sicché il V., in quanto coobbligato in solido per il pagamento dell’imposta di registro, aveva la facoltà ex art. 1306 c.c., comma 2, di opporre al creditore la sentenza passata in giudicato.

Tale statuizione contrasta con giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di revocazione, affinché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto.

A tale conclusione deve pervenirsi sia alla luce del tenore letterale dell’art. 395 c.p.c., n. 5 (che consente la revocazione solo “se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata”), sia in considerazione del fatto che la revocazione costituisce un mezzo d’impugnazione di carattere straordinario, e che i motivi per i quali essa è ammessa sono tassativi, con conseguente impogsibilità di estenderne l’applicazione oltre i casi e i tempi ivi considerati, stante il divieto di cui all’art. 14 preleggi (Cass. sez. L, n. 27348 del 17/11/2017, Rv. 646351 – 01; sez. L, n. 1957 del 19/03/1983, Rv. 426805 – 011983).

Per tale ragione, va escluso che ricorra il requisito della identità di parti nel caso in cui la sentenza definitiva sia stata pronunciata nei confronti di soggetto diverso, sia pure coobbligato in solido ex art. 1306 c.c..

Non essendosi la CTR attenuta a tali principi, la censura deve essere accolta con conseguente annullamento della sentenza che aveva disposto la revocazione della sentenza della medesima CTR n. 6986/44/2015.

3. – Diviene pertanto possibile esaminare il ricorso (RGN 24346/2019) avverso la sentenza della CTR pronunciata all’esito del giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza della medesima Commissione n. 6986/44/2015.

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1306 e 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 in quanto il giudicato invocato dal contribuente, e sul quale la CTR ha fondato la propria decisione, si sarebbe formato tra parti diverse. Inoltre, neppure poteva trovare applicazione l’art. 1306 c.c. il quale consente al condebitore di opporre al creditore la sentenza pronunciata nei confronti di uno dei condebitori in solido solo se egli non abbia agito in giudizio e ottenuto una decisione avente autonoma efficacia nei propri confronti. Nella specie non ricorrerebbe il presupposto dell’inerzia del condebitore, in quanto il contribuente non era rimasto inerte ma aveva a propria volta impugnato l’avviso di accertamento.

3.1. – Il motivo è infondato.

Ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57 le parti del contratto sono solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta di registro.

L’obbligazione solidale, pur avendo per oggetto una medesima prestazione, dà luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, bensì a rapporti giuridici distinti, anche se tra loro connessi (cfr. Cass. n. 1032 del 07/04/1971; Cass. n. 303 del 09/01/2019), tanto che, sul piano processuale, essa può essere azionata separatamente dal creditore, senza che sussista un litisconsorzio necessario tra i vari condebitori (cfr. Cass. n. 22672 del 27/09/2017; Cass. n. 23422 del 17/11/2016; Cass. n. 20476 del 25/07/2008; Cass. n. 4296 del 09/05/1987).

Benché di regola, ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 1 la sentenza emessa tra il creditore ed uno dei condebitori non ha effetto nei confronti degli altri condebitori (sempre che questi ultimi non abbiano partecipato al giudizio), dell’art. 1306 c.c., il comma 2 consente al condebitore estraneo alla sentenza emessa tra il creditore ed altro condebitore, di avvalersene secundum eventum litis ove la stessa sia passata in giudicato (Cass. n. 12766 del 19/06/2015; Cass. n. 9577 del 19/04/2013; Cass. n. 8816 del 01/06/2012), non sia fondata su ragioni personali del debitore e sia stata sollevata tempestivamente la relativa eccezione (Cass. n. 21170 del 19/10/2016; Cass. n. 25401 del 17/12/2015).

Tale principio opera anche in materia tributaria, atteso che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all’annullamento di atti autoritativi e, considerato che i ricorsi dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo, l’annullamento o la rettifica di tale atto non può che valere erga omnes (Cass. n. 303 del 2019; n. 33436 del 27/12/2018; Cass. n. 3204 del 09/02/2018).

Il principio in parola, tuttavia, incontra due limiti: il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato e il condebitore non deve avere partecipato al giudizio in cui il giudicato si è formato, altrimenti operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno o di alcuni dei debitori solidali, soccombenti in un rapporto obbligatorio scindibile, qual è quello derivante dalla solidarietà, determina il passaggio in giudicato della sentenza nei loro confronti, ancorché altri condebitori solidali l’abbiano impugnata e ne abbiano ottenuto l’annullamento o la riforma (Cass. n. 20559 del 30/09/2014; Cass. n. 1779 del 29/01/2007).

3.2 – Questa Corte, nell’esplicitare i presupposti in forza dei quali la sentenza resa tra creditore e condebitore solidale può essere opposta al creditore da altro condebitore solidale, anche in materia tributaria, ha individuato “le seguenti quattro condizioni: 1) che la sentenza sia passata in giudicato; 2) che non si sia già formato un giudicato nei rapporti tra il condebitore solidale che intende avvalersi del giudicato e il creditore (sia perché il condebitore abbia preso parte allo stesso giudizio e non abbia proposto impugnazione, sia perché il giudicato sia intervenuto in altro autonomo giudizio). In proposito il giudicato è opponibile sia se penda giudizio non ancora definito, sia se il condebitore sia rimasto inerte e non abbia impugnato l’atto impositivo; 3) che, ove si tratti di giudizio pendente, la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata in giudizio (nel senso che il giudicato non deve essersi formato prima della proposizione del giudizio di impugnazione nel corso del quale viene dedotto); 4) che il giudicato non si sia formato nei confronti del condebitore solidale in relazione a ragioni personali di quest’ultimo” (Cass., sez. 5, n. 18154 del 05/07/2019, Rv. 654512 – 01; sez. 5, n. 6411 del 09/03/2021, Rv. 660770 – 01).

Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio, secondo il quale il giudicato favorevole al coobbligato è a questi applicabile solo ove egli sia rimasto inerte e non abbia autonomamente coltivato il relativo contenzioso, questa Corte ha chiarito che non è mera la proposizione di una autonoma impugnazione, ma soltanto il giudicato a sé sfavorevole che preclude ad un coobligato di avvalersi della sentenza favorevole ad altro. Ciò perché, in forza dell’art. 324 c.p.c., “il giudicato stacca il rapporto tra contribuente e fisco dalla propria causa originaria – che in caso di rapporto solidale involgeva anche il coobbligato – integrando una causa nuova, autonoma, riguardante esclusivamente la parte a cui la decisione definitiva si riferisce” (Cass., n. 6411 del 2021, cit.; n. 19580 del 2014).

Nel caso di specie è indubbio che ricorrano tutte le condizioni per l’applicazione dell’art. 1306 c.c., comma 2, sicché il ricorso deve essere rigettato.

Stante la soccombenza reciproca delle parti, deve essere disposta la compensazione delle spese.

PQM

La Corte riunisce il ricorso RGN 24346/2019 al ricorso RGN 22958/2017.

Accoglie il primo motivo del ricorso RGN 22958/2017, assorbito il secondo, e cassa la sentenza impugnata.

Rigetta il ricorso RGN 24346/2019.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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