LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 37230/2019 proposto da:
Vento Di Montemurro Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Crescenzio 91, presso lo studio dell’avvocato Lucisano Claudio che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Sozzi Chiara, Zizzo Giuseppe;
– ricorrente –
contro
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 256/2019 della COMM.TRIB.REG., BASILICATA, depositata il 15/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/10/2021 dal Consigliere Dott. RUSSO RITA.
RILEVATO
CHE:
La Vento di Montemurro s.r.l. ha impugnato l’avviso con cui l’Ufficio ha rettificato la rendita catastale proposta dalla società con procedura Docfa, conseguente alla L. n. 208 del 2015, relativa ad un parco eolico da essa posseduto in provincia di Potenza. Il ricorso è stato accolto in primo grado.
L’Agenzia ha proposto appello che la Commissione regionale della Basilicata ha accolto rilevando che: l’avviso riportava in allegato la relazione di stima diretta e doveva ritenersi adeguatamente motivato, anche in ragione della struttura fortemente partecipativa della procedura Docfa attivata dalla società; il criterio di stima è legittimo perché conforme a quanto disposto dalla normativa applicabile in materia mediante riferimento al costo di realizzazione a nuovo delle strutture e degli impianti fissi, oltre che alle spese tecniche di progettazione e direzione lavori, agli oneri di concessione ed urbanizzazione, agli oneri finanziari; il tutto come da Circolare dell’agenzia del territorio n. 6 del 30 novembre 2012; corretta, in particolare, doveva ritenersi la determinazione del valore del lotto, stimato dall’ufficio con riguardo al valore del diritto di superficie prendendo in esame atti pubblici identificati nella relazione di stima, nonché del costo di realizzazione a nuovo calcolato dall’ufficio avvalendosi dei progetti depositati presso la Regione e del prezziario della Regione Basilicata. La Commissione regionale rilevava inoltre che nel calcolo della rendita doveva includersi anche il valore delle torri o pali eolici in quanto presentano caratteristiche tipologiche e costruttive nelle quali è possibile riscontrare i caratteri della stabilità solidità e consistenza volumetrica nonché della immobilizzazione al suolo ex art. 832 c.c. per queste caratteristiche le torri non possono considerarsi semplici pali ma strutture stabilmente ancorate al suolo atteso che seppure imbullonate possono essere astrattamente rimosse solo dopo aver esperito costose e complicate operazioni tecniche; che pertanto esse sono oggetto di stima catastale in uno al suolo le fondazioni e ai locali tecnici. Il collegio ritiene che la torre è una parte strumentale al macchinario produttivo con funzioni di mero sostegno ma che non è strettamente funzionale alla produzione di energia.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società affidandosi a cinque motivi. Si è costituita con controricorso l’Agenzia delle entrate. La società ricorrente ha depositato memoria.
RITENUTO
CHE:
1. – Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione della sopravvenuta disposizione di cui alla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, in base alla quale la torre eolica non doveva essere annoverata tra i componenti da valorizzare ai fini della rendita catastale dell’impianto, trattandosi non già di “costruzione” bensì di impianto funzionale allo specifico processo produttivo di energia elettrica.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Questa Corte di legittimità ha più volte affrontato e risolto – con esiti che non vi è ragione di qui disattendere – il problema della rilevanza, ai fini della determinazione della rendita catastale, dei pali o torri eoliche che, all’interno delle centrali di produzione, sorreggono gli impianti aerogeneratori propriamente detti (navicella e rotore); ciò alla luce dello jus superveniens rappresentato dalla L. n. 208 del 2015 cit., art. 1, comma 21, (legge di stabilità 2016), il quale stabilisce che “a decorrere dal 10 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento”.
La norma soggiunge poi che: “sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.
