Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.512 del 11/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23460/2018 proposto da:

Comune Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato La Monaca Laura;

– ricorrente –

contro

Space Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’Avvocato Bonanno Giuseppe;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 420/2018 della COMM.TRIB.REG., SICILIA, depositata il 30/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/11/2021 dal Consigliere Dott. CIRESE MARINA.

RITENUTO

CHE:

con Delib. 24 marzo 2006, n. 80 la Giunta Municipale del Comune di Palermo provvedeva ad aumentare del 40% l’imposta comunale sulla pubblicità per gli impianti superiori al metro quadrato, con successiva Delib. n. 157 del 2006 veniva deliberato l’aumento del 20% sui manufatti pari o inferiori al metro quadro.

In esecuzione di tali delibere il Comune di Palermo invitava la società Space s.r.l. ad integrare i pagamenti già effettuati per il 2006 cui seguiva il versamento da parte della medesima della somma di Euro 6555,96 “fatta salva la ripetizione della somma per legittimo aumento”.

In data 5.9.2011 il Presidente della Regione siciliana con il decreto n. 589/2011 accoglieva il ricorso straordinario proposto da alcune società tra cui la CIP s.r.l. (poi acquisita dalla Space s.r.l.) per l’annullamento delle delibere del Comune di Palermo nn. 80 e 157.

A seguito di tale decreto la Space s.r.l. presentava in data 25.1.2021 istanza di rimborso della somma versata in eccedenza pari ad Euro 51.102,20 oltre interessi maturati e maturandi.

Il Comune di Palermo rigettava l’istanza di rimborso.

Impugnato detto provvedimento, la CTP di Palermo con sentenza del 30.7.2014 rigettava il ricorso.

Proposto appello avverso detta pronuncia da parte della società contribuente, la CTR della Sicilia con sentenza in data 30.1.2018 accoglieva il gravame in quanto sia la Delib. della Giunta municipale n. 80 del 2006 che quelle successive erano state annullate con Decreto n. 589 del 2011 dal Presidente della Regione Sicilia adito con ricorso straordinario con efficacia vincolante tra le parti.

Avverso detta pronuncia il Comune di Palermo proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi cui resisteva con controricorso la Space s.r.l..

La società contribuente depositava memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione della L. 18 giugno 2009, art. 69 e del D.Lgs. n. 104 del 2010 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” parte ricorrente deduceva che la progressiva assimilazione del ricorso straordinario al rimedio giurisdizionale ha riguardato solo i ricorsi introdotti dopo il 16.9.2010 sicché nel caso di specie al decreto decisorio emesso su ricorso straordinario proposto in data 2.11.2006 non poteva né può riconoscersi autorità di cosa giudicata atteso che il procedimento che con esso si è concluso non rivestiva carattere giurisdizionale.

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione dell’art. 2909 c.p.c. e dei principi in tema di res iudicata. Violazione art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4” parte ricorrente deduceva che ove si ritenesse che il decreto decisorio de quo possa avere autorità di cosa giudicata, la sentenza si rivelerebbe comunque errata per aver omesso ogni indagine in ordine alla dedotta esistenza di un giudicato giurisdizionale di segno contrario successivo a detta decisione limitandosi ad affermare “l’irrilevanza dei distinti giudizi attivati da altri soggetti giuridici avverso i medesimi atti impugnati dovendosi riconoscersi l’efficacia dell’autorità di cosa giudicata alla pronunzia sopra richiamata”.

1.1 Il primo motivo è infondato.

Occorre premettere che il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, è previsto dall’art. 23 dello Statuto regionale, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 e convertito in L. Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, il cui comma 4 recita: “I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione, sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato”.

La disciplina dell’istituto ricalca, fondamentalmente, le norme contenute nel Capo III del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, concernente l’analogo rimedio del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con gli adattamenti all’ordinamento costituzionale ed amministrativo della Regione. Peraltro, il ricorso straordinario al Presidente della Regione, contemplato da una disposizione di rango costituzionale, che lo qualifica espressamente come ricorso amministrativo, prevede come indefettibile il parere obbligatorio della sezione regionale del Consiglio di Stato, il Cgars che tuttavia non è vincolante, in quanto, a differenza di quanto avvenuto nell’ordinamento nazionale per effetto della L. n. 69 del 2009, il D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, art. 9 recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato”, dispone, nei commi 4 e 5, che: “4, Sui ricorsi straordinari di cui all’art. 23 dello Statuto il parere è obbligatorio ed è reso dalla adunanza delle Sezioni riunite del Consiglio di giustizia amministrativa ….” e che “5. Qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l’affare alla deliberazione della Giunta regionale”. Pertanto, la decisione del ricorso è sostanzialmente e formalmente del Presidente della Regione, ossia di un’autorità che, pur esercitando anche una funzione giustiziale, è comunque la principale autorità politico-amministrativa della Sicilia.

Oggetto di tale ricorso possono essere solo gli atti amministrativi regionali (gli atti formalmente e materialmente regionali, cioè quegli atti emanati dagli organismi regionali o da organi dipendenti o controllati dall’amministrazione regionale, nell’esercizio di una potestà amministrativa propria della regione). Ciò chiarito quanto alla natura del ricorso straordinario al Presidente della Regione Sicilia, va altresì premesso che questo Collegio, in relazione all’oggetto del primo motivo di ricorso, intende aderire e dare seguito all’orientamento espresso nella recente pronuncia Sez. 5, n. 13389/2019 che si è pronunciata con riguardo alla medesima questione in una fattispecie pressoché sovrapponibile.

