LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15707-2016 proposto da:
M.R., in qualità di erede di MA.GI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MECENATE 27, presso lo studio dell’avvocato ANDREINA DI TORRICE, rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO FATATO;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati TERESA OTTOLINI e LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1017/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 22/06/2015 R.G.N. 1019/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’
STEFANO, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 1017 del 2015, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda svolta dall’attuale ricorrente per il riconoscimento della rendita ai superstiti per avere le conseguenze morbose della silicosi, di cui era affetto il coniuge, assunto ruolo di concausa del decesso del medesimo.
2. La Corte d’Appello, aderendo alle conclusioni dell’ausiliare nominato nel grado, ha ritenuto che il quadro patologico del marito della ricorrente fosse maggiormente compatibile con una silicatosi, e non già con una silicosi – riconosciuta come malattia professionale – e che, nella specie, non vi fossero comunque elementi per collegare la silicosi alla sua morte (avvenuta a 84 anni), la cui causa era piuttosto da individuarsi nelle complicanze della patologia cardiovascolare e nell’episodio accidentale di emorragia cerebrale con conseguente intervento di craniotomia.
3. Avverso tale sentenza ricorre M.R., con ricorso affidato a due motivi, cui resiste l’INAIL con controricorso.
4. L’Ufficio del Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 437,99,100,112 e 115 c.p.c., e art. 2907 c.c., sostiene, in sintesi, che il consulente tecnico d’ufficio aveva “dato peso rilevante” nella perizia ad un referto di esame radiologico, del *****, che l’INAIL aveva prodotto solo in grado d’appello e che la Corte d’Appello non si era pronunciata sull’ammissibilità e indispensabilità della produzione.
6. Il motivo è inammissibile in quanto dal passo della relazione peritale, riportato in ricorso, non risulta che il referto, di cui la ricorrente lamenta l’acquisizione, sia stato “decisivo” ai fini delle conclusioni rassegnate dall’ausiliare e, così, della ratio decidendi espressa dalla decisione impugnata.
7. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., e dell’art. 132 c.p.c., oltre che omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, assumendo che la Corte di merito, con l’adesione acritica alle conclusioni dell’ausiliare, avrebbe omesso di considerare referti e cartelle cliniche idonee, unitamente agli altri elementi, a far ritenere sussistente la tecnopatia già riconosciuta dall’INAIL a partire dal 1969, e farla assurgere a causa o concausa del decesso e, in definitiva, a confermare il giudizio medico legale espresso dall’ausiliare nominato in primo grado; inoltre, dal mancato esame delle censure alla consulenza tecnica d’ufficio mosse in appello sarebbe derivato il vizio motivazionale tale da rendere la motivazione meramente apparente e nulla per difetto di un elemento essenziale.
8. Il motivo palesa, contestualmente, profili di infondatezza e inammissibilità.
9. Da un canto è chiaramente individuabile, nella sentenza impugnata, l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello per pervenire a negare il nesso di causa tra la morte del coniuge e la silicosi.
10. Dall’altro il mezzo d’impugnazione si risolve in una richiesta, alla Corte di legittimità, di rivalutare la perizia, le note di osservazioni della ricorrente alla perizia del *****, la nota di replica dell’ausiliare officiato in giudizio e le ulteriori note autorizzate di osservazioni alla successiva replica dell’ausiliare, in definitiva di uno scrutinio di legittimità inammissibilmente volto a sollecitare una rilettura del compendio istruttorio, già esaminato e valutato dalla Corte territoriale senza trascurare alcun fatto storico, principale o secondario che se esaminato avrebbe condotto, con certezza o alta probabilità, ad un esito diverso della lite.
11. In conclusione, il ricorso va rigettato per essere la sentenza immune da censure.
12. Nulla deve statuirsi sulle spese per avere la Corte di merito dato atto della sussistenza delle condizioni per l’esonero, ex art. 152 disp. att. c.p.c., le quali, in difetto di comunicazioni concernenti variazioni reddituali nelle more intervenute, devono presumersi sussistenti anche per il giudizio di legittimità.
13 Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022