L’orientamento interpretativo consolidatosi è nel senso che: “Ai fini del calcolo della rendita catastale dell’impianto eolico, ai sensi della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, non va computata la torre in acciaio che sostiene il peso della navicella e del rotore, trattandosi di elemento funzionale allo specifico processo produttivo, dovendo il giudice di merito accertare se la torre eolica, benché stabilmente infissa al suolo, assolva, oltre alla funzione passiva di sostegno al pari di un traliccio di una linea elettrica e, quindi, di mero supporto statico, anche quella di componente attiva ed essenziale per la produzione di energia” (così Cass. n. 1010/21; nello stesso senso: Cass. nn. 20726/20; 21287/20; 21460/20).
I passaggi fondamentali di questo indirizzo possono così riassumersi:
– la disposizione sopravvenuta si colloca entro un quadro normativo di rilevanza catastale segnato dalla nozione di “immobile urbano” (R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4), di “unità immobiliare” (D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2, comma 3) e di “costruzione stabile” comunque connessa al suolo, e come tale già ritenuta rilevante nella determinazione di rendita (D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies conv. in L. n. 88 del 2005 con riguardo alle centrali elettriche);
– alla luce di questo quadro normativo, già vagliato anche dal giudice delle leggi (C.Cost. n. 162/08), si è ritenuto che tanto le pale eoliche quanto le turbine, così come ogni altro elemento non separabile (anche se fisicamente amovibile) senza pregiudizio dalla funzione precipua di generazione energetica, dovessero rilevare ai fini della rendita dei parchi eolici e delle centrali elettriche, da accatastarsi in categoria D1-Opifici (Cass.nn. 4028/12, 24815/14, 32861/19 e molte altre), il che ha trovato ulteriore conferma nella Circolare 6/2012 dell’Agenzia del Territorio (“Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico-estimativi”), non in sé, ma in quanto legislativamente richiamata e recepita dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244 (L. stabilità 2015);
– questo quadro è stato inciso (con effetto dal 2016) dalla L. stabilità n. 208 del 2015 cit., art. 1, comma 21, su riportato, il quale, con una tecnica legislativa “per esclusione”, descrive, nella sua prima parte, le caratteristiche di bene immobile o parte integrante di esso (suolo, costruzioni ed altri elementi ad essi strutturalmente connessi), che ne accresce l’utilità ed il valore, per poi escludere, nella sua ultima parte, tutte quelle componenti che sono funzionali al processo produttivo (macchinari, congegni, attrezzature, impianti), meglio e più brevemente noti con la denominazione di “imbullonati”; sicché “la scelta legislativa è quindi quella di sottrarre dal carico impositivo del tributo locale il valore delle componenti impiantistiche secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive dei settori della siderurgia, manifattura, energia indipendentemente dalla natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto che fosse o meno infisso al suolo” (così Cass. n. 20726/20 cit.);
– l’amministrazione finanziaria ha emanato, in applicazione della legge del 2015, varie disposizioni interne (Circolare 2/E del 1 febbraio 2016; Nota Direzione Centrale Catasto n. 60244 del 27 aprile 2016; Circolare n. 27/E del 13 giugno 2016) con le quali ha inteso includere le strutture di sostegno e le torri degli aerogeneratori delle centrali eoliche (siccome aventi i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo) tra le “costruzioni” e, come tali, quindi, da considerare nella stima diretta finalizzata alla determinazione della rendita catastale della centrale eolica;
– questa conclusione di prassi urta però con la nozione che invece emerge dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali e strutturali allo specifico processo produttivo e sottratti al regime fiscale, la quale “prescinde dal fatto che i manufatti siano o meno infissi stabilmente al suolo, essendo invece essenziale il loro impiego nel processo produttivo. E’ irrilevante la consistenza fisica della costruzione, ciò che interessa è il rapporto di strumentalità rispetto al processo produttivo. (…) E’, quindi, ben possibile che un elemento strutturalmente connesso al suolo o alla costruzione che ne accresce la qualità o l’utilità debba essere espunto dalla valutazione catastale in ragione della sua specifica funzionalità rispetto al processo produttivo” (Cass. n. 20726/20 cit.);
– è rimesso al giudice del merito l’accertamento se la torre eolica, benché stabilmente infissa al suolo, assolva, oltre alla “funzione passiva di sostegno al pari di un traliccio di una linea elettrica” e, quindi, di mero supporto statico, anche quella di “componente essenziale ed attiva della macchina, che svolge una funzione di contrasto della forza impressa dal vento sulle pale, al fine di consentire alle pale di offrire la massima resistenza possibile e al generatore di sfruttare la potenza del vento per generare così l’energia elettrica” (Cass., n. 21462 del 2020, cit.), nel qual caso la torre risulterebbe esente dal carico impositivo, al pari del rotore e della navicella;
– nell’effettuare questo accertamento il giudice di merito deve considerare che la vocazione “strutturale” e la “strumentalità” sostenitiva della torre non sono indici necessariamente costruttivistici, non risultando infatti esse affatto incompatibili con il parametro legale della “funzionalità” prettamente impiantistica e di partecipazione al processo di produzione energetica.