Va, a riguardo rilevato che prima dell’intervento chiarificatore di Sez. U, Sentenza n. 20569 del 06/09/2013, in terna di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, si riteneva che solo i ricorsi proposti a partire dal 16 settembre 2010, ossia dall’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), ricadessero sotto il nuovo regime della giurisdizionalizzazione, ossia dessero vita ad un processo giurisdizionale equipollente a quello amministrativo ordinario, che si concludeva con una decisione di natura giurisdizionale, atta a dar luogo alla cosa giudicata (Sez. 3, Sentenza n. 19531 del 26/08/2013).

La recente modifica del quadro normativo di riferimento ha indotto questa Corte ad affermarne la natura giurisdizionale. Questa evoluzione della natura dell’istituto, pur trovando qualche elemento già in D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 245, (Codice dei contratti pubblici), è determinata soprattutto dalle modifiche normative 2009-2010.

La L. 18 giugno 2009, n. 69, recante nuove norme in materia di processo civile ha statuito al D.P.R., art. 69, che decide sul ricorso straordinario, deve essere adottato su proposta del Ministero competente, “conforme al parere del Consiglio di Stato”.

Conseguentemente è stata abrogata la precedente disciplina (D.P.R. n. 1199 del 1971, art. 14, comma 1, secondo periodo e comma 2), nella parte in cui consentiva la decisione del ricorso straordinario in termini “difformi” rispetto al parere, previa Delib. Consiglio di ministri.

Il codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104) ha ulteriormente accentuato il carattere giurisdizionale del ricorso straordinario in varie disposizioni, delle quali la più significativa appare essere l’art. 7 recante la definizione e l’ambito generale della giurisdizione amministrativa.

Inoltre va menzionato l’arresto delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065), che – operando un revirement del precedente orientamento che dalla natura amministrativa della decisione del ricorso straordinario faceva derivare l’inammissibilità del giudizio di ottemperanza (Cass., sez. un., 18 dicembre 2001, n. 15978) – hanno all’opposto ritenuto quest’ultimo ammissibile, proprio in ragione della natura della decisione del ricorso straordinario.

Per effetto di questo sviluppo normativo e giurisprudenziale, le S.U. hanno assegnato al decreto presidenziale emesso, su vincolante parere del Consiglio di Stato, nel procedimento per ricorso straordinario la natura sostanziale di decisione di giustizia e quindi natura sostanziale giurisdizionale: ossia vi è esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza, opera una verifica di legittimità dell’atto impugnato con ricorso (straordinario) di una parte e senza l’opposizione (e quindi con il consenso) di ogni altra parte intimata, le quali tutte così optano per un procedimento più rapido e snello, privo del doppio grado di giurisdizione, per accedere direttamente – e quindi per saltum – al controllo di legittimità del Consiglio di Stato.

Da queste premesse deriva il corollario dell’idoneità del decreto emesso dal Presidente della Repubblica, a seguito di ricorso straordinario, a formare “giudicato”.

Sennonché tale idoneità alla formazione del giudicato da parte del D.P.R., emesso all’esito del procedimento sul ricorso giurisdizionale, va riconosciuta solo dal momento in cui tale procedimento ha assunto natura giurisdizionale.

Infatti la suddetta sentenza delle S.U. n. 23464 del 19/12/2012 ha avuto cura, da una parte, di rilevare che tale funzione giurisdizionale non apparteneva ab origine al procedimento de quo, ma è stata determinata dal mutamento de quadro normativo intervenuto negli anni 2009-2010 (con la conseguenza che la sentenza non costituisce un overruling interpretativo rispetto al precedente orientamento sia di questa Corte che della Corte Costituzionale) e, dall’altra, che tale “mutazione” è fondata sulle nuove norme ordinarie.

Ne consegue nella fattispecie che, poiché il decreto del Presidente della Regione Sicilia è stato emesso il 5.9.2011, allorché erano già intervenute le suddette “norme di modifica del procedimento per il ricorso straordinario al Capo dello Stato”, a quella data, in conformità della legislazione e della giurisprudenza delle menzionate S.U. e della Corte Costituzionale, il procedimento in questione (sebbene introdotto con ricorso del 2.11.2006) aveva natura giurisdizionale e quindi il decreto in questione aveva (e nello specifico conserva tuttora) la stessa natura ed era idoneo al passaggio in giudicato.

In questi termini non è quindi esatta la censura della ricorrente (in merito all’erronea attribuzione di vincolo di giudicato al decreto presidenziale in questione), poiché, con riferimento all’epoca del D.P.R. (anno 2011), lo stesso costituiva un provvedimento giurisdizionale. Da quanto precede deriva che, al fine di riconoscere la natura giurisdizionale alla decisione presidenziale assunta in sede di ricorso straordinario, occorre guardare alla data di deposito del decreto, e non già a quella in cui è stato depositato il ricorso introduttivo del giudizio.

2.1. Infondato è anche il secondo motivo. Ed invero il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c. e dei principi in tema di res iudicata, nonché omessa pronuncia con violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla eccepita esistenza di un giudicato giurisdizionale. Tuttavia la sentenza n. 64/2012 che aveva dichiarato la legittimità della Delib. de qua, non fa stato se non fra le parti in causa, non estendendo i propri effetti nei confronti della Space s.r.l..

In conclusione, alla luce di quanto fin qui esposto, il ricorso va rigettato.

In considerazione della peculiarità e della novità della questione oggetto del giudizio, si stima equo compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

compensa le spese.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, effettuata da remoto, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472