In sintesi, la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21 pone una nozione di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali e strutturali allo specifico processo produttivo e sottratti al regime fiscale, che prescinde dal fatto che i manufatti siano o meno infissi stabilmente al suolo richiedendo il loro impiego nel processo produttivo.
E’ irrilevante la consistenza fisica della costruzione, ciò che interessa è il rapporto di strumentalità rispetto al processo produttivo. Tale conclusione è conforme alla ratio sottostante alla disciplina introdotta dalla L. n. 208, art. 1, comma 21 che sancisce l’irrilevanza catastale di tutta la componente impiantistica che, in quanto tale, risulta inidonea ad apportare al fabbricato a cui accede – al di fuori dello specifico processo produttivo ivi svolto un’effettiva (residua) utilità produttiva/reddituale (Cass. 5460/2021; Cass. 5459/2021).
Va ancora qui osservato come appaia poco persuasivo anche l’argomento dell’Amministrazione Finanziaria secondo cui l’indirizzo di legittimità in materia contrasterebbe con i criteri di stretta interpretazione che devono pacificamente presiedere l’intera materia delle agevolazioni.
Va infatti considerato che la norma in esame non ha natura impositiva ma catastale e che, soprattutto, essa non delinea l’eccezionalità di una esenzione o di un trattamento di favore, quanto il regime ordinariamente applicabile a tutti quei beni che – per quanto infissi al suolo e non privi di connotati “immobiliari” – rientrino nella tipologia generale dei “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo”.
Conclusione, questa, che non muta sol perché, con specifico riguardo applicativo al settore delle energie pulite e rinnovabili, l’ampiezza del criterio normativo valga ad intercettare anche altre opzioni legislative (di matrice Eurounitaria ed internazionale: Cass. n. 15870/21), quanto a tutela ambientale e sostenibilità.
Orbene, nel caso di specie la CTR ha invece aderito in toto alla suddetta interpretazione dell’Amministrazione, includendo le torri eoliche nella stima diretta in ragione delle suddette caratteristiche di solidità, stabilità, consistenza ed ancoraggio al suolo, senza valutare l’unico elemento essenziale (ad effetto escludente), appunto costituito dalla loro specifica funzionalità al processo di aerogenerazione; non solo come mera funzione passiva di sostegno di navicella e rotore, ma anche come componente essenziale dell’impianto di generazione svolgente anch’essa una funzione di contrasto della forza impressa dal vento sulle pale, al fine di consentire a queste di opporre la massima resistenza possibile ed al generatore di sfruttare la potenza del vento per produrre l’energia elettrica.
Da ciò deriva la necessità di cassare sul punto la sentenza impugnata, con rinvio al giudice di appello il quale riesaminerà la rilevanza, ovvero irrilevanza, catastale delle torri eoliche alla luce della su riassunta interpretazione del formante legislativo in materia; con ciò riscontrando la loro effettiva partecipazione alla funzionalità del processo di aerogenerazione e, di conseguenza, rideterminando la rendita catastale corretta.
3.- Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – inesistenza o nullità della sentenza per difetto di motivazione sui profili mossi dalla società circa l’erroneità e sproporzione del valore attribuito al terreno ed alle fondazioni, nonché alla erronea inclusione nel calcolo della rendita, per giunta per importi anch’essi sproporzionati, delle voci: “spese tecniche”, “oneri finanziari”, “profitto dell’imprenditore”.
Il motivo è infondato.
Del tutto pacifico è l’indirizzo secondo cui, per aversi una fattispecie di inesistenza o nullità per difetto di motivazione, occorre che dalla sentenza (pur nella presenza “grafica” e materiale di una parte motiva) non sia possibile ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dal giudice e, con ciò, eseguire – secondo i principi costituzionali in materia – la dovuta verifica di legittimità della decisione impugnata che quel percorso dovrebbe sorreggere.
Quindi, la motivazione deve ritenersi mancante (ovvero meramente apparente) quando essa “non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6" (Cass. n. 13248/20 ed innumerevoli altre).
Orbene, nel caso di specie non si verte in questa situazione e la doglianza si risolve in realtà nella inammissibile sollecitazione in questa sede di un nuovo vaglio di merito di profili fattuali ed estimativi già riscontrati in doppio grado.
La CTR ha infatti motivato il proprio convincimento circa la legittimità sia del criterio di stima diretta adottato dall’agenzia delle entrate (con riguardo al costo di costruzione secondo quanto prescritto dall’art. 28, comma 2, del Regolamento catastale), sia dei contenuti descrittivi ed estimativi della relazione di stima allegata all’avviso e da essa condivisi.
La ravvisata fondatezza della rendita attribuita dall’amministrazione (fatta salva la questione delle torri eoliche) è stata dalla CTR fatta dipendere dal convincimento della correttezza metodologica dell’operato dell’Agenzia, la quale aveva stabilito il costo di costruzione a nuovo (non assoggettabile a deprezzamento trattandosi di impianto successivo al biennio 1988 /1989) sulla base di dati concreti, oggettivi e di pubblico accesso, quali il valore del diritto di superficie sul fondo, i progetti esecutivi depositati in Regione, i prezziari ufficiali; e ciò anche per quanto riguardava i costi rappresentati dalle spese tecniche (di progettazione, direzione lavori e calcolo), dagli oneri di concessione ed urbanizzazione e da quelli strettamente finanziari e di remunerazione del capitale.
Si tratta dunque di una motivazione che recepisce quanto sul punto già stabilito dal primo giudice e, con ciò, quanto desumibile dalla relazione di stima dell’agenzia, il cui contenuto di quantificazione non è stato ritenuto sproporzionato né eccessivo rispetto a quelle risultanze; dunque di una motivazione che, in base ai suddetti criteri, non può dirsi per ciò solo inesistente, né meramente apparente, al punto da indurre la nullità della sentenza.
4.- Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso la società deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione dell’art. 112 c.p.c.; per avere la Commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi in ordine alla dedotta sproporzione del valore attribuito, rispettivamente, alla voce “spese tecniche” (terzo motivo), “oneri finanziari” (quarto motivo), “profitto dell’imprenditore” (quinto motivo).
Anche questi motivi, unificabili per l’identità di doglianza, sono infondati (ma prima ancora inammissibili nella parte in cui vorrebbero, pure in tal caso, indirettamente creare i presupposti per una rivisitazione nel merito della stima e della rendita attribuita).
Va fatta qui applicazione del principio secondo cui per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. nn. 452/15, 16254/12, 20311/11).
Nella specie, la sentenza è chiara nel disattendere tanto la eccezione della illegittima inclusione di quei parametri nel calcolo della stima diretta, quanto la eccezione della eccessività e sproporzione dei valori attribuiti dall’Amministrazione.
Come già osservato, si è trattato di un vaglio che il giudice di merito (in doppio grado) ha compiuto con riguardo alla relazione tecnica in atti ed alle fonti di comparazione indicate.
Ciò basta ad escludere la configurazione del vizio di omessa pronuncia, avendo la tesi della società piuttosto incontrato una inequivoca decisione di rigetto.
Ne consegue l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto degli altri, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata la quale, in diversa composizione, giudicherà anche delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il primo motivo di ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 5 